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L’eredità di Swissair

Il leggendario DC-4 che garantiva i voli transatlantici di Swissair non è che un lontano ricordo Keystone Archive

Con Swiss riparte una compagnia di bandiera. Il suo compito: ricostruire l'immagine gloriosa di Swissair. Un mito dei cieli durato settant'anni e caduto miseramente.

Il primo aprile non si scherza nei cieli elvetici. Con il nuovo mese si celebra infatti il battesimo dell’aria della nuova compagnia aerea svizzera. Dalle ceneri di SAir Group, la holding di Swissair, decolla il nuovo marchio “Swiss”, creato dal guru dell’immagine canadese Tyler Brûlé. Coscientemente la campagna pubblicitaria afferma: “Una nuova compagnia con 97 anni d’esperienza”. Si ossequia la tradizione dell’esimia defunta.

L’ascesa di un mito di qualità

E la storica ascesa della prima compagnia di bandiera presenta delle analogie singolari con la nuova Swiss. La prima compagnia nazionale è infatti nata nel 1931 dall’unione di due compagnie in difficoltà. I pionieri dell’aviazione civile, Balair e Ad Astra, si congiunsero per salvare il salvabile dei nascenti trasporti aerei. Un inizio poco glorioso per la nuova “Swiss Airlines”: la fusione delle due ditte era stata imposta da una situazione economica difficile.

Inoltre gli ambienti economici e finanziari di allora dimostravano poco interesse per il servizio aereo, ritenuto poco redditizio, malgrado le prodezze leggendarie dei pionieri del cielo raccogliessero l’entusiasmo popolare.

La recessione mondiale della fine degli anni venti, ma anche il fatto che i collegamenti aerei erano poco confortevoli, mal coordinati e fortemente condizionati dalle bizze del tempo, rendevano la conquista commerciale dei cieli un’impresa difficile. Solo l’intervento dello Stato che impose la fusione, minacciando un taglio ai sussidi, portò le due aziende sulla nuova rotta.

Decollo nel Dopoguerra

Solo nel Dopoguerra si crearono le condizioni per un salto di qualità. Nel 1947, grazie ad una partecipazione statale del 30 per cento, la rinominata “Swissair” diventa la compagnia di bandiera. La legge federale sulla navigazione aerea, entrata in vigore nel 1950, le conferisce in sostanza il monopolio dei voli di linea da e per la Svizzera.

Swissair è tra le prime compagnie ad assicurare voli regolari tra l’Europa e New York. Fin dagli anni cinquanta i collegamenti diretti con l’Africa e l’Asia garantiscono la presenza della bandiera rossocrociata in tutto il mondo. Swissair è ambasciatrice del paese e testimone di qualità tutte elvetiche come serietà, efficienza, affidabilità e sicurezza.

Swissair è inoltre un modello aziendale che funziona: l’identificazione del personale nella ditta è altissima. Un comandante di bordo ha uno statuto sociale (e anche un salario) paragonabile a quello di un dirigente, mentre mansioni in realtà modeste e faticose, come quelle di hostess, diventano il sogno per migliaia di giovani donne. A questo mito si vuole riallacciare oggi Swiss.

Sviluppo vertiginoso

La crescita del settore è impressionante: nel 1945 erano 20’000, i passeggeri partiti dagli aeroporti svizzeri. Dieci anni dopo erano già 1,2 milioni e nel 1965 si è già alla soglia dei 4,5 milioni.

Negli anni settanta si arriva alla democratizzazione dei voli aerei, 10 milioni i passeggeri: volare non è più un lusso esclusivo e i progressi tecnici avvicinano il confort di volo a quello degli altri mezzi di trasporto. Quella degli anni ottanta è stata la stagione d’oro per Swissair che, solitaria fra le molte compagnie di bandiera continentali, riusciva a rendere in maniera soddisfacente.

