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Gli azionisti penalizzati per sostenere UBS

Il presidente del Cda di UBS Marcel Ospel nel mirino dei media. Keystone

Provata dalla crisi immobiliare, l'UBS lotta per riconquistare la fiducia e preservare gli interessi nei settori principali dei suoi affari, dopo l'iscrizione in bilancio di ammortamenti per oltre 15 miliardi di franchi.

Ma tocca agli azionisti pagare parte del prezzo di “una reazione di panico”. Da parte sua il presidente del consiglio d’amministrazione Marcel Ospel rinuncia al bonus.

La più grande banca della Svizzera si è bruciata le dita nel collasso dei mutui subprime negli Stati Uniti. In ottobre aveva già annunciato di dover effettuare rettifiche di valore per 4,2 miliardi di franchi in relazione alla crisi dei titoli garantiti da prestiti ipotecari americani. Ora ha dovuto aggiungere altri 11,3 miliardi.

L’istituto ha assicurato martedì che la perdita avvrebbe potuto essere assorbita attingendo alle riserve. Ma per salvaguardare la fiducia ed evitare una fuga di grossi clienti, il colosso bancario ha deciso di rafforzare la base di capitale, raccogliendo 13 miliardi di franchi presso investitori strategici. Di questi, 11 miliardi sono stati raccolti presso un fondo statale di Singapore – il Government of Singapore Investment Corporation – e gli altri 2 miliardi presso un anonimo investitore del Medio Oriente. Inoltre l’UBS ha deciso di vendere 36,4 milioni di proprie azioni e sostituire il dividendo in contanti del 2007 con azioni.

“I due nuovi azionisti arrivano in condizioni dettate dall’emergenza che sono loro estremamente favorevoli. Ovviamente gli altri azionisti dovranno pagare lo scotto”, spiega a swissinfo Manuel Ammann, professore all’Istituto di banca e di finanza dell’Università di San Gallo.

“Circa la messa in circolazione di nuovi titoli, ciò comporta per forza una ripartizione degli utili fra un numero maggiore di azionisti. Una mossa che appare come una reazione di panico”, aggiunge l’esperto.

Ospel nel mirino della stampa

All’indomani dell’annuncio dei problemi dell’UBS, i commenti della stampa svizzera martedì non sono teneri con il grande istituto e con il presidente del consiglio di amministrazione.

“La Tribune de Genève” e il vodese “24heures” non credono ai “discorsi lenitivi che accompagnano le cattive notizie”. Per i due quotidiani “l’UBS va male. Bruscamente. Improvvisamente”.

Per lo zurighese “Tages-Anzeiger” è la fiducia nella banca che viene a mancare. La stessa opinione è condivisa da “Le Quotidien Jurassien”
che chiede la testa di Ospel.

Anche la “Basler Zeitung” accusa Ospel e il consiglio d’amministrazione ma non chiede le loro dimissioni. Al contrario, devono restare e “mettere ordine in questo sfacelo”.

La “Neue Zürcher Zeitung” si chiede se la perdita di fiducia dei clienti privati e istituzionali possa far vacillare la banca a lungo termine. Il foglio zurighese si stupisce che l’istituto non abbia reagito alla crisi subprime quando si sono manifestati i primi sintomi.

Il “Bund” osserva che “le banche hanno bisogno di due tipi di capitale: denaro e fiducia”. Negli ultimi mesi l’UBS ha subito pregiudizi in tutti e due. “Il recente dietro front è particolarmente impressionante. Solo a metà novembre i vertici della banca avevano affermato che il quarto trimestre sarebbe terminato con un utile. Ora a tre settimane di distanza l’utile si è trasformato in una perdita enorme”, scrive il quotidiano bernese.

Il quotidiano zurighese “Blick” e il ginevrino”Le Temps” si domandano se l’UBS non sia diventata la United Bank of Singapore. Il quotidiano svizzero francese non teme gli investitori asiatici, ma si preoccupa per la piazza finanziaria elvetica e la diminuzione delle entrate fiscali. Il “Blick” – che in prima pagina titola “Il grounding di Ospel” – è invece più scettico e intravvede il “pericolo che la banca cada un giorno in mani straniere”.

C’è chi è ottimista

Meno pessimista è Andreas Venditti della Banca cantonale di Zurigo, secondo il quale il fatto che l’UBS sia riuscita a trovare grossi investitori costituisce un “segno di fiducia”.

I vertici dell’istituto “hanno adottato provvedimenti drastici per preservare la fiducia nell’amministrazione patrimoniale”, spiega l’analista a swissinfo. Un settore che è il fiore all’occhiello di UBS e che la banca non vuole intaccare.

L’UBS è il più grande istituto di gestione patrimoniale al mondo, con oltre 3100 miliardi di franchi gestiti. Solo quest’anno ha ricevuto 155 miliardi di franchi.

Secondo il professor Ammann, gli azionisti vogliono dare una nuova chance a Marcel Ospel, benché la sua posizione sia indebolita. A suo avviso, il corso al rialzo dell’azione UBS lunedì nel finale di seduta borsistica lo dimostra. Questa reazione sembra indicare che gli azionisti ritengono che il peggio sia passato, aggiunge Manuel Amman.

swissinfo e agenzie

L’UBS è nata nel dicembre 1997 in seguito alla fusione tra la Società di banche svizzere e l’Unione di banche svizzere.

Oggi l’UBS è la più grande banca elvetica e la settima al mondo in ambito di capitalizzazione borsistica.

Presente in 50 paesi e sulle principali piazze finanziarie mondiali, la grande banca occupa circa 80’000 collaboratori nel mondo, di cui 26’000 in Svizzera.

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