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La domenica deve restare un giorno festivo

I sindacati non transigono sul lavoro domenicale Keystone Archive

Gli svizzeri rischiano di dover votare sull'apertura domenicale dei negozi. Un referendum è stato lanciato ufficialmente giovedì.

L’opposizione alla liberalizzazione del commercio proviene dai sindacati, organizzazioni dei consumatori, piccoli commercianti e ambienti ecclesiastici.

Il comitato referendario contro il lavoro domenicale ha dato ufficialmente avvio giovedì alla raccolta delle 50’000 firme necessarie per sottoporre al voto popolare la proposta di liberalizzazione degli orari di lavoro.

La campagna inizierà sabato. «Ci saranno raccolte di firme in tutte le città svizzere», ha fatto sapere Regula Rytz, segretaria centrale dell’Unione sindacale svizzera (USS), durante la conferenza stampa del comitato referendario a Berna.

Il comitato spera di raccogliere le firme necessarie in 6-8 settimane. Il termine per la raccolta è fissato al 27 gennaio.

Il referendum fa seguito alla modifica della legge sul lavoro accolta dal parlamento nella sessione autunnale. Essa prevede che possano rimanere aperti la domenica i commerci presenti negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie con un volume d’affari di almeno venti milioni di franchi l’anno.

Forte della convinzione che «la domenica non deve diventare un giorno lavorativo», la coalizione formata dai sindacati, dal Partito socialista (PS) e da ambienti ecclesiastici ha denunciato il continuo smantellamento della legge sul lavoro e il duro colpo che tale liberalizzazione porta ai piccoli commercianti.

Smantellamento progressivo

Per il comitato, la proposta di apertura domenicale è solo il primo passo. I prossimi obiettivi dello smantellamento saranno il lavoro notturno e la protezione dei giovani lavoratori.

Il consigliere agli Stati socialista friburghese Alain Berset ha dal canto suo criticato l’argomentazione «ideologica» dei partigiani dell’apertura domenicale. A suo avviso, la riforma non crea posti di lavoro ma li sposta semplicemente dalla settimana alla domenica.

La legge non prevede nessun premio per le venditrici e i venditori che lavorano la domenica, nonostante i lavoratori in questo settore siano già sottopagati, come ha denunciato il rappresentante del sindacato UNIA Andreas Rieger.

Inoltre, secondo uno studio realizzato su mandato della Confederazione, i tre quarti del personale di vendita non vuole il lavoro domenicale.

«Una società atomizzata»

Secondo il comitato referendario, non si tratta di proibire il lavoro domenicale che oggi è già autorizzato. Ma, come ha notato Arno Kerst, della federazione sindacale Travail.Suisse, il lavoro domenicale minaccia la vita familiare.

Un argomento che sta a cuore anche agli ambienti eccelsiastici. «Sottomettere tutti i settori dell’esistenza alle esigenze dell’economia non è di alcuna utilità per l’essere umano», ha dichiarato il teologo Wolfgang Bürgstein, membro della commissione nazionale Justitia et Pax.

A suo avviso, l’abolizione del riposo domenicale conduce ad un atomizzazione della società.

Non negoziabile

Il lavoro domenicale non è negoziabile, ha sottolineato Andreas Riegner di UNIA. La posizione dei sindacati è invece meno netta per quel che riguarda l’estensione dell’orario di lavoro durante la settimana. «Non siamo a favore, ma siamo pronti a discuterne», ha detto Rytz.

Il comitato referendario spera di creare una grande coalizione. Vi sono state contatti con i commercianti al dettaglio. Ha indicato Regula Rytz. Sul piano politico, ha ricordato Alain Berset, la destra non è unita. Alcuni deputati del Partito popolare democratico hanno espresso la loro opposizione all’apertura domenicale.

swissinfo e agenzie

Il referendum si rivolge contro una modifica della legge sul lavoro votata dal parlamento nella sessione d’autunno.
Il comitato referendario ha tempo fino al 27 gennaio per raccogliere le 50’000 firme necessarie.

La modifica sulla legge federale del lavoro prevede di autorizzare il lavoro domenicale per i negozi con sede negli aeroporti e nelle stazioni con una cifra d’affari di almeno 20 milioni di franchi. I centri ferroviari interessati sarebbero 25.

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