Lo schianto imprenditoriale

Dopo il rifiuto popolare dello Spazio Economico Europeo nel 1992, Swissair si è trovata nella necessità di concludere delle alleanze in Europa per evitare l’isolamento. Lo ha fatto raccattando partecipazioni ad altre compagnie per assicurarsi delle basi in tutta Europa. Ed è stato l’inizio dello sfacelo. Il fallimento più clamoroso: la compagnia belga in perenni cifre rosse, Sabena. Ma anche la polacca LOT, la portoghese Tap o le società di volo charter francesi AOM/Air Liberé, non sono riuscite ad uscire dai debiti con il nuovo management svizzero.

La strategia “Hunter” di Bruggisser, avallata dal Consiglio d’amministrazione, composto da fior di rappresentanti dell’economia e della politica profumatamente pagati, si è rivelata fallimentare su tutta la linea. Non era possibile prevederlo prima che fosse troppo tardi? Nella primavera 2001 è arrivato il collasso del gruppo, cresciuto a dismisura. Con l’11 settembre la società, salvata dalle ire dei creditori da una moratoria concordataria, sembrava alla fine.

Ad inizio ottobre poi il peggio: gli aerei di Swissair e migliaia di passeggeri costretti a terra. Un danno irreparabile. Le grandi banche, che dal punto di vista prettamente economico hanno salvato il salvabile riscattando la vecchia Crossair, ma non hanno ritenuto opportuno garantire l’esercizio anche nella fase transitoria. Il governo, piuttosto accantonato in quella fase della vicenda, ha reagito in ritardo. E tutti i valori sociali, politici e storici che caratterizzavano Swissair sono stati spazzati via. Un danno d’immagine incalcolabile che la nuova società deve cancellare.

Il “ritorno dell’aviazione civilizzata”

Infatti il traguardo dichiarato di Swiss è quello di posizionarsi ad un livello alto, segnando nuovi standard. Il tuttologo dello stile Tyler Brûlé scandisce il motto in un opuscolo che riassume le scelte d’immagine: “Ritorno all’aviazione civilizzata”. Questo vuol dire stile e qualità da riscoprire anche negli interni: tinte calde brune e marroni, dettagli curati fino all’ultimo con gusto classico, avvicinando gli aerei all’albergo a cinque stelle. Swiss non avrà niente da spartire con charter e compagnie da quattro soldi.

Ci sarà più spazio negli aerei, anche per i passeggeri economy, e il vino sarà versato da bottiglie da sette decimi in bicchieri rigorosamente di vetro. Anche per il personale si prospettano nuovi colori. In due anni si farà posto ad abiti rigorosamente neri su camicia bianca, in omaggio alla migliore tradizione alberghiera. Per il momento – in salomonico rispetto per la cultura delle due aziende che convolano in Swiss – le hostess porteranno l’attuale abito Crossair; per gli uomini sopravvivrà l’uniforme di Swissair.

La cura di chi paga poi, non conosce limiti: per la prima classe parte già a terra il rilancio del comfort con le nuove “isole dell’ospitalità” con bibite calde e fredde, accesso internet per collegamenti dell’ultimo minuto e, infine, la limousine che porta direttamente alla scaletta del velivolo. Trattamento a cinque stelle come manifesto per una nuova cultura del volare.

Le ambizioni dei manager

Swiss riparte con una solida base finanziaria in un mercato dell’aria ancora difficile. Anche le liti contrattuali con il personale di cabina sono già dimenticate per dare lustro alla scommessa dei cieli. La società integra a terra e in volo 6’000 impiegati di Swissair e 4’000 di Crossair.

Manca ancora l’aggancio ad una grande alleanza di volo, per garantirsi un posto al sole. Ma almeno c’è l’accordo con il numero uno statunitense, American Airlines. Con un rimpasto della flotta e l’acquisto di 13 nuovi Airbus, la compagnia disporrà di 128 aerei che serviranno 126 destinazioni. Il direttore André Dosé promette il bilancio in attivo già dal 2003.

Daniele Papacella

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