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Berna non esclude sanzioni contro il Ciad

Il PC9 fornito dalla ditta svizzera Pilatus alle autorità del Ciad Keystone

Le autorità del Ciad hanno impiegato per operazioni militari un Pilatus PC-9 d'addestramento, comperato nel 2006 alla Svizzera. Lo ha confermato venerdì il governo elvetico.

In seguito a questa violazione degli accordi conclusi al momento della vendita, il Consiglio federale sta ventilando la possibilità di adottare delle sanzioni nei confronti del paese africano.

Il governo svizzero ha incaricato venerdì i Dipartimenti dell’economia (DFE) e degli affari esteri (DFAE) di valutare le possibili sanzioni contro il Ciad per l’abuso a fini militari di un velivolo d’addestramento Pilatus PC-9.

Il Consiglio federale ha infatti confermato che “l’aereo è stato utilizzato regolarmente durante i combattimenti nelle regioni di confine tra Ciad e Sudan”. Il velivolo fornito dalla ditta Pilatus di Stans nel 2006 non era armato ed era previsto esclusivamente per l’addestramento.

L’impiego a scopi bellici – afferma il governo – costituisce una chiara violazione degli impegni presi. Il governo ciadiano aveva infatti garantito di utilizzare l’apparecchio unicamente a scopi di addestramento e di non riesportarlo.

Prove concrete

ll Ciad ha finora contestato la posizione della Svizzera circa l’armamento e l’impiego del PC-9 a scopi bellici.

In una nota pubblicata venerdì, la Segreteria di stato dell’economia (SECO) rileva invece che “sono state presentate prove concrete” dell’utilizzo in Ciad del PC-9 per operazioni militari e “dunque della violazione delle dichiarazioni di utilizzazione finale sottoscritte” dal paese africano.

Lo scorso 17 gennaio, la SECO aveva soltanto confermato che su un velivolo d’addestramento di tipo Pilatus PC-9 fornito al Ciad sono stati installati congegni di sospensione necessari per l’armamento e che probabilmente l’apparecchio è stato armato.

Dieci giorni prima, era stata l’agenzia stampa francese Afp a parlare di un Pilatus usato dall’aeronautica di N’Djamena per bombardare i ribelli ciadiani nel Darfour. E il 15 gennaio la televisione svizzero-tedesca aveva mostrato una foto di un Pilatus dell’aviazione ciadiana, armato di due cannoni di 20 millimetri.

No all’iniziativa sull’esportazione di materiale bellico

Sempre venerdì, il Consiglio federale si è detto inoltre pronto a precisare i criteri d’autorizzazione per le richieste d’esportazione di materiale bellico. Il governo respinge tuttavia l’iniziativa popolare “Per il divieto di esportare materiale bellico”, lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE).

Depositata con 109’224 firme valide, l’iniziativa popolare vuole impedire l’esportazione e il transito attraverso la Svizzera di materiale bellico, comprese le tecnologie che possono servire alla sua produzione.

Rientrerebbero nel divieto anche i simulatori, gli aerei d’addestramento militare come i Pilatus, come pure le armi di piccolo calibro e le relative munizioni. Tra le rare eccezioni figurano gli strumenti di sminamento umanitario, nonché le armi per lo sport e la caccia, sempre che le stesse non possano essere usate quali armi da combattimento.

Conseguenze economiche

Secondo il governo, se l’iniziativa dovesse riuscire, per dieci anni la Confederazione dovrebbe sostenere le regioni interne del paese colpite dal divieto d’esportazione. Le aziende d’armamento dovrebbero essere trasformate in imprese civili. Particolarmente colpiti sarebbero l’Oberland bernese e le località di Emmen (canton Lucerna), Stans (Nidvaldo) e Kreuzlingen (Turgovia).

Il Consiglio federale ritiene che il rispetto dei diritti umani e la promozione della sicurezza e della pace nel mondo siano gli elementi centrali della politica estera della Svizzera. Tuttavia, secondo il governo non bisogna trascurare gli aspetti economici (posti di lavoro, tecnologie di punta, ricerca) legati all’industria dell’armamento.

Respingendo l’iniziativa, il Consiglio federale ha però nel contempo incaricato il DFE di presentargli un progetto di revisione dell’ordinanza sul materiale di guerra. Precisando i criteri di autorizzazione per le domande d’esportazione di materiale militare, il governo ritiene che si possa contribuire a evitare in futuro casi d’esportazione controversi.

swissinfo e agenzie

Il Ciad figura tra i paesi prioritari della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC).

Ogni anno, quest’organismo del Dipartimento federale degli affari esteri impiega circa 15 milioni di franchi per la cooperazione nel paese africano.

Circa 4 milioni sono destinati ai rifugiati del Darfur che si trovano nel Ciad.

Depositata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), l’iniziativa popolare “Per il divieto di esportare materiale bellico” vuole impedire l’esportazione e il transito attraverso la Svizzera di materiale militare, come pure di tecnologie che possono servire alla sua produzione.

Il governo svizzero propone di respingere questa iniziativa, considerandola troppo radicale. Secondo il Consiglio federale, le disposizioni attuali sulle esportazioni di materiale bellico sono sufficienti, ma vanno precisate ulteriormente per evitare nuovi casi controversi.

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