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La tavola delle feste

Il calore della famiglia per contrastare il freddo invernale. E una tavola imbandita secondo i crismi della tradizione.

Un viaggio culinario tra le abitudini natalizie della Svizzera italiana.

Il Natale fu introdotto dalla Chiesa cattolica intorno all’anno 350 per soppiantare un’antica festa pagana dedicata al dio Sole. Non è andato perduto però il significato metaforico di fondo: la vittoria del giorno sulla notte, l’inizio – col solstizio invernale – della lenta cavalcata della luce verso le stagioni della rinascita.

E quale miglior modo per simboleggiare l’abbondanza a venire che quello di rispecchiarla nei piatti portati in tavola durante i giorni di festa? La cucina tradizionale del periodo natalizio è così un tripudio di noci, frutta secca, burro e carni grasse. Sopra tutti regna sovrano quello che ormai, in area italiana, è diventato il dolce natalizio per antonomasia: il panettone (vedi articolo in “Altri sviluppi”).

Natale in famiglia

E prima di arrivare al taglio del panettone? Il Natale è una festa legata ai rituali, la sera della vigilia si mangia in famiglia e poi si va tutti insieme alla messa di mezzanotte.

In Ticino, i piatti della tradizione sono i tortellini o i ravioli in brodo – meglio se fatti in casa, come puntualizza l’esperto di gastronomia Grimod – seguiti dal cappone che negli ultimi anni ha avuto la meglio sulla gallina bollita, accompagnata dalla mostarda di frutta.

Il bollito, che fornisce il brodo per i tortellini, era spesso servito la sera della vigilia. Ben rappresentati sulla tavola natalizia erano anche i prodotti ricavati dall’uccisione del maiale, che avveniva di regola verso la metà di novembre.

Capodanno in compagnia

Se il Natale si passa in famiglia, per la cena di capodanno s’invitano gli amici.Oppure si va tutti insieme al ristorante. L’abbondanza è d’obbligo, non a caso nell’immaginario della gente la cena si è trasformata in cenone.

Per il menu ci si può sbizzarrire. Irrinunciabili sembrano però le benauguranti lenticchie servite come contorno al cotechino o allo zampone, carni tra le più grasse e forse per questo identificate con l’abbondanza. “Volendo si possono sostituire le lenticchie con un bel piatto di fagioli stufati”, aggiunge Grimod.

Stando ai dati di Migros Ticino e ai menu dei ristoranti, a capodanno ha sempre più successo il pesce. Si tratta di una novità, visto che tradizionalmente il pesce era presente solo nel luganese, come ricorda Bosia.

Inutile aggiungere che al momento del brindisi di mezzanotte, ad accompagnare spumante e champagne, si trova il panettone.

Abitudini che cambiano

“Tra la gente c’è ancora la volontà di prendersi il tempo per preparare i piatti tradizionali” dice Grimod. Resta il fatto che negli ultimi tempi la gente si reca più spesso al ristorante, soprattutto per il pranzo di Natale e il cenone di capodanno. Inoltre, la preoccupazione per un’alimentazione equilibrata sta rendendo la vita difficile a zamponi e cotechini.

La globalizzazione, inoltre, non ha risparmiato il periodo delle festività natalizie. Renato Facchetti, responsabile marketing di Migros Ticino, fa notare come “negli ultimi anni ci sia stato un notevole incremento delle vendite dei prodotti per la fondue chinoise: dalla carne alle salse”.

Poi ci sono il salmone, le pizzette surgelate per gli aperitivi, i piatti etnici. “Soprattutto i più giovani amano mettersi a tavola senza stare troppo ai fornelli” continua Facchetti.

Ieri le arance, oggi il mango

“Negli anni del dopoguerra le arance erano il tipico frutto natalizio”, ricorda Luigi Bosia. Oggi, arance e mandarini sono presenti su tutte le tavole, ma hanno perso la loro aura festiva.

“Sotto Natale vendiamo molta frutta esotica, mango, papaya, ananas. Potremmo offrire questi prodotti anche in altri periodi, ma non ce n’è la domanda” dice Facchetti.

Dunque anche nell’era del consumismo, in cui basta chiedere e pagare per avere, si conferma il bisogno di rendere il Natale una festa particolare, un bisogno che si traduce nella selezione di prodotti diversi da quelli a disposizione tutto l’anno.

Dolcezze

Del panettone si è già detto, ma come non ricordare i biscotti fatti in casa, o alcune specialità locali, come il ‘pan spezi’ originario di Faido e preparato con una pasta frolla alla grappa farcita di noci, mandorle, latte, zucchero e spezie?

O come non citare il torrone, che la leggenda vuole inventato a Cremona in occasione di un matrimonio, e che difficilmente manca dalle tavole natalizie?

Ma nulla è eterno sotto il sole. Per una tradizione che si conferma ce n’è un’altra che se ne va. Si pensi ad esempio al caolatte ricordato da Luigi Bosia – una crema composta di latte, miele e cioccolato – che si consumava in Ticino dopo la messa di mezzanotte.


Doris Lucini, swissinfo

Natale, tempo di abbondanza. L’uvetta del panettone simboleggia ricchezza e benessere. Le mandorle e le nocciole dei torroni dovrebbero garantire prosperità alla terra e nascita della prole, così come i chicchi della melagrana. Anche le lenticchie, servite tradizionalmente con cotechino o zampone, sono foriere di prosperità e fortuna.

Come portata principale la tradizione vorrebbe vedere serviti in tavola dei volatili. Primo fra tutti il cappone. In realtà oggigiorno si preparano anche altri tipi di carne. L’importante è che il pranzo di Natale si distingua per sfarzo e ricchezza dalle altre festività. A fare l’unità della Svizzera italiana – e dell’Italia tutta – ci pensa il panettone.

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