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Napalm dalle Alpi

persone attorno a un falò da cui sale del fumo nero
Esperimento con l'Opalm. Bundesarchiv

La variante del napalm "Opalm" fu distribuita a vari Paesi belligeranti in tutto il mondo. Per molto tempo si pensava che quest'arma incendiaria fosse un prodotto sovietico, ma oggi è chiaro che è stata sviluppata in Svizzera.

A fine anni Settanta l’aviazione militare indonesiana aveva girato un filmato propagandistico nel quale comparivano dei soldati impegnati ad agganciare alcune bombe recanti la scritta “BOM-OPALM” sotto l’ala di un “OV-10F Bronco”, aereo militare di produzione statunitense. Gli ordigni erano destinati a essere utilizzati durante le operazioni militari a Timor Est, che dal 1975 combatteva per la propria indipendenza.

Nella letteratura specializzata l’arma incendiaria “Opalm” è stata considerata per anni una versione sovietica del napalm americano. Alcuni documenti di recente scoperta però smentiscono questa ipotesi: “Opalm” è un prodotto svizzero sviluppato a Domat/Ems (nei Grigioni), testato dall’aviazione militare elvetica e fabbricato in Germania su incarico di un’azienda svizzera.

bomba all opalm
L’Opalm svizzero è stato utilizzato dall’Indonesia contro la popolazione di Timor Est. Nell’immagine: fotogramma di un film di propaganda indonesiano (1977). Youtube

Tutto ebbe inizio agli albori degli anni Cinquanta, quando l’U.S. Air Force sganciò sulla penisola coreana 32’000 tonnellate di napalm. Gli esperti militari erano entusiasti: a fronte di una spesa esigua, il napalm sprigionava una potenza distruttiva massima. All’epoca la stampa elvetica riportava che “una bomba al napalm con la sua fiammata poderosa è capace di coprire una superficie di quasi 2’000 metri quadrati, annichilendo qualsiasi forma di vita nel proprio raggio d’azione”.

Anche l’Esercito svizzero voleva accaparrarsi la nuova arma. C’era l’imbarazzo della scelta: nel 1950 un’azienda statunitense inviò i primi campioni di napalm, poco dopo arrivarono anche quelli di “Octogel”, prodotti dalla Francia, e di “Metavon”, fabbricati dai Paesi Bassi. Nell’estate del 1952 a Berna giunse un’altra offerta: l’azienda svizzera Holzverzuckerungs AG (HOVAG) propose “Opalm”, un “napalm migliorato”.

La mente dietro “Opalm” era Werner Oswald. Dal 1941 nel comune di Domat/Ems il fondatore di HOVAG gestiva un impianto per la produzione di carburante sostitutivo, sovvenzionato con fondi pubblici. Dopo la fine della guerra la normalizzazione delle importazioni di benzina aveva reso inutile il suo carburante, così Oswald si era messo alla ricerca di nuove idee imprenditoriali. Tra queste vi era il napalm, miscela di benzina e gelificante.

Oswald fece sviluppare e brevettare la bomba “Opalm” e cercò di renderla interessante agli occhi dell’Esercito svizzero sostenendo che, se fosse scoppiata una guerra, HOVAG avrebbe potuto garantire una produzione autonoma, senza dipendere dall’estero. Il Consiglio federale, al quale spettava l’ultima parola sull’acquisto, pur essendo convinto che la qualità della merce di Oswald fosse “come minimo pari” a quella dei prodotti stranieri, decise di non acquistare “Opalm” in quanto costava almeno il quadruplo del napalm americano.

Il più classico degli escamotage

Oswald però aveva già tra le mani un cliente straniero. La Birmania, dove dall’indipendenza del 1948 imperversava la guerra civile, ordinò “Opalm” per un migliaio di bombe, oltre a involucri e spolette che dovevano essere fabbricati da aziende svizzere partner di HOVAG. Quando nell’autunno del 1954 il Consiglio federale negò l’autorizzazione all’esportazione, Oswald decise di trasferire la produzione in Germania.

una persona versa del granulato in un bidone
Un barile viene riempito con del granulato di “Opalm”, 1952. Bundesarchiv

Qui a metà degli anni Cinquanta non vi era ancora una legge sull’esportazione di armamenti che disciplinasse la vendita all’estero delle armi incendiarie. Gli impianti di produzione di Ems vennero quindi smantellati e spostati a Karlsruhe. Il nuovo partner in affari tedesco, un commerciante di armi di nome Walter Heck, venne iniziato alla produzione secondo la “ricetta segreta” di HOVAG dal chimico svizzero che aveva sviluppato “Opalm”, giunto in Germania appositamente.

Venne messo in atto il più classico degli escamotage: la vendita era gestita dalla Svizzera, mentre l’arma incendiaria veniva prodotta all’estero e da lì spedita direttamente agli acquirenti. Sebbene fosse in contrasto con lo spirito della legislazione svizzera in materia di armamenti, questa prassi era legale dal 1951 – anno della relativa sentenza del Tribunale federale – a condizione che le armi non toccassero mai il suolo elvetico.

Nel contempo, Oswald trasferì la gestione degli affari legati a “Opalm” all’azienda PATVAG, di cui lui e i suoi fratelli erano proprietari. In questo modo i guadagni non finivano nelle casse di HOVAG, che aveva finanziato lo sviluppo di “Opalm” ed era sovvenzionata dallo Stato, bensì nelle tasche della famiglia Oswald.

