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La burocratizzazione dei problemi sociali

"In Svizzera si teme soprattutto la povertà", dice Angeline Fankhauser swissinfo.ch

Dal 1° aprile i richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta non hanno più diritto all’assistenza sociale. Gli attivisti per i diritti umani temono un aumento dell’illegalità.

Per l’ex-consigliera nazionale socialista Angeline Fankhauser, così si rischia di “affamare le persone”.

swissinfo: Dal 1° aprile i richiedenti l’asilo respinti non hanno più diritto all’assistenza sociale. Il governo vuole così risparmiare e spingere i richiedenti a lasciare il paese. Cosa ne pensa?

Angeline Fankhauser: È grave. Quando ero in parlamento c’era stata una discussione sull’internamento dei richiedenti l’asilo respinti, per facilitarne l’espulsione. Si dovette però constatare che non era possibile, perché contrario ai diritti umani e inoltre troppo caro.

Ora si cerca un’altra via. Non voglio dire che si tenti di affamare queste persone, ma di certo si toglie loro il terreno sotto i piedi, sperando che se ne vadano. È una soluzione senza prospettive.

swissinfo: Le organizzazioni di sostegno dei rifugiati temono che molti richiedenti scelgano ora la clandestinità. Perché?

A.F.: In molti paesi poveri la sopravvivenza è più importante della vita. È sempre sorprendente vedere come l’uomo si attacca alla vita. Se vuole sopravvivere, usa tutti i mezzi possibili.

Ciò conduce all’illegalità ed è l’inizio della fine di una società basata sulle regole. La politica d’asilo smette così di porsi delle domande su quali siano le esigenze dell’essere umano.

swissinfo: Le misure colpiscono i richiedenti la cui domanda d’asilo è stata respinta. Dubita delle procedure che conducono a queste decisioni negative?

A.F.: No, credo che le procedure siano corrette. Il problema è che le norme che regolano queste procedure non tengono conto della realtà. La politica d’immigrazione e la politica d’asilo sono le grandi sfide delle società moderne.

Si elogia la mobilità, ma solo quella delle persone ricche, e si dimentica che la grande maggioranza della popolazione mondiale è povera. Ora questa maggioranza rivendica a modo suo i propri diritti.

È una questione che andrebbe affrontata a livello internazionale, dal punto di vista economico e dei diritti umani, e ponendo la priorità sulla ricerca di soluzioni concrete.

L’obiettivo fondamentale deve rimanere ovviamente quello di migliorare le condizioni di vita nei paesi da cui provengono i richiedenti l’asilo. Chi a casa propria ha i mezzi per vivere e per far pesare la propria opinione, non fugge.

swissinfo: Però questa non è una soluzione realistica, almeno a corto termine, per affrontare i problemi attuali dell’asilo

A.F.: Sono d’accordo, ma la politica richiede spesso di mirare a due obiettivi contemporaneamente. Nell’ambito dell’asilo miriamo invece ad un solo obiettivo: la repressione, che viene ampliata passo dopo passo. Con la conseguenza che spesso ottengono asilo le persone che sanno “vendere” meglio la loro situazione.

Un’ampia fetta della popolazione è favorevole agli inasprimenti del diritto d’asilo. Cos’è che non funziona, a suo avviso?

A.F.: Il dibattito sull’asilo è stato avvelenato dal concetto di “abuso”. Dal canto nostro abbiamo dapprima relativizzato il problema e affermato – io continuo a farlo – che gli abusi non sono il problema centrale dell’asilo. Ma avremmo dovuto nello stesso tempo analizzare meglio la questione dei presunti abusi.

C’erano due schieramenti contrapposti. Da un lato le persone che vedevano solo gli abusi e li denunciavano, dall’altra quanti desideravano realizzare una politica d’asilo degna di questo nome e non avevano le energie per affrontare anche il dibattito sugli abusi.

Questa situazione ha avvelenato il clima. Nei paesi e nei quartieri delle città le persone improvvisamente non vedevano che gli abusi. Molti stranieri sono arrivati da noi con grandi aspettative e hanno trovato un paese ricco di ogni cosa.

