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Politica energetica: Svizzera pecora nera?

L'Austria, paese alpino simile alla Svizzera, produce quasi 30 miliardi di KWh da energie rinnovabili (biomassa e solare); la Svizzera solo 6 miliardi Keystone

L'Agenzia solare svizzera suona un campanello d'allarme: mentre l'Europa punta sulle energie rinnovabili, la Svizzera marcia sul posto.

Dopo 25 anni di politica energetica, la Svizzera rimane un paese europeo in via di sviluppo: l’Europa copia e utilizza tecnologie energetiche svizzere che sono invece combattute nel nostro paese.

Questa è la tesi sostenuta venerdì a Zurigo da Gallus Cadonau, direttore dell’Agenzia solare svizzera (Ass), in occasione del Prix Solaire Suisse 2002/2003. L’occasione è stata colta dall’Ass per fare un’analisi retrospettiva critica della politica energetica svizzera, mettendola a confronto di quella europea con l’aiuto di specialisti venuti da Berlino, da Bruxelles, da Barcellona e dal Vorarlberg (Austria).

Per decenni, ha detto Cadonau, “i rapporti sull’energia non hanno fatto altro che parlare della sicurezza al 95 per cento del rifornimento di corrente da parte dell’industria dell’elettricità e delle centrali nucleari. Oggi dobbiamo constatare che nessun altro paese d’Europa è così dipendente dall’estero come la Svizzera, che importa l’85 per cento del suo fabbisogno e nel contempo registra perdite energetiche del 60 per cento”.

In effetti, i dati più recenti parlano chiaro: l’Unione Europea ha coperto autonomamente nel 2000 il 50 per cento del proprio bisogno globale d’energia e conta di raddoppiare entro il 2010 l’utilizzazione di energie rinnovabili. La Svizzera invece importa 12 milioni di tonnellate di petrolio all’anno e lascia ammuffire 5 milioni di metri cubi di legname indigeno. L’energia prodotta in Svizzera è scesa dal 35 per cento del fabbisogno nel 1950 al 15 per cento di oggi, il che significa una dipendenza energetica dall’estero dell’85 per cento.

Inoltre, malgrado un articolo della Costituzione federale, votato dal popolo nel 1990, imponga una “utilizzazione più efficace dell’energia e la promozione delle energie rinnovabili”, le perdite di energia primaria e d’impiego ammontano da 25 anni sempre al 58,5 per cento. “Queste perdite” – ha sottolineato Cadonau – “costano circa 1’700 franchi, sui 3’000 franchi in media che ogni abitante spende annualmente per pagare l’energia”.

Tutto questo succede perché, secondo Cadonau, “mentre i paesi europei copiano e utilizzano le tecnologie energetiche svizzere, queste sono combattute nel nostro paese, come fa il Vorort, nell’interesse dei paesi esportatori di petrolio. In effetti, le energie non rinnovabili sono privilegiate e sovvenzionate a colpi di miliardi, con il risultato che la Svizzera è diventata un paese in via di sviluppo in materia energetica”.

A sostegno di questa considerazione, Cadonau ha citato i 557 milioni di franchi sborsati dalla Confederazione per risarcire le centrali atomiche di Kaiseraugst e di Graben: “Se l’Ufficio federale dell’energia avesse potuto investire questi mezzi nelle energie rinnovabili, almeno 250’000 famiglie svizzere potrebbero far funzionare le loro abitazioni al 50 per cento con energia solare o prodotta con legna indigena, e sarebbero al 50 per cento meno dipendenti dall’estero”.

Gli esperti intervenuti dall’estero hanno mostrato come l’Unione europea conta di raddoppiare entro il 2010 le energie rinnovabili. Nella regione del Vorarlberg, già il 60 per cento degli edifici corrisponde allo standard “sinergia”. L’Austria dispone oggi (senza le centrali idroelettriche) di quasi 30 miliardi di kWh di energie rinnovabili (biomassa e solare). Al confronto, la Svizzera ne produce circa 6 miliardi.

Negli ultimi anni l’Austria ha costruito in media quattro volte più collettori solari che la Svizzera. Barcellona prescrive che per ogni nuovo edificio il 60 per cento dell’acqua calda dev’essere prodotto con energia solare. E la Francia installerà nei prossimi 8 anni centrali eoliche che produrranno 300 volte più di tutte le centrali atomiche svizzera.

Silvano De Pietro

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