Il Consiglio federale, che poco tempo prima aveva negato l’esportazione di “Opalm”, a questo punto autorizzò la consegna alla Birmania di migliaia di involucri di bombe fabbricati a Basilea. Per le spolette Erwin Widmer, direttore di PATVAG, utilizzò una dichiarazione fasulla molto in voga nell’industria degli armamenti: le spacciò per “contenitori di plastica”, con l’intenzione di spedirle in Pakistan dove un collaboratore stava preparando una dimostrazione di “Opalm” per l’esercito.

Un doganiere svizzero diffidente smascherò la truffa. Widmer però, i cui rapporti con l’Amministrazione federale erano eccellenti, presentò una seconda domanda di esportazione, questa volta corretta, che fu subito autorizzata.

Un dipendente di HOVAG era talmente indignato dall’accaduto che contattò Erwin Jaeckle, il caporedattore del quotidiano Die Tat. Non si limitò a informarlo della dichiarazione fasulla, ma sosteneva persino che la dichiarazione di origine delle spolette fosse contraffatta.

Ma Jaeckle, che era anche consigliere nazionale dell’Anello degli Indipendenti, evidentemente non aveva intenzione di inimicarsi Ems. Nel suo articolo omise i nomi e sollevò solo un paio di interrogativi sulle “spolette per bombe al napalm” oggetto delle dichiarazioni fasulle. Gli altri giornali, salvo due testate di sinistra, non citarono l’affare e le autorità si ripararono dietro il segreto d’ufficio.

Per la dichiarazione fasulla relativa alle spolette il direttore di PATVAG fu condannato semplicemente a un’irrisoria multa pecuniaria.

A Ems si continuava a lavorare scrupolosamente al miglioramento di “Opalm” e alla creazione di accessori che ne rendessero ancora più devastante l’effetto incendiario. Nel contempo, HOVAG si mise a caccia di clienti e, a partire dall’estate del 1955, cominciò a inviare campioni della propria merce alla NATO e a numerosi Paesi europei e del mondo arabo. Giordania, Siria ed Egitto acquistarono quantità sconosciute di “Opalm”. Durante la guerra civile yemenita (1962-1967) l’aviazione militare egiziana utilizzò queste armi per bombardare anche la popolazione civile inerme. Documenti della polizia e lettere da ambienti vicini a PATVAG fanno addirittura pensare che quest’ultima vendette una licenza all’esercito egiziano e che fosse coinvolta nella costruzione di un sito produttivo di “Opalm” nelle vicinanze del Cairo.

Un altro acquirente fu il movimento di liberazione algerino FNL, al quale Walter Heck – il partner tedesco di PATVAG – aveva fornito “Opalm” e lanciafiamme da lui spacciati per “attrezzi per la disinfestazione”. Nel 1961 Heck fu freddato per strada con colpi di arma da fuoco, stessa sorte toccata prima e dopo di lui a molti altri commercianti di armi tedeschi e svizzeri che avevano fatto affari con il FNL. Con fortissima probabilità gli artefici dell’attentato furono i servizi segreti francesi, disposti a tutto pur di impedire che i ribelli ricevessero armamenti in Algeria, allora colonia francese.

Opalm in Indonesia

Anche l’Indonesia figurava tra gli acquirenti. Nel 1957 HOVAG fece nuovamente domanda per farsi rilasciare dalla Svizzera un’autorizzazione all’esportazione, senza però ottenerla. Per questa ragione le operazioni furono portate a termine passando per la Germania, ma non vi sono prove che corroborino questa tesi. Dagli atti risulta invece che nel 1960 una delegazione indonesiana visitò il sito produttivo di Karlsruhe e acquistò 15 tonnellate di “Opalm”, con tanto di involucri di bombe.

Non fu l’ultimo ordine. Da uno scritto di PATVAG emerge infatti che quest’ultima avrebbe “a più riprese” rifornito l’Indonesia. Sono documentate consegne sufficienti per 3’500 bombe, sull’utilizzo delle quali però si sa poco o nulla. La Commissione per l’accettazione, la verità e la riconciliazione di Timor Est (CAVR), che documentò gli orrori di guerra durante l’occupazione indonesiana durata 24 anni, tuttavia non rinvenne solo il filmato propagandistico già citato in precedenza, bensì anche un documento dell’esercito indonesiano che elencava le caratteristiche di “Opalm” (p. es. la capacità di bruciare bersagli con temperature di +/- 1725 gradi centigradi per 15 minuti in un raggio di 600 metri). Un testimone oculare affermò che “le bombe bruciavano e carbonizzavano le persone in un batter d’occhio”.

Quando nel 2006 la Commissione pubblicò il rapporto finale, il Ministro della difesa indonesiano negò che a Timor Est fosse stato utilizzato il napalm e affermò: “All’epoca non eravamo nemmeno in grado di importare napalm, figuriamoci di fabbricarlo”. Le fonti contenute negli archivi tedeschi e svizzeri, che documentano la vendita di “Opalm” all’Indonesia, smentiscono le parole del Ministro indonesiano. Resta il fatto che l’Indonesia ad oggi non ha ancora firmato la convenzione che nel 1983 metteva al bando l’impiego di armi incendiarie contro la popolazione civile.

Traduzione dal tedesco di Stefano Zeni

Regula Bochsler: Nylon und Napalm. Geschichte der Emser Werke und ihres Gründers Werner Oswald. Erschienen bei Hier & Jetzt 2022.Collegamento esterno

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