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Cambia il mondo, cambia l’esercito

La difesa del territorio in senso tradizionale avrà sempre meno importanza Keystone

Invasione nemica? Storia passata, oggi le minacce si chiamano terrorismo, catastrofi naturali, attacchi informatici. E la struttura dell'esercito si adegua.

Entro la fine del 2006, il Dipartimento federale della difesa intende ottenere l’avallo parlamentare alla revisione dell’Ordinanza sull’organizzazione dell’esercito.

«A cosa serve?» è una domanda che l’esercito deve porsi spesso. Dopo secoli passati a preparare la risposta ad un’invasione nemica ci si è accorti che i rischi oggi vengono da un’altra parte. La riforma Esercito XXI era ancora in fase di preparazione che già gli attacchi del 2001 alle torri gemelle di New York e del 2003 alle stazioni di Madrid cambiavano le carte in tavola dando alle minacce del terrorismo più peso di quanto non ne avessero prima.

Nel 2005, appena un anno dopo l’attuazione della riforma, il Consiglio federale ha approvato la fase di sviluppo 2008/2011 dell’esercito. Si tratta, in sostanza, di adeguare le priorità delle forze armate alle nuove minacce.

Modifica

Per raggiungere questi obiettivi è necessario modificare l’Ordinanza dell’Assemblea federale sulla struttura dell’esercito (OEs). Il Dipartimento della difesa (DDPS) ha già pronto il progetto e a marzo è stata portata a termine un’indagine conoscitiva volta a sondare le reazioni degli ambienti interessati.

«Non abbiamo ancora l’analisi nel dettaglio dei risultati», dice a swissinfo Felix Endrich, portavoce dell’esercito, «ma il tenore è positivo». Al DDPS sono quindi fiduciosi: entro la fine del 2006, il parlamento dovrebbe dare il suo benestare al testo della nuova OEs che prevede una riduzione delle brigate da 9 a 8 e che non distingue più tra brigate di fanteria, brigate di fanteria di montagna e brigate blindate.

In questo modo, resta un certo spazio d’azione che dovrebbe permettere all’esercito di assumere rapidamente l’organizzazione più adatta ad affrontare i nuovi rischi.

Minaccia militare classica poco probabile

«Le minacce moderne sono asimmetriche», spiega Felix Endrich. «Siamo confrontati al terrorismo, alla criminalità organizzata…» Oggi il rischio di eventi come la Seconda guerra mondiale è ridotto. «Per questo abbiamo deciso di concentrarci sui compiti di sicurezza – sorveglianza di oggetti, edifici, spazi chiave ecc. – e di ridurre i mezzi per la difesa del territorio in senso classico».

Questo passo è stato dettato anche dal programma di risparmio del parlamento che ha ridotto il budget militare da 4,3 miliardi di franchi l’anno a 3,85 miliardi.

La scelta di concentrarsi sulla fanteria e di ridurre al minimo gli effettivi per la difesa classica, afferma Endrich, permetterà comunque di «mantenere il know how per formare delle truppe in caso di necessità. La minaccia di una guerra classica si delinea all’orizzonte con 7-10 anni d’anticipo», c’è quindi il tempo per prepararsi al suo arrivo.

Terrorismo

Non è così invece per quanto riguarda il terrorismo – una minaccia che stando al rapporto è più seria di quanto ritenuto fin qui, anche se la Svizzera continua a non essere «un obiettivo primario del terrorismo internazionale».

Tra gli altri pericoli analizzati nel rapporto pubblicato per la revisione della OEs, le catastrofi naturali e tecnologiche occupano un posto di primo piano. In questi casi, che rappresentano «un rischio costante», l’esercito è chiamato a dare man forte alle istituzioni civili.

Oltre alle conseguenze per la Svizzera di eventuali conflitti in Europa e nel resto del mondo, il rapporto parla anche di due rischi che «sono aumentati e continueranno ad aumentare»: la guerra dell’informazione (minacce all’infrastruttura informatica e di comunicazione) e la proliferazione di armi di distruzione di massa.

Non tutti però condividono l’analisi del Dipartimento della difesa e c’è chi non crede alla capacità dell’esercito di «rigenerarsi» in tempo utile in caso di necessità.

Spauracchio

Molto criticato alla fine degli anni Ottanta – erano in tanti a non vederne più l’utilità – con le riforme l’esercito è riuscito a riguadagnare un po’ di terreno. Ma il nuovo orientamento – compiti di sicurezza all’interno del paese, missioni di pace all’estero e diminuzione degli armamenti pesanti – non ha fatto cambiare idea al Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE).

Per Andreas Weibel, segretario del GSsE, il nuovo rapporto conferma che «il Dipartimento della difesa continua a non volersi liberare definitivamente da una concezione dei rischi legata alla Guerra fredda».

«Lo smantellamento delle truppe per la difesa tradizionale del territorio non si spinge sufficientemente in là», spiega Weibel a swissinfo. Il GSsE è convinto che i compiti assunti dall’esercito all’interno del paese non portino un contributo decisivo alla sicurezza.

«Il terrorismo non si può combattere militarmente. Lo sa anche il DDPS. Ma lo spauracchio del terrorismo è l’unica legittimazione rimasta per chiedere di anno in anno nuovi fondi per il programma d’armamento».

swissinfo, Doris Lucini

Le principali modifiche proposte per l’OEs riguardano l’articolo 6, dedicato alla struttura dell’esercito.
Oltre ai vari Stati maggiori, sono previste 6 brigate delle Forze terrestri, 2 brigate della riserva delle Forze terrestri, una brigata logistica e una brigata d’aiuto alla condotta.
Le brigate delle Forze terrestri non sono più specificate, mentre nell’OEs in vigore si parla di 4 brigate di fanteria, 3 brigate di fanteria di montagna e 2 brigate blindate.

La riforma «Esercito XXI», approvata dal popolo il 18/5/2003 con il 76% dei voti, è partita il primo gennaio 2004. I compiti dell’esercito sono stati riformulati. Prevedono difesa e protezione del territorio, intervento sussidiario nella gestione dei pericoli esistenziali e collaborazione a missioni di pace.

Dagli anni Sessanta ad oggi gli effettivi sono passati da più del 10 a meno del 3% della popolazione. Esercito XXI può mobilitare 220’000 soldati (140’000 attivi e 80’000 riservisti). Il principio di milizia è stato conservato. Rispetto al passato, c’è ora un capo delle forze armate in tempo di pace.

Almeno in parte, le riforme sono una conseguenza delle critiche rivolte all’esercito. Tra gli episodi che hanno caratterizzato il dibattito pubblico c’è l’iniziativa del Gruppo per una Svizzera senza esercito, che nel 1989 ha ottenuto il 35,6% di sì all’abolizione delle forze armate.

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