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E dopo l’Austria, tocca alla Finlandia…

La ministra austriaca Plassnik (a sinistra) ed il cancelliere Schuessel (al centro) a fianco del presidente della Commissione europea Barroso Keystone

L'Austria, che ha appena terminato il suo semestre di presidenza europea, aveva promesso il suo sostegno alla Svizzera per accelerare la ratifica dei bilaterali bis. Con quali risultati?

Qualcosa si è effettivamente mosso, ma molto resta da fare. Ad esempio l’Unione europea deve ancora ratificare l’accordo bilaterale su Schengen. Ed ora palla e presidenza passano alla Finlandia.

In gennaio, il presidente della Confederazione Moritz Leuenberger e la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey si erano recati a Vienna per una missione ormai tradizionale: la visita al presidente di turno dell’UE all’inizio del suo semestre alla guida dei Venticinque.

I due consiglieri federali avevano ottenuto le classiche risposte concilianti dai toni altrettanto tradizionali. “Faremo il possibile per accelerare la ratifica del secondo pacchetto di bilaterali”, si erano sentiti ripetere dalle autorità austriache.

Il fatto che questa volta toccasse proprio all’Austria, paese per molti aspetti simile alla Svizzera e perciò in grado di capire le sue esigenze, aveva alimentato le speranze di Berna.

L’obiettivo svizzero era la ratifica di tutti gli accordi entro fine marzo 2006, in modo da poterne assicurare l’entrata in vigore più rapida possibile.

Sei mesi dopo i risultati si rivelano tuttavia perlomeno incompleti: l’UE non ha ancora nemmeno ratificato l’accordo riguardante Schengen/Dublino e quello sulla frode fiscale.

Burocrazia?

“Per spiegare questi ritardi ci sono due interpretazioni”, dice a swissinfo René Schwok, politologo presso l’Istituto europeo di Ginevra.

“Da un lato potrebbe trattarsi di lungaggini amministrative. Dall’altro si potrebbe pensare che l’UE prenda tempo in attesa che si chiarisca il destino del miliardo che la Svizzera dovrebbe versare al Fondo di coesione europeo”.

Il fatto che tra i dossier incagliati figuri pure quello sulla frode fiscale, fortemente voluto dall’Unione, sembra tuttavia far prevalere l’ipotesi dei ritardi burocratici. Almeno in parte.

Passi in avanti

Nel semestre appena trascorso, si sono comunque compiuti alcuni significativi passi in avanti.

Sono ad esempio entrati in vigore gli accordi riguardanti la partecipazione svizzera all’Agenzia europea dell’ambiente o quello sulla cooperazione in materia di cinema. La libera circolazione delle persone è inoltre stata estesa ai 10 nuovi Stati dell’UE.

Grazie ad un compromesso presentato proprio dall’Austria, in febbraio è poi stata risolta una disputa interna all’UE che rischiava di pesare sulle relazioni con la Svizzera: la ripartizione tra i diversi Stati del contributo svizzero alla coesione europea.

“Un’armata messicana”

Questi progressi sembrano tuttavia molto più dovuti ad una normale dinamica politica piuttosto che a particolari impulsi austriaci. L’Unione europea è un’entità sempre più complessa. È dunque difficile capire fin dove i singoli Stati possano concretamente influenzare priorità e agenda dei Venticinque.

“La presidenza ha comunque un suo impatto. Dirige le sedute e definisce l’ordine del giorno, anche se poi, chiaramente, tutti partecipano alle discussioni”, rileva Stephan Schmid, portavoce dell’Ufficio federale dell’integrazione.

Da parte sua, René Schwok sottolinea come “l’UE assomiglia sempre più ad un’armata messicana: piena zeppa di generali e comandanti. Il sistema è così complesso che, anche disponendo della migliore volontà, è difficile per un solo Stato avere molta influenza”.

In attesa del referendum

Imperterrita, semestre dopo semestre, la Svizzera continua tuttavia a render visita al presidente di turno dell’UE, invitandolo a prestare attenzione alle relazioni con la Confederazione. A metà luglio Leuenberger e Calmy-Rey si recheranno dunque …in Finlandia.

Queste visite hanno ancora senso? “Credo di sì”, risponde Schwok. “È molto facile perdersi nei meandri della burocrazia di Bruxelles. Farsi conoscere, dare qualche impulso e aggirare dall’alto la lentezza del sistema può effettivamente aiutare ad accelerare le cose”.

Secondo il politologo, gli effetti positivi di questi contatti diretti si sono visti nelle fasi negoziali. “Di fronte ad un blocco, i ministri svizzeri rendevano visita ai loro amici nei paesi vicini. E, spesso, le discussioni ripartivano”.

Per quel che riguarda la lunga attesa in vista della ratifica europea di Schengen, le cose potrebbero però essere più complicate. Molti ritengono che l’UE abbia congelato volontariamente il dossier in attesa del probabile referendum contro il contributo della Svizzera al Fondo di coesione europeo.

Se il referendum riuscisse, il popolo svizzero voterebbe già in novembre 2006. Si tratterebbe dell’ennesima votazione importante nel processo d’avvicinamento all’Europa. “Ma in questo caso, è chiaro che non saranno i finlandesi ad aiutarci…”, conclude Stephan Schmid.

swissinfo, Marzio Pescia

Cinque accordi (nel dettaglio: prodotti agricoli trasformati, ambiente, media, pensioni e fiscalità) del secondo pacchetto di bilaterali sono già in vigore.
L’accordo sulle statistiche sarà applicato ad inizio 2007.
Due restano pendenti: l’adesione svizzera ai trattati di Schengen e Dublino e l’accordo sulla frode fiscale.

Dopo il rifiuto del popolo elvetico all’adesione allo Spazio economico europeo nel 1992, il governo svizzero ha optato per la via degli accordi bilaterali con l’UE.

Nel maggio del 2000, il primo pacchetto di accordi settoriali è stato approvato dai due terzi dei votanti.

I negoziati sul secondo pacchetto sono iniziati nel luglio 2001. La loro firma è giunta nell’ottobre 2004.

L’adesione ai trattati di Schengen e Dublino, contro la quale era stato lanciato un referendum, è stata approvata dagli svizzeri nel giugno 2005.

Questi ultimi accordi, così come quello sulla frode fiscale, devono tuttavia ancora essere ratificati dall’UE.

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