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Lotta “volontaria” all’effetto serra

Alla ricerca di un'economia più rispettosa dell'ambiente: basterà l'autoregolazione volontaria? Keystone Archive

Il presidente Bush ha presentato la "via americana alla difesa dell'ambiente": volontarietà contro gli obblighi. Una soluzione che trova analogie in Svizzera.

Partendo da criteri “che si ispirano ai canoni dell’economia di mercato”, il capo della Casa Bianca ha presentato giovedì la sua risposta agli accordi internazionali seguiti alla conferenza sul clima di Kyoto.

Già nelle prime settimane dopo l’elezione a presidente, Bush aveva affermato con risolutezza che non avrebbe fatto niente che potesse frenare la crescita economica. Ma i dati assodati denunciano: gli Stati Uniti producono da soli una fetta quantificabile tra il 25 e il 36 per cento delle emissioni globali. Troppo, per un ruolo in panchina nella partita per la salute del pianeta.

Adesso si conosce dunque la ricetta alla sfida: incentivi fiscali e l’appello al “civismo ecologico”. Un’azione parallela, denominata “cieli puliti”, dovrebbe diminuire la presenza di anidride solforosa e di ossido di azoto nell’atmosfera, causa principale delle piogge acide. Il governo americano spera di riuscire a raggiungere i traguardi di riduzione delle emissioni senza leggi e imposizioni.

In una pronta replica, il WWF ha stigmatizzato le proposte come “regalo di San Valentino ai grandi inquinatori”. Le proposte non sarebbero che una conferma della latitanza del primo reo. Ma la soluzione proposta a Washington ha delle analogie nella scelta fatta dalla Svizzera.

“La via svizzera”

“Da una prima lettura si riconoscono le somiglianze: anche in Svizzera seguiamo il principio della volontarietà e dell’innovazione tecnologica”, afferma Rene Buchholzer responsabile ambiente di Economiesuisse, l’organizzazione nazionale degli imprenditori.

Infatti, dopo il rifiuto popolare alla tassa sulle emissioni del settembre 2000, in Svizzera c’è stato un cambiamento di paradigma. Con la nuova formulazione, è in primo luogo l’economia a doversi impegnare direttamente nella lotta ambientale.

Economiesuisse ha accettato la sfida per diminuire le emissioni in un patto che il presidente Rudolf Ramseier ha definito “della frusta e dello zuccherino”.

Al centro dell’impegno c’è l’Agenzia energetica, creata ad hoc, che coordina le misure. Attraverso la consulenza tecnica dell’Agenzia, le ditte possono migliorare i propri consumi energetici e contribuire così alla protezione dell’ambiente.

Le misure forti

Ma, rispetto alla proposta americana, ci sono delle differenze concrete. “La Svizzera ha la ferma intenzione di ratificare gli accordi di Kyoto e anche i protocolli d’applicazione di Bonn e Marakesh”, ha ribadito a swissinfo l’ambasciatore Beat Nobs, direttore della delegazione affari internazionali dell’Ufficio federale dell’ambiente. E se le misure volontarie non avranno successo c’è l’arma fiscale già pronta nella legge: la tassa sul CO2. Termine per adeguarsi il 2004.

“In una prima fase abbiamo dunque le stesse basi proposte a Washington, ma noi abbiamo la pressione della ratifica dei protocolli che agisce da motore”, afferma Rene Buchholzer di Economiesuisse.

Risultati mediocri

Ma in due anni di attività, l’Agenzia ha mobilitato solo 300 imprese e i risultati si vedranno solo a lungo termine. Troppo poche. Inoltre, effetti e procedure sono ancora nella nebbia e l’efficienza del sistema facoltativo non si dimostra dal lato migliore.

L’economia ammette le difficoltà. “È vero, il cambiamento costa e non porta sempre ad un ritorno economico immediato nel minor consumo – ammette Buchholzer – ma tutti hanno riconosciuto la necessità dello sforzo ecologico”.

Anche perché gli esperti ONU hanno già calcolato che i traguardi di Kyoto non basteranno a frenare l’effetto serra.

Tasse per le pecore nere

Sulla ineluttabile introduzione della tassa sul CO2 nel 2004, sono più o meno tutti d’accordo. Ma Rene Buchholzer aggiunge: “La nostra organizzazione si impegna perché chi agisce subito non sia penalizzato poi dalla nuova imposizione”.

“In America si imbocca la strada contraria con gli incentivi fiscali, ma il risultato sarà analogo”, si afferma presso Economiesuisse: “Meglio incentivi che nuove tasse”. Ma quello che conta è il raggiungimento dei traguardi per il 2012, quando le emissioni dovranno essere del 10 per cento inferiori a quelle del 1990.

Visto il moderato successo raccolto in Svizzera dal sistema, si capisce perché Greenpeace parli di decisioni “deludenti” della Casa Bianca.

Daniele Papacella

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