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Gaza: un conflitto senza vincitori

Soldati israeliani in marcia verso Gaza Keystone

La decisione di Israele e di Hamas di porre fine a combattimenti nella Striscia di Gaza viene accolta positivamente dalla stampa svizzera. Secondo i commentatori, questa guerra lascia però dietro di sé soltanto dei perdenti.

“In questo conflitto, caratterizzato da odio e paura, non vi sono dei vincitori, ma solo dei perdenti”, afferma la Berner Zeitung. “In primo luogo, la popolazione civile: oltre un migliaio di persone, tra cui molte donne e numerosi bambini, hanno perso la vita sotto i bombardamenti”.

“Anche Hamas figura tra i perdenti”, aggiunge il giornale bernese, secondo il quale il movimento palestinese esce indebolito da questa guerra e dovrà probabilmente assumersi a sua volta la responsabilità dei tragici avvenimenti di queste ultime tre settimane.

E neppure i dirigenti israeliani, contrariamente a quanto affermano, possono dimostrare di aver raggiunto i loro obbiettivi: “Hamas e gli altri gruppi palestinesi rappresentano ancora una minaccia per Israele, la Striscia di Gaza rimane una polveriera e l’immagine di Israele, con questo intervento sproporzionato del suo esercito, ha subito un danno notevole a livello mondiale”.

Aggressore senza limiti

“Nonostante tutte le sue proclamazioni di vittoria, l’esercito israeliano non è riuscito a battere Hamas. Né sul piano militare, né dal profilo politico,” ritiene anche la Basler Zeitung. “Con il suo comportamento brutale, lo Stato ebraico ha assunto il ruolo di un aggressore che, in nome della propria difesa, non conosce nessun limite”.

Secondo il quotidiano basilese, la lotta armata di Hamas contro la popolazione israeliana è “inaccettabile”, ma le rivendicazioni di questo movimento in favore della fine dell’occupazione militare da parte di Israele “non possono essere ignorate più a lungo”.

La decisione di Israele e della comunità internazionale di boicottare Hamas, dopo la sua vittoria alle elezioni tenute tre anni fa, ha “favorito la divisione tra i palestinesi e ha condotto ad un disastro”. A detta della Basler Zeitung, la pace nella Striscia di Gaza sarà possibile “soltanto se tutte le parti in causa saranno coinvolte nella ricerca di una soluzione politica”.

Pace ancora lontana

“Dalla Guerra dei 6 giorni del 1967 tutti i conflitti nel Vicino Oriente si sono conclusi con migliaia di morti, dolore e nuovi odi, ma senza soluzioni”, ricorda anche Neue Luzerner Zeitung. “Il cessate il fuoco apporterà un po’ di tranquillità all’1,4 milioni di abitanti della Striscia di Gaza e a mezzo milione di israeliani che vivono nelle vicinanze. Ma la creazione di uno Stato palestinese rimane ancora lontana. E ancora più lontana sembra essere la pace”.

“L’accordo di cessate il fuoco può esser visto come un regalo per il nuovo presidente americano Barack Obama”, afferma il Tages Anzeiger. “Ma nessuno può rallegrarsene a Gaza: non è immaginabile che questo accordo possa porre fine a lungo termine alle ostilità tra israeliani e palestinesi”.

Perdita di credibilità

Anche per il Bund gli avvenimenti delle ultime tre settimane non aprono nuove speranze di pace. “In passato, dopo ogni successo militare, lo Stato ebraico ha sempre dimostrato di non essere disposto a fare delle concessioni ai palestinesi, sulle quali si potrebbe costruire un nuovo processo di pace”.

Il giornale bernese sottolinea a sua volta la perdita di credibilità da parte di Israele a livello mondiale. “Con il suo comportamento, il governo israeliano si sta avvicinando sempre di più ai metodi impiegati da coloro che sono considerati dei terroristi dallo Stato ebraico”.

“Israele, la cui nascita aveva sollevato molte speranze, sta attirando sempre più il disprezzo della comunità internazionale con la sua politica di occupazione, in corso da ormai 40 anni”, aggiunge il Bund.

Fragile tregua

“Due tregue parallele non fanno un armistizio e tanto meno una pace”, osserva anche il Corriere del Ticino. “Il Medio Oriente ha bisogno di soluzioni durevoli e gli spiragli che si sono delineati ieri denunciano da soli tutta la loro fragilità. I termini sui quali le due tregue si basano appaiono infatti nella pratica nettamente divergenti”.

Dopo questo conflitto “è molto probabile che, da soli, i due contendenti non arrivino al traguardo di un accordo”, ritiene il giornale ticinese, secondo il quale “i binari sui quali far scorrere le rispettive disponibilità rimangono il graduale ritiro delle truppe israeliane da una parte e la smilitarizzazione di Hamas dall’altra.

swissinfo, Armando Mombelli

25 gennaio 2006: Hamas vince le elezioni nei Territori palestinesi, conquistando 76 seggi contro 43 assegnati a al-Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas).

8 febbraio 2007: Hamas e al-Fatah raggiungono un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale.

14 giugno 2007: Abu Mazen destituisce il governo diretto da Ismail Haniyehl, leader di Hamas, e proclama lo stato d’emergenza nella Striscia di Gaza.

15 giugno 2007: le forze di Hamas sconfiggono i fedeli di Abu Mazen e assumono il controllo di tutte le istituzioni a Gaza.

28 ottobre 2007: dopo averla dichiarata «entità ostile», Israele impone sanzioni economiche contro la Striscia di Gaza .

27 novembre 2007: ad Annapolis, negli Stati Uniti, rappresentanti dello Stato ebraico e dell’Autorità palestinese si impegnano ad avviare trattative per risolvere il conflitto entro la fine del 2008. I negoziati si insabbiano nuovamente.

27 febbraio – 3 marzo 2008: oltre 120 palestinesi perdono la vita nel corso dell’operazione «Inverno caldo», condotta dalle forze armate israeliane a Gaza.

27 dicembre 2008: in seguito a nuovi lanci di razzi e colpi di mortaio sparati da militanti di Hamas verso Israele, l’esercito israeliano dà avvio ad un intenso bombardamento aereo nella Striscia di Gaza.

3 gennaio 2009: le forze armate dello Stato ebraico lanciano un’offensiva terrestre nel Territorio palestinese.

Dall’inizio dell’operazione «Piombo fuso», condotta da Israele, oltre un migliaio di palestinesi sono rimasti uccisi e più di 5’000 sono stati feriti. Una decina le vittime israeliane.

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