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Note dolenti per l’economia ticinese

Lugano, la "locomotiva" economica ticinese (foto Internet) (source: www.dentalhygienists.ch/ kongress02.htm)

L’economia svizzera riparte, pur se timidamente, ma il Sud delle Alpi resta indietro e perde terreno rispetto alle agguerrite province italiane confinanti.

Il Ticino esce “spennacchiato” soprattutto dal confronto con l’economia transfrontaliera. Come uscirne? Le ricette non ci sono, o meglio, sono quelle di sempre: migliorare la qualità dei servizi e della formazione.

Non troppo bene, grazie

Ecco come sta il sud delle Alpi, paragonato alla situazione nazionale e alla realtà della confinante Italia. È il bilancio tracciato dall’Istituto Cantonale di Ricerche economiche durante una piattaforma di discussione, ConfronTi – alla prima edizione – sulla realtà cantonale.

La Svizzera è in ripresa, secondo il Segretariato di stato dell’economia, ma il quadro non è roseo. Ospite del Monte Verità di Ascona (una volta meta di anarchici e utopisti di tutta Europa…), l’analista Hansjörg Blöchliger ha spiegato in particolare che “nell’ultimo decennio la crescita della produttività in Svizzera è stata tra le peggiori dei Paesi Occidentali”.

Il prodotto interno lordo resta su livelli molto alti, ma ciò non è una contraddizione; significa che attualmente gli svizzeri sono “mediamente” ricchi, ma non crescono più.

Buoni voti a amministrazioni pubbliche, commerci e settore finanziario, cattive note per quanto riguarda i servizi alle imprese e il grado di formazione accademica, che si attesta sotto la media europea.

I punti forti? Le amministrazioni pubbliche, i commerci e il settore finanziario. Come si muove in questo contesto il Ticino, alla luce della concorrenza italiana?

Una competizione faticosa

“Il Ticino cresce meno”, ha confermato Siegfried Alberton, dell’Ire. Il fatto è che pur mantenendo un livello ancora elevato di produttività il Ticino è battuto in velocità.

È il fanalino di coda della regione Insubrica, la zona che si declina tra sud della Svizzera e nord dell’Italia. Solo il settore chimico/farmaceutico può dirsi competitivo; il resto arranca.

Il ramo finanziario, di vitale importanza per il Ticino, è sotto la pressione del polo milanese che, negli ultimi decenni è passato da un’economia prettamente industriale a una realtà di servizi e che da solo concentra il 30 per cento del prodotto interno lordo italiano.

Le regioni di confine sono così diventate dirette concorrenti della Svizzera italiana, dove il terziario rappresenta il 70 per cento dell’attività economica. La produttività oraria dei lavoratori, e questo è il problema centrale, è più bassa di 3-4 punti percentuali.

“Il Ticino deve reagire in modo attivo”, ha spiegato Marina Masoni, a capo del dipartimento finanze ed economia del Cantone. Non ci sono nuove ricette ma soluzioni già conosciute.

Secondo Siegrfried Alberton bisogna infatti investire nella formazione, dando nuovi impulsi ai servizi alle imprese. Il futuro del Ticino, insomma, passa dalla qualità: dei servizi e dell’istruzione.

swissinfo, Maddalena Guareschi, Lugano

A fronte di una timida ripresa economica della crescita nazionale, vi è un passato di stallo. Tra i Paesi dell’OCSE solo l’Ungheria e pochi altri sono cresciuti altrettanto lentamente.

A livello nazionale il Ticino è ancora in fase stagnante; negli ultimi 10 anni il reddito cantonale per abitante ha perso l’8 per cento rispetto al resto della Svizzera.

Negativo anche il confronto con le regioni italiane del nord, in continua crescita nel settore dei servizi. La soluzione? Migliorare il livello di formazione e investire nella qualità dei servizi.

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