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Il lavoro del risicoltore

“Vuole parlare con un risicoltore?”, mi chiede Claudio Molteni, direttore della Coldiretti di Mortara.

Certo, come no. Vengo dalle montagne. Del riso, della sua coltivazione in queste zone piane, so ben poco. Sono venuto per imparare.

Il risicoltore si chiama Stefano Greppi, è presidente di zona della Coldiretti di Mortara. Un giovane pacato, che ama il suo mestiere. Mi racconta delle risaie viste nell’Asia sud-occidentale, “quattro raccolti l’anno”.

Gli chiedo di descrivere il ciclo della coltivazione dei riso. “Si comincia da un’aratura leggera, 20-30 cm di profondità. Di solito in marzo, anche se qualcuno ara subito dopo il taglio, in autunno”.

Dopo l’aratura i campi vengono livellati con un raggio laser, per una migliore distribuzione dell’acqua. “Così si controllano meglio gli infestanti, come il giavone. Dove c’è poca acqua crescono più facilmente”.

Dopo una prima concimazione i campi, detti “camere”, sono immersi nell’acqua che proviene dalla rete di canali attorno alle risaie. È tempo di un trattamento diserbante, tre giorni prima della semina.

“Tradizionalmente si semina con un girello centrifugo a spaglio, nell’acqua, anche se qualcuno ora segue la moda della semina all’asciutto”.

Alcuni giorni dopo la semina, che avviene tra fine marzo e inizio maggio, le risaie vengono prosciugate, per evitare che i gas di fermentazione brucino la radice.

“Dopo un’asciutta di due o tre giorni si verifica che il seme abbia messo una bella radice. Poi si rimette l’acqua, lasciando un germoglio scoperto”.

Le risaie rimangono allagate generalmente fino a metà agosto. Il taglio avviene a settembre-ottobre.

Ma perché, chiedo, il riso viene coltivato nell’acqua. “L’acqua serve soprattutto a controllare lo sbalzo termico tra il giorno e la notte. Per il resto si potrebbe coltivare anche all’asciutto,” mi spiega Stefano Greppi.

Nelle camere il ricambio d’acqua è costante, siccità permettendo. “Con l’acqua nuova, il riso cresce meglio. E poi nell’acqua stagnante crescono alghe che finirebbero per soffocare le piante”.

Ma l’acqua ha anche qualche svantaggio. È l’ambiente ideale per le zanzare. “L’insetto più inutile di questo pianeta”, s’indigna Stefano. “Lavorare nei campi con le zanzare è il doppio della fatica”.

Osservo le macchie rosse sul mio avambraccio, e non posso che dargli ragione.

swissinfo, Andrea Tognina, Mortara

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