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Integrazione: un terreno di scontro per la campagna elettorale

Su un punto tutti i partiti concordano: l'integrazione passa in primis attraverso l'apprendimento della lingua. Fabian Biasio/pixsil

Nella competizione per la conquista dell'elettorato, in vista del rinnovo del parlamento federale nell'autunno del 2007, i quattro partiti di governo svizzeri hanno scoperto un altro terreno di scontro: la politica di integrazione.

Giovedì, i vertici dei partiti si incontreranno per chiarire le rispettive posizioni. swissinfo ha colto l’occasione per tastare il polso dei quattro presidenti: all’orizzonte si profila un’alleanza di centro-sinistra.

I fatti parlano chiaro: chi non è ben integrato è colpito più spesso dalla disoccupazione, cade più rapidamente in povertà, finisce più facilmente nei guai con la giustizia e ricorre maggiormente all’assistenza.

Una migliore integrazione degli stranieri, quindi, è nell’interesse sia della politica che della società.

Al momento, l’argomento è particolarmente in voga anche tra i partiti di governo. Non a caso figura tra i ‘piatti forti’ dei colloqui trimestrali in programma a Berna.

Nell’anno in corso, tutti e quattro gli schieramenti in Consiglio federale hanno presentato un documento programmatico sulla politica di integrazione; l’ultimo, quello socialista, risale a una settimana fa.

La legge sugli stranieri va applicata

Nel suo documento, il Partito socialista (PS) lancia un'”offensiva politica” incentrata sulla “convenzione di integrazione” sancita dalla legge sugli stranieri che il popolo svizzero ha accolto lo scorso 24 settembre. Gli immigrati, ribadisce, sono tenuti a imparare una lingua nazionale e a informarsi sulle leggi e sui valori fondamentali della Svizzera.

“Per la prima volta nella storia del nostro Paese, la nuova legge sugli stranieri contempla un articolo specifico che consente di attuare una politica di integrazione a livello nazionale”, dichiara a swissinfo il presidente del PS Hans-Jürg Fehr e aggiunge: “È ora di passare rapidamente dalle parole ai fatti.”

Il contributo della popolazione è essenziale

“L’integrazione rende la Svizzera un Paese vincente”, proclama dal canto suo il Partito liberale radicale (PLR). Analogamente al PS, anch’esso punta sulla formula ‘promuovere ed esigere’. In altre parole: chi vuole ottenere qualcosa, deve anche essere disposto a dare qualcosa in cambio.

Il presidente del PLR Fulvio Pelli è convinto che l’integrazione sia possibile solo con la collaborazione della popolazione. “La propensione all’integrazione degli stranieri da sola non basta, anche gli svizzeri devono fare la loro parte.” Dopo tutto ne va della pacifica convivenza dell’intera società.

Occorre più forza di volontà

Il documento del Partito popolare democratico (PPD), intitolato “Libertà di culto e integrazione”, si focalizza per contro sulla comunità musulmana residente in Svizzera. “Siamo stati i primi a prendere posizione sull’integrazione dei musulmani e tutti gli altri partiti hanno seguito il nostro esempio”, sottolinea il presidente del PPD Christophe Darbellay.

Anch’egli invoca a gran voce l’applicazione della legge sugli stranieri. “Manca la volontà politica di applicare la legge. La gente, che parla tanto di integrazione, va sulle barricate quando di tratta di passare alla cassa.” La Confederazione ha stanziato 14 milioni di franchi per l’integrazione. Troppo pochi secondo alcuni.

Regole uguali per tutti

Nella sua presa di posizione, l’Unione democratica di centro (UDC – destra nazionalista) non usa mezzi termini: “le nostre regole valgono per tutti”. Chi è ospite in Svizzera, deve provvedere personalmente alla propria integrazione. Al riguardo, “l’apprendimento della lingua è senz’altro un presupposto indispensabile per muoversi e sentirsi a proprio agio nella società”, afferma il presidente dell’UDC Ueli Maurer.

La politica degli stranieri è stata per anni un cavallo di battaglia esclusivo del suo partito. Ma Maurer si dice per nulla infastidito dal tentativo degli altri gruppi di recuperare terreno su questo fronte. “Indubbiamente si sono accorti di aver trascurato un elemento essenziale. L’importante è che ora anch’essi riconoscano il problema.”

Colloqui al vertice

Nei colloqui previsti nella capitale, lo scenario più realistico è quello di un’alleanza di centro-sinistra.

“L’obiettivo generale è sicuramente il medesimo per tutti”, reputa Maurer. “Diversi, invece, sono i mezzi per raggiungerlo. Gli strumenti esistono già, ma occorre che entrambi gli schieramenti abbiano la volontà di utilizzarli.”

Darbellay, dal canto suo, accusa l’UDC di utilizzare il tema dell’integrazione unicamente per profilarsi e di non essere disposta a sostenere nessuna delle soluzioni avanzate. “Attualmente sono tre i partiti di governo intenzionati a trovare un compromesso.” Il presidente del PPD ritiene che ci sia lo spazio per una cooperazione “probabilmente con il PLR o il PS”.

Anche Pelli si dice aperto al dialogo: “Diversi partiti sono convinti che l’integrazione sia la soluzione a molti problemi del futuro. Con loro sarà più facile trattare.” Tuttavia, preferisce non sbilanciarsi prima dei colloqui.

Fehr è fiducioso. La sostanziale concordanza di vedute con il PLR è, politicamente parlando, di buon auspicio. “Nella Berna federale, occorre una maggioranza per attuare una politica di integrazione. E l’alternativa è una sola: un’alleanza di centro-sinistra.”

swissinfo, Christian Raaflaub
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)

Il 24 settembre 2006, il popolo svizzero ha accolto con il 68% dei suffragi la nuova legge sugli stranieri.

La nuova legge si prefigge tra l’altro di migliorare la situazione degli stranieri che risiedono legalmente e durevolmente in Svizzera attraverso il rafforzamento degli sforzi integrativi. A tale scopo anche gli stranieri devono fare la loro parte.

Nel corso degli anni, tutti e quattro i partiti di governo hanno varato o proposto un programma per la politica di integrazione della Svizzera. Sinora tutti sono concordi sull’importanza di imparare una lingua nazionale.

In Svizzera, i partiti di governo sono gli schieramenti politici che occupano almeno un seggio in Consiglio federale.

Dal 1959 il Consiglio federale è appannaggio di quattro partiti: il Partito liberale radicale (PLR), il Partito popolare democratico (PPD), l’Unione democratica di centro (UDC) e il Partito socialista (PS).

Sino al 2003, tutti i partiti eccetto l’UDC avevano due rappresentanti in Consiglio federale (formula magica). Poi, i mutati equilibri politici ne hanno cambiato la composizione: il PPD ha dovuto cedere un seggio all’UDC diventata la maggiore forza politica del Paese.

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