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La parola a Lukas Mühlemann

Lukas Mühlemann ha di fronte a sé una strada in salita Keystone

Il cattivo risultato del Credit Suisse nel secondo trimestre del 2002 ha riportato Lukas Mühlemann sotto le luci della ribalta.

Un’intervista con il discusso amministratore delegato della grande banca.

Lukas Mühlemann

Cerco di essere fiero di quello che faccio e di farlo il meglio possibile.

Mercoledì l’amministratore delegato di Credit Suisse, Lukas Mühlemann, ha dovuto annunciare una perdita di 597 milioni di franchi nel secondo trimestre 2003, dopo aver registrato 368 milioni di utili nel primo trimestre.

Credit Suisse ha addebitato i risultati “insoddisfacenti” al calo del mercato delle azioni, che ha provocato perdite sensibili nel portafoglio d’investimenti del settore assicurativo del gruppo (Winterthur).

Il risultato di Credit Suisse è in netto contrasto con quello della banca svizzera rivale, l’UBS, che nel secondo trimestre dell’anno ha annunciato profitti netti dell’ammontare di 1331 miliardi di franchi svizzeri – solo il 4% in meno dello stesso trimestre dello scorso anno.

Nella stampa, si è speculato molto su una prossima sostituzione di Mühlemann alla testa del gruppo Credit Suisse, dopo che l’amministratore delegato è stato più volte al centro di polemiche.

Da ricordare il ruolo di Mühlemann nel consiglio di amministrazione della fallita Swissair e dell’argentino Banco General de Negocios e le sue relazioni d’affari con il finanziere svizzero Martin Ebner, messo recentemente in gravi difficoltà dalla crisi delle borse.

swissinfo

swissinfo: Signor Mühlemann, Lei è uno dei leader economici di questo paese. Qual’è la Sua visione della Svizzera?

La Svizzera ha tutte le carte in regola per essere un paese prospero, con un ruolo forte in molti settori – industria farmaceutica, banche, prodotti alimentari, orologeria, meccanica di precisione – in cui il paese ha una grande tradizione e la capacità di fare un ottimo lavoro.

La Sua visione include un’adesione della Svizzera all’Unione europea?

Porrei la questione in altri termini. Siamo al centro dell’Europa. Ma abbiamo le nostre tradizioni e un forte attaccamento alla nostra cultura e al nostro sistema politico. Ciò significa che la Svizzera sarà sempre un po’ diversa dal resto d’Europa.

Ma dentro o fuori l’Ue?

Credo che la questione al momento non sia attuale. Passeranno anni prima che si riproponga. Ora abbiamo i trattati bilaterali con l’Ue. Dobbiamo attendere di vederne gli effetti, osservare come si sviluppano le nostre relazioni con l’Ue, come ci sviluppiamo noi, come procede l’allargamento a est dell’Ue. Quando la questione dell’adesione si riproporrà, dovremo considerare ciò che è accaduto nel frattempo.

Quali sono i vantaggi del segreto bancario per la Svizzera?

Il principale vantaggio non è per la Svizzera, ma per i clienti di una banca con norme rigorose sul segreto bancario. Per me, e per la maggioranza degli svizzeri, la protezione della sfera privata in ambito finanziario è molto importante. Sono favorevole ad un sistema che protegge la privacy, finché non vi sono abusi.
Al contrario di altri paesi, le banche svizzere non forniscono automaticamente alle autorità fiscali informazioni sui clienti. Il segreto bancario è sospeso solo quando è in corso un’indagine giudiziaria. A me pare un buon sistema. Lo dovremmo mantenere, poiché da un lato protegge la sfera privata, dall’altro assicura che non si abusi della privacy per compiere azioni criminali.

Non Le sembra problematico il fatto che il segreto bancario protegga gli evasori fiscali?

Abbiamo un’imposta preventiva (ritenuta alla fonte) sugli interessi dei capitali svizzeri. I capitali stranieri sfuggono però parzialmente a questa imposta. Nella discussione con l’Ue abbiamo avanzato una proposta che permetterebbe di ovviare al problema. Penso sia una proposta molto ragionevole.

Pensa che l’evasione fiscale debba essere considerata un delitto anche in Svizzera?

Quello dell’auto-certificazione e dell’imposta preventiva mi pare un buon sistema. Non criminalizza le piccole infrazioni, ma permette di tassare i profitti da capitale in maniera molto pragmatica anche se la dichiarazione non è completa.
Per questa ragione in Svizzera la percentuale di redditi che sfugge al fisco è inferiore a quella della maggior parte dei paesi europei.

Che cosa direbbe se per esempio la Germania dovesse adottare un’amnistia fiscale simile a quella realizzata in Italia?

Dipende dal paese. Posso capire le motivazioni razionali in favore di una simile misura, ma posso capire anche gli argomenti contrari.
La nostra strategia è di fornire servizi innovativi e di alta qualità non solo in Svizzera, ma nei maggiori paesi europei e nel mondo intero. Ovunque i clienti vogliano piazzare i loro patrimoni, speriamo di poter offrire prodotti e servizi di alta qualità.

Un’amnistia fiscale in un altro paese danneggerebbe la Svizzera?

