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La frontiera che unisce

In queste ultime settimane ho partecipato a due eventi per me non abituali, ma estremamente interessanti.

Il primo a Como. Un colloquio organizzato dalla Camera di Commercio di Como con la partecipazione delle autorità ticinesi e italiane, dei sindacati svizzeri, degli imprenditori dei due Paesi e del Console Generale della Svizzera in Milano.

In quell’occasione, la Camera di Commercio di Como ha presentato un vademecum per informare le imprese ticinesi intenzionate ad operare sul mercato italiano dopo l’entrata in vigore degli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea.

Gli imprenditori ticinesi lamentano che è troppo facile per le imprese italiane venire ad operare in Svizzera, mentre è molto più complicato per le imprese svizzere acquisire appalti in Italia. Non solo per i problemi di concorrenza, ma anche per le notevoli difficoltà incontrate sul piano burocratico e amministrativo.

Un’iniziativa costruttiva

Stante questa situazione l’iniziativa della Camera di Commercio di Como di produrre un vademecum per orientare le imprese svizzere nell’accesso al mercato italiano è molto costruttiva e seria.

Il 26 e il 27 ottobre scorsi, a Genova si è svolta la Conferenza economica italo-svizzera, organizzata dall’Ambasciata Svizzera in Italia e dalle Camere di Commercio di Genova e del nord-ovest d’Italia. A questo importante evento hanno partecipato due ministri: il Consigliere Federale signora Doris Leuthard e il Ministro italiano per il commercio internazionale signora Emma Bonino. Segno tangibile della rilevanza dell’iniziativa ribadito dall’attivo coinvolgimento di centinaia fra imprese italiane e svizzere.

Ritardi italiani e investimenti svizzeri

Gli scambi commerciali sono stati al centro delle discussioni e degli incontri, ma il tema principale è stato, giustamente, il problema dei trasporti; dei valichi alpini, del porto di Genova, del terzo valico, delle ferrovie italiane. Con chiarezza sono emersi i ritardi italiani e gli importanti investimenti svizzeri nei giganteschi lavori per le nuove trasversali alpine.

Non è mia intenzione entrare nei contenuti particolari di questi due eventi, mi limito ad una riflessione su alcuni aspetti che, a mio modo di vedere, li accomuna.

Un interesse reciproco

E’ evidente che gli scambi economici tra la Svizzera e l’Italia sono in evoluzione. L’Italia, oggi ha superato la Francia negli scambi economici con la Confederazione. Ma la cosa più importante e che appare chiara, è che la Svizzera e l’Italia hanno un vitale interesse a intensificare e coordinare le politiche di collaborazione nelle comunicazioni, nei trasporti e, in generale, nella libera circolazione.

Ma se gli stati e la politica sono impegnati in prima fila per le grandi scelte e gli investimenti strutturali (su questo punto bisognerà essere vigili, affinché l’Italia compia tutti gli sforzi necessari), appare tuttavia con notevole chiarezza che le aziende e le imprese devono fare la loro parte. Credo che le imprese sono chiamate a superare i rapporti tradizionali della naturale e normale concorrenza tra aziende che operano in zona di frontiera.

L’opportunità dei bilaterali

Gli accordi bilaterali non vanno visti solo come uno strumento di semplificazione amministrativa per andare a lavorare nel Paese vicino. Limitarsi a questa visione sarebbe a mio modo di vedere estremamente riduttivo.

Infatti, sono sempre più convinto che le agevolazioni che portano gli accordi bilaterali sono una grande opportunità per le imprese: svizzere in generale, per quelle ticinesi in particolare. Ma anche per quelle italiane: per creare sinergie, joint ventures, accordi, collaborazioni, al fine di rafforzarsi reciprocamente, e, soprattutto, per affrontare i nuovi mercati e le sfide della globalizzazione.

Mettere insieme il meglio delle qualità delle imprese svizzere e italiane (ridimensionando i difetti di entrambe), non può che creare un grande potenziale imprenditoriale per affrontare insieme altri mercati. Non tentare di percorrere questa strada, mi appare penalizzante per i due Paesi. Mi auguro che le istituzioni svizzere e italiane aiutino e favoriscano questo percorso e facilitino tutti i progetti di collaborazione tra le imprese svizzere ed italiane.

Un’ultima nota, a Genova la perfetta organizzazione dell’Ambasciatore svizzero in Italia, Bruno Spinner, ha coinvolto anche l’artista Massimo Rocchi che, in un bellissimo spettacolo, mi ha fatto sì ridere, ma mi ha anche presentato uno specchio che riflette le due facce delle nostre specifiche identità – che, per molti di noi, non sono più distinte, ma definiscono la vera nuova identità – rendendo ancora più evidente che i destini dei nostri due Paesi sono sempre più comuni.

Senatore Claudio Micheloni, Roma

Le opinioni espresse in questa rubrica non riflettono necessariamente la visione di swissinfo.

Nato a Campli in provincia di Teramo (Italia) nel 1952, emigra con la famiglia nel 1960 in Svizzera dove tuttora risiede nel cantone di Neuchâtel. È sposato e padre di due figli.

Di formazione è disegnatore progettista del genio civile. Prima di assumere numerosi incarichi professionali di impegno sociale e politico è stato attivo nel settore come libero professionista.

Claudio Micheloni è stato eletto nel Senato italiano alle ultime elezioni politiche. Fa parte della coalizione di maggioranza condotta dal presidente del Consiglio Romano Prodi.

Dal 1997 al 2000, Claudio Micheloni è stato membro della Commissione Federale Svizzera per gli Stranieri, organo consultivo del Governo e del Parlamento svizzeri.

Dal 1997 è presidente della Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera.

Dal 2002 al 2006 è stato segretario generale del Forum per l’integrazione delle migranti e dei migranti in Svizzera.

Nell’aprile 2006 è stato eletto senatore della Repubblica italiana nella Circoscrizione estero, ripartizione Europa. Appartiene al Gruppo dell’Ulivo.

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