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Nucleare iraniano: la diplomazia svizzera dietro le quinte

Il nucleare iraniano era già stato al centro delle discussioni il 30 marzo scorso a Ginevra in occasione della riunione della Conferenza sul disarmo dell'ONU Keystone

Dal 1981, la Svizzera rappresenta gli interessi statunitensi in Iran. Un ruolo che negli ultimi mesi è tornato in primo piano.

Teheran avrebbe chiesto a Berna di organizzare una conferenza internazionale per trovare una soluzione al dossier nucleare.

La crisi sul nucleare iraniano potrebbe presto riguardare molto più da vicino anche la Svizzera.

Il governo di Teheran, sospettato di volersi dotare dell’arma atomica, avrebbe infatti domandato alle autorità della Confederazione di organizzare una conferenza internazionale per trovare una via d’uscita nello spinoso dossier.

La notizia, riportata alcuni giorni fa dal giornale domenicale elvetico NZZ am Sonntag, è stata accolta con un laconico «no comment» dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e dalle autorità iraniane.

Relazioni privilegiate

Bocche cucite, quindi, sul fronte diplomatico. È un dato di fatto, però, che negli ultimi mesi le relazioni tra i due paesi hanno subito una brusca accelerazione.

Lo scorso 8 maggio, ad esempio, la «storica» lettera di 18 pagine indirizzata dal presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad al suo omologo statunitense George Bush è passata dalle mani dell’ambasciatore svizzero Philippe Welti.

La ragione di questa procedura è semplice: dal 1981, la Confederazione rappresenta gli interessi statunitensi in Iran. In sostanza, la Svizzera gestisce tutti gli affari consolari tra i due paesi. Washington e Teheran hanno infatti rotto le relazioni diplomatiche il 7 aprile del 1980, dopo la presa d’ostaggi all’ambasciata americana nella capitale iraniana, sulla scia della rivoluzione islamica del 1979.

Un mandato, quello esercitato dalla Svizzera, assai apprezzato. Recentemente in visita a Berna, il responsabile iraniano dei negoziati sul nucleare Ali Larijani aveva sottolineato che a più riprese in materia di questioni internazionali la Svizzera ha dato prova di una posizione «giusta ed equilibrata».

«La Svizzera gode di un’immagine estremamente positiva in Iran», dice a swissinfo Mohammad-Reza Djalili, professore all’Istituto di alti studi internazionali di Ginevra e specialista dell’Iran.

Svizzera disposta a fornire un aiuto

Un’immagine che è dovuta in parte alla politica dei buoni uffici della diplomazia elvetica, ma non solo. «Già in passato, prima della Rivoluzione, molti dei membri dell’élite iraniana – e lo stesso Scià – hanno studiato in Svizzera», spiega Djalili.

«Non mi sorprende perciò che Teheran abbia chiesto alla Svizzera di offrire una possibilità di negoziare sulla questione nucleare. Del resto, gli incontri informali tenutisi a Ginevra tra rappresentanti iraniani e dei paesi occidentali hanno creato una sorta di terreno favorevole».

Lo scorso giugno, il governo elvetico – rispondendo alla domanda di un parlamentare che chiedeva se non era il caso, viste le relazioni privilegiate con l’Iran, di «portare un contributo utile nel dossier nucleare» – aveva già indicato che «negli ultimi mesi la Svizzera era stata avvicinata dagli iraniani, desiderosi di conoscere la nostra opinione sulla controversia attuale concernente il loro dossier nucleare».

La ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey si era pure detta disposta, in incontri con il suo omologo iraniano Manouchehr Mottaki e il responsabile dei negoziati Ali Larijani, ad offrire l’aiuto della Svizzera per risolvere la questione nucleare.

Una conferenza nata morta?

La pressione sull’Iran però sta crescendo: Teheran deve infatti dare una risposta entro metà agosto all’offerta dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina) e della Germania, che chiedono all’Iran di rinunciare alle sue attività di arricchimento dell’uranio in cambio di alcune contropartite.

«Il governo iraniano cerca di far sì che il dossier esca ora dal quadro del Consiglio di sicurezza, tanto più che a mio avviso nelle ultime settimane le posizioni russa e cinese si sono avvicinate a quelle dei paesi occidentali», spiega Djalili.

In altre parole, Teheran è sempre più isolata ed è alla disperata ricerca dell’appoggio di altri paesi. Da qui l’idea di una conferenza internazionale, che secondo i desideri dell’Iran dovrebbe riunire non solo i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza e la Germania, ma anche altri Stati, come ad esempio il Pakistan, l’India o il Brasile.

«Secondo me Teheran però si illude: quando l’Assemblea generale dell’ONU ha deciso di inviare il dossier nucleare al Consiglio di sicurezza – osserva Djalili – solo tre paesi hanno votato contro (Siria, Cuba e Venezuela)».

Inoltre, difficilmente i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU vorranno dare il via a un lungo processo negoziale aperto anche ad altri paesi.

«Le condizioni politiche non sono riunite – conclude Mohammad-Reza Djalili – e non credo quindi che una simile conferenza sia, almeno per il momento, all’ordine del giorno».

swissinfo, Daniele Mariani

Oltre a rappresentare gli interessi statunitensi in Iran, la Svizzera ha altri tre incarichi simili: dal 1979 rappresenta gli interessi dell’Iran in Egitto, dal 1961 quelli degli Stati Uniti a Cuba e dal 1991 quelli di Cuba negli Stati Uniti.

Il primo mandato della Svizzera in qualità di «potenza protettrice», questo il termine diplomatico, risale al 1870. La Confederazione rappresentò gli interessi del Regno di Baviera e del Granducato di Baden in Francia durante la guerra franco-prussiana del 1870/1871.

Durante la Seconda guerra mondiale, sono stati 35 gli Stati che si sono rivolti alla Svizzera per rappresentare i loro interessi e dal 1945 i mandati di questo tipo sono stati una settantina.

L’Iran ha aperto un’ambasciata a Berna nel 1917
Nel 1919 la Svizzera ha aperto a sua volta un consolato generale a Teheran
Nel 2005 in Iran vivevano 187 cittadini svizzeri
A fine 2004 in Svizzera vivevano 3’801 cittadini iraniani

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