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Le incognite per il futuro dell’economia ipotecano le borse mondiali

L'entrata dello Swiss Exchange, la nuova struttura della borsa svizzera a Zurigo Keystone

L'eventualità di una recessione negli Stati Uniti, gli hedge funds che speculano al ribasso con un effetto amplificatore della crisi, la crescita ridimensionata al ribasso in Francia, il rallentamento delle vendite di auto nuove annunciato in Germania dalla Volkswagen, la continua perdita di valore dell'Euro. Sono questi alcuni degli elementi che hanno provocato giovedì il crollo delle borse europee, uno dei risultati peggiori dal 10 novembre 1998. In questa debacle generalizzata Zurigo non si è salvata, con l'SMI che ha lasciato sul terreno il 5,62 %.

“La recessione punta all’Europa”, “Borse a picco” , “Borsa svizzera in caduta libera”, “Europa, il crollo delle borse”. Sono questi alcuni dei titoli che giganteggiano venerdì sulle prime pagine dei quotidiani svizzeri ed internazionali. Se per il collasso dei listini europei, che giovedì hanno archiviato una seduta da dimenticare con perdite che per il Footsie di Londra sono state del 4,07 %, del Dax di Francoforte del 4,16 %, del CAC 40 a Parigi del 3,96 %, del Mibtel a Milano del 4,18 % si avvalora la tesi della recessione che punta all’Europa, per la borsa svizzera si parla di panico tra gli investitori.

La perdita del 5,62 %, pari a 391,20 punti, registrata giovedì a Zurigo dal SMI (lo Swiss Market Index), che ha chiuso a 6574 punti, rappresenta la più forte diminuzione percentuale dell’ultimo decennio, per un volume medio di circa 5 milioni di titoli scambiati. Stessa sorte per l’SPI (lo Swiss Performance Index), l’indice calcolato sulla base dei titoli trattati alle borse di Zurigo, Basilea e Ginevra, che ha perso il 5,18 %, ossia 249,57 punti, chiudendo a 4565,45. Ribasso ancora più accentuato, infine, sul Nuovo mercato svizzero che quota i titoli tecnologici, dove la perdita è stata del 5,7 %.

Come analizzare questa tormenta che si è abbattuta sulla borsa svizzera, oltre che sui mercati europei al collasso, mentre il Dow Jones americano giovedì ha lasciato sul terreno altri 234,57 punti, pari al 2,41 % in meno, toccando il minimo degli ultimi 24 mesi ed arrivando a quota 9.486,19 pericolosamente vicino al mercato dell’orso, l’animale simbolo della recessione che scatta quando il Dow Jones scende sotto la fatidica barriera dei 9.378 punti.

Oltre al pessimismo sulla crescita dell’economia, che dovrebbe risultare attenuata dopo la decisione della Banca nazionale svizzera di ridurre il costo del denaro seguendo l’esempio di Stati Uniti e Giappone, la debacle della borsa svizzera è dovuta in parte ai risultati 2000 scoraggianti ed alle prospettive 2001 negative presentati da Zurigo Financial Service, il sesto gruppo assicurativo europeo. Le perdite del 20 % registrate dal titolo, al suo livello più basso dal 1997, hanno comportato, da sole, la caduta dell’1 % dell’indice SMI.

Un sospiro di sollievo, per quel poco che conta in questi ultimi tempi, è venuto venerdì dai mercati asiatici che hanno chiuso la settimana sotto il segno più, Tokyo in testa con un più 2,81 %. A spingere al rialzo le piazze del Pacifico la buona giornata del Nasdaq (l’indice dei titoli tecnologici alla borsa di New York) che giovedì ha chiuso con un più 3,69 % e la politica del tasso zero avviata ad inizio settimana dal governo giapponese. Anche i mercati europei, come pure la borsa di New York, hanno terminato l’ultima giornata di contrattazioni della settimana sotto il segno del recupero: Zurigo ha chiuso con un più 2,47 %, recuperando 162,10 dei 391,20 punti persi nella disastrosa seduta di giovedì.

Per capire se i mercati saranno usciti dalle montagne russe si dovranno attendere le prossime settimane, in particolare vedere cosa deciderà la Banca centrale europea (Bce) sulla riduzione del costo del denaro, un’opzione irrinunciabile soprattutto ora che anche il presidente della Bce Wim Duisenberg ha riconosciuto che il rallentamento dell’economia americana potrebbe rivelarsi più pesante del previsto ed avere implicazioni negative anche per Eurolandia.

Sergio Regazzoni

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