Come abbiamo potuto costatare con l’Italia, l’impatto è relativamente limitato. Ma è chiaro che più la situazione è favorevole nei maggiori paesi del mondo, meno interesse hanno i clienti a trasferire i loro capitali all’estero.
Comunque credo che continuerà ad esistere un ampio mercato offshore, non solo per ragioni fiscali, ma anche perché molti clienti vogliono diversificare geograficamente i loro patrimoni. E spesso non trovano operatori locali che corrispondano alle loro esigenze.

Negli ultimi due anni, molti manager hanno perso la loro reputazione. Lei è ancora fiero di esser un manager?

Finché i mercati azionari erano in rialzo, i manager erano molto apprezzati, perché considerati dai clienti i responsabili dell’evoluzione positiva dei loro patrimoni. Forse non meritavano tanti applausi, perché erano semplicemente i mercati ad andare nella direzione giusta. Ora che i mercati sono in calo, è chiaro che le reazioni sono ora di segno contrario. Quelli che in passato erano applauditi, sono ora i capri espiatori e sono ritenuti colpevoli delle perdite subite da molti investitori, manager compresi. È una reazione che si può capire e che era prevedibile.
Per quel che mi riguarda, io cerco solo di fare il mio lavoro. Cerco di essere fiero di quello che faccio e di farlo il meglio possibile. La professione di manager è molto importante. Deve essere svolta con impegno e con integrità.

I salari dei top manager hanno fatto molto discutere. Qual’è il salario ragionevole per un uomo nella Sua posizione, a capo di una delle maggiori banche svizzere?

La questione dipende dalla situazione del mercato del lavoro per i manager. Generalmente si tratta di persone con un alto grado di mobilità, che hanno molte opzioni aperte. Chi fissa questi salari deve chiedersi innanzitutto cos’è ragionevole in termini di performance a medio termine e cos’è ragionevole rispetto a lavori simili in altri ambiti. Abbiamo visto salari molto alti in un’epoca in cui la performance di molte aziende era eccellente. Penso che ci sarà un notevole ridimensionamento, in relazione ai trend negativi, e questo soprattutto nel settore dei servizi finanziari.

In che misura le disavventure finanziarie di Martin Ebner danneggiano la piazza finanziaria svizzera?

Se si guarda agli aspetti quantitativi, direi che il danno è limitato. Parlando del gruppo BZ, i giornali riferiscono di investimenti azionari nell’ordine di 6-8 miliardi di franchi. Si tratta di meno dell’1% dei capitali trattati nella Borsa svizzera. Prese da sole, sembrano grandi cifre, ma se paragonate all’intero mercato azionistico svizzero (e neppure a tutto il mercato degli investimenti), mi sembrano relativamente insignificanti.
D’altro canto, Martin Ebner è stato il fautore dell’azionariato popolare e ha spinto molte persone a comprare azioni. Da questo punto di vista, i problemi di Ebner sono emblematici per i problemi dei molti investitori che hanno subito delle perdite nel mercato azionistico.

Qualcuno afferma che i vantaggi competitivi della piazza finanziaria svizzera si sono ridotti. Perché gli investitori dovrebbero ancora scegliere la Svizzera?

Penso che i vantaggi della piazza finanziaria svizzera siano ancora intatti. Abbiamo una situazione politica molto stabile, abbiamo un sistema finanziario altrettanto stabile, abbiamo una valuta gestita in maniera eccellente e offriamo dei servizi che non sono secondi a nessuno.

Potrebbe giurare che i bilanci del Credit Suisse sono veritieri e accurati?

Abbiamo sempre controllato attentamente i nostri rendiconti finanziari e non abbiamo nessun problema a certificarli.

Sul tema corporate governance: la Svizzera dovrebbe imitare ciò che stanno facendo gli Stati Uniti?

Molte delle proposte avanzate sono già state adottate. Non vedo gravi ritardi.

Cos’è che Le piace di più, nel suo lavoro in banca?

La voglia di servire bene i nostri clienti, la voglia di mantenere la nostra offerta al passo con i tempi. Specialmente ora, abbiamo potuto aiutare molte persone a proteggere i loro patrimoni, in un clima piuttosto ostile.

Cos’è che La preoccupa maggiormente?

Al momento i problemi del nostro settore assicurativo, dove però abbiamo intrapreso i passi necessari per tornare nelle cifre nere.

Cosa pensa dell’ipotesi di una fusione tra Credit Suisse e UBS?

Una fusione non andrebbe a vantaggio né delle banche, né del paese. Ci sono molte sovrapposizioni e poi una concentrazione del mercato svizzero sarebbe malsana.

Comprerebbe azioni UBS, al momento?

Credo che le nostre abbiano maggiori prospettive di crescita.

Intervista a cura di Robert Brookes

Lukas Mühlemann dice che la Svizzera ha le carte in regola per rimanere un paese prospero, con una posizione forte in alcuni settori industriali ricchi di tradizione.

Difende il segreto bancario, a suo avviso sostenuto dalla maggioranza degli svizzeri, favorevoli ad una protezione della privacy in ambito finanziario. E ritiene che le attuali leggi siano in grado di evitare gli abusi.

Mühlemann ritiene che una fusione tra Credit Suisse e UBS non servirebbe né gli interessi della Svizzera, né quelli delle due banche.

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