È stato uno choc culturale e alcuni non l’hanno saputo affrontare nella maniera auspicata dagli abitanti dell’Oberland bernese o dell’Entlebuch.

Tanti richiedenti l’asilo avevano una formazione superiore e sono finiti a fare i camerieri o gli spazzini. Alcuni non hanno accettato la situazione e si sono ribellati. Anche questo è stato considerato un “abuso”.

swissinfo: Che peso ha avuto in tutto questo il fatto che per la sinistra e per il movimento per i diritti umani gli “abusi” erano piuttosto un tabù?

A.F.: È difficile a dirsi. L’asilo è una questione dove la sinistra è sempre sulle difensive. Rispetto agli anni Trenta, oggi la voce degli intellettuali rifugiati si sente ben poco. Credo che non osino più dire quello che avrebbero da dire.

Queste persone sono amministrate, alloggiate, accudite, inserite in snervanti liste d’attesa. Ma il loro bisogno fondamentale di esprimersi liberamente è ignorato da tutti i programmi.

swissinfo: Cosa dice agli svizzeri che hanno paura della criminalità e che accusano gli stranieri di esserne la causa?

A.F.: La criminalità fa parte della nostra società. È vero che alcuni rifugiati sono dei delinquenti. Ma non si può generalizzare. Chiedo delle misure contro la criminalità. Ma i richiedenti l’asilo non devono essere trattati in modo diverso dagli altri. Per punire gli atti criminali vanno applicate le leggi esistenti.

In generale mancano idee chiare per migliorare l’integrazione, per riunire le famiglie. L’adattamento alla nostra società non avviene spontaneamente.

Quand’ero una bambina, nelle grandi città svizzera si aveva paura dei friburghesi e dei vallesani, soprattutto dei bambini poveri. Questa paura deriva dall’incontro tra ricchezza e povertà. Per affrontarla mancano le idee.

swissinfo: Intende dire che l’integrazione dipende anche dalla classe sociale?

A.F.: Vivo in una regione dove abitano molti impiegati statunitensi con una formazione superiore. Sorprendentemente, nessuno pretende che parlino tedesco. Al contrario, nei negozi ci si rivolge loro in inglese.

Li si tratta con rispetto e si adottano le loro tradizioni, per esempio la festa di Halloween. È incredibile con quale rapidità gli svizzeri sono stati in questo caso disposti ad adattarsi.

Ma se dei turchi vogliono fare festa, allora c’è subito chi reclama per il rumore. Mi chiedo quale sia il problema: la religione o il potere d’acquisto di queste persone?

Ricordo che all’inizio i tamil erano osteggiati. Oggi vengono eletti con risultati eccellenti nei parlamenti cantonali, com’è accaduto a Lucerna. Pian piano il loro status sociale è migliorato, sono diventati quadri, imprenditori, e sono accettati.

Ho l’impressione che in Svizzera ci sia soprattutto paura della povertà.

Intervista a cura di Andreas Kaiser, swissinfo
(traduzione dal tedesco: Andrea Tognina)

L’inasprimento del diritto d’asilo è una conseguenza del programma di risparmi 2003 della Confederazione. I richiedenti la cui domanda di asilo è stata respinta ricevono dal 1° aprile solo un aiuto unico di 600 franchi. L’assistenza sociale non è più pagata.

In questo modo la Confederazione vuole risparmiare 15 milioni di franchi nell’anno in corso e ancora di più nei prossimi anni. Inoltre la misura dovrebbe servire a “rendere meno attraente la Svizzera per chi cerca asilo”.

A questo peggioramento delle condizioni dei richiedenti l’asilo si sono opposti cantoni, città e organizzazioni umanitarie.

Angeline Fankhauser è stata per 16 anni (1983-1999) consigliera nazionale del Partito socialista. Nel corso della sua attività politica si è impegnata a fondo per il rispetto dei diritti umani e per una politica d’asilo corretta.

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