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L’occhio pubblico su New York

Il flyer del Public Eye on Davos ("Nessuna licenza per governare il mondo") e, sullo sfondo, i rappresentanti delle ONG che hanno presentato l'azione a Berna Keystone

Il WEF va a New York? "Public Eye on Davos" lo segue per ribadire le proprie tesi: meno economia e più politica; meno liberismo e più norme sociali e ambientali.

“Non siamo contro la globalizzazione in quanto tale” ha dichiarato Matthias Herfeldt, della Dichiarazione di Berna (DB), una delle organizzazioni coordinatrici del Public Eye on Davos 2002, “ma contro il fatto che della stessa approfittano unicamente i paesi ricchi e le grandi multinazionali. Auspichiamo una globalizzazione della giustizia”.

Ripetendo lo scenario degli ultimi 3 anni, una decina di ONG – tra le quali la già citata Dichiarazione di Berna e Pro Natura – cercheranno di contrastare la voce del Forum economico mondiale (WEF) organizzando un forum alternativo. Cambia però lo sfondo: dalla Davos incastonata nelle Alpi svizzere, si passa alla megalopoli americana.

Anche il “Public Eye on Davos” si terrà infatti a New York: più precisamente presso il Centro delle chiese delle Nazioni Unite, a poca distanza dall’Hotel Waldorf Astoria dove, nell’ambito del WEF, si incontreranno i grandi della politica e dell’economia mondiale. Le date dei due congressi sono concomitanti: tra il 31 gennaio e il 3 febbraio 2002.

La critica al WEF

Secondo Matthias Herfeldt, il WEF, “un’istituzione privata finanziata da più di 1000 multinazionali d’importanza mondiale”, esercita un’influenza troppo grande sulla politica. “E la politica non può essere privatizzata!” aggiunge.

“Ma è ciò che sta succedendo” aggiunge l’esponente della DB. E, si chiede Herfeldt, se la politica finisce in secondo piano, come evitare che la ricerca di nuovi mercati da parte delle transnazionali, costantemente alla ricerca di prezzi di produzione più bassi, non vada a detrimento dei diritti umani, delle condizioni dei lavoratori e dell’ambiente?

Gli obiettivi del Public Eye on Davos 2002

Oltre a dibattere temi quali le conseguenze sociali e ambientali della mondializzazione, il crescente potere delle multinazionali e l’effettivo contributo allo sviluppo degli investimenti diretti nel Sud del mondo, il Public Eye on Davos di quest’anno intende promuovere la discussione per rinforzare gli strumenti, anche legali, a disposizione dei governi contro una liberalizzazione puramente economica.

“La mondializzazione necessita di condizioni quadro ambientali, sociali e politiche vincolanti, anche e soprattutto per la multinazionali” rileva Miriam Behrens, responsabile dei progetti di politica internazionale di Pro Natura. Concretamente si tratta di formulare una convenzione che contempli la nozione di sviluppo sostenibile, definendo dei chiari standard ambientali, ha aggiunto.

“Un tale obiettivo può essere raggiunto soltanto nell’ambito dell’universalità dell’ONU”, ha concluso la responsabile di Pro Natura. Il suo sguardo si dirige già verso il vertice delle Nazioni Unite del settembre 2002 in Sudafrica, il cui tema sarà proprio lo sviluppo sostenibile.

Una protesta strutturata

Il “Public Eye on Davos” di New York non sarà l’unico controforum previsto in concomitanza con il WEF. Altre piattaforme di discussione sulla globalizzazione saranno “L’altra Davos” di Zurigo, coordinata da Attac Svizzera, e il Forum sociale mondiale di Porto Alegre.

Ma tutta questa dispersione non svilisce il movimento? “No, al contrario” risponde Matthias Herfeldt. “Le nostre rivendicazioni sono simili e stanno ottenendo sempre più consensi nell’opinione pubblica. Tuttavia non vogliamo una gestione centralizzata della protesta: la resistenza cresce ovunque e diversi forum di discussione favoriscono una maggior partecipazione democratica”.

Ultima annotazione: a differenza dell’edizione 2001 a Davos, le autorità di New York hanno deciso di autorizzare una manifestazione di protesta, prevista per sabato 2 febbraio 2002. Le ONG del Public Eye non hanno tuttavia ancora deciso se aderirvi: “Lo faremo non appena otterremo la conferma che si tratterà di una protesta pacifica” sottolinea Matthias Herfeldt.

Marzio Pescia

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