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Nuova battaglia per il futuro europeo della Svizzera

Svizzera-Ue: il dibattito si infiamma di nuovo Keystone

Per la ministra svizzera degli affari esteri Micheline Calmy-Rey è sbagliato legare la vertenza fiscale con l'Unione europea (Ue) al dossier della libera circolazione delle persone.

Dopo aver reclamato l’apertura di un nuovo round negoziale con Bruxelles, la ministra ha criticato domenica la posizione del leader della destra nazionalista Christoph Blocher.

Dopo un periodo di allentamento, si ripropone il braccio di ferro circa la strategia della Confederazione nei confronti dell’Ue. A suon di interviste a quotidiani e domenicali, gli attori della politica svizzera illustrano le rispettive opinioni.

Alle ripetute e vigorose minacce di Christoph Blocher e del suo partito – l’Unione democratica di centro (Udc) – di lanciare un referendum contro l’estensione della libera circolazione delle persone alla Romania e alla Bulgaria. La ministra degli affari esteri ha replicato con una messa in guardia sulle disastrose conseguenze che, a suo avviso, ciò potrebbe avere sull’economia elvetica.

Agire per preservare la piazza economica svizzera

“Non possiamo semplicemente non fare nulla”, ha dichiarato Micheline Calmy-Rey in un’intervista alla “NZZ am Sonntag”. L’Ue si sviluppa in permanenza, mentre gli accordi bilaterali sono statici, prosegue la responsabile della diplomazia elvetica. La priorità principale è la sicurezza degli accordi vigenti. Questi garantiscono agli imprenditori svizzeri un accesso privilegiato al mercato europeo.

“E una – forse l’unica – possibilità di salvaguardare quanto acquisito con i bilaterali, risiede oggi nell’apertura di negoziati su nuovi dossier”, ha sottolineato la ministra degli affari esteri, ribadendo gli argomenti che giovedì scorso ha esposto ai rappresentanti dei Cantoni, nel corso di un seminario a Interlaken e riportati l’indomani dal quotidiano romando “Le Temps”.

Micheline Calmy-Rey propone che Berna concluda anche un accordo quadro con Bruxelles. “Il nostro obiettivo dev’essere di rendere più efficienti le nostre relazioni bilaterali con l’Ue. A tal fine potrebbe essere utile un accordo quadro”.

Referendum molto rischioso, secondo Calmy-Rey

La via bilaterale, comunque, potrebbe ancora funzionare soltanto a condizione di proseguire il processo della libera circolazione delle persone. Un referendum contro l’estensione comporterebbe rischi molto elevati, ha avvertito la Calmy-Rey, riferendosi alle minacce di lanciarlo da parte del suo ex collega di governo Christoph Blocher.

Se dalle urne scaturisse un no, gli accordi bilaterali vigenti sarebbero rimessi in causa e ciò “arrecherebbe grossi danni all’economia svizzera”, afferma la ministra socialista, secondo la quale l’accordo sulla libera circolazione è “una condizione chiave della nostra crescita economica, del mantenimento e della creazione di posti di lavoro”.

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Referendum

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Un accordo “senza importanza”, secondo Blocher

Un parere contestato da Blocher, il quale in interviste alla stessa “NZZ am Sonntag” e al “Sonntagsblick” ha dichiarato che l’accordo sulla libera circolazione delle persone non riveste una “grande importanza” per la Svizzera. “Riceviamo forze di lavoro estere sufficienti anche senza libera circolazione”, ha detto l’ex ministro di giustizia e polizia.

Il tribuno Udc ha quindi ripetuto che il suo partito lancerà il referendum contro l’estensione della libera circolazione se le “ingerenze” dell’Unione europea nel sistema fiscale svizzero non cesseranno immediatamente. Blocher ha osservato che “non ci sarà alcun accordo finché l’Ue non accetterà la sovranità della Svizzera in materia fiscale”.

Il legame stabilito da Blocher e dall’Udc tra fiscalità e libera circolazione ha fatto reagire anche il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz. Il liberale radicale, in un’intervista alla “SonntagsZeitung”, denuncia il carattere “perverso” di questa manovra. Con questa tattica, Blocher raggiunge il suo vero fine: impedire negoziati tra Berna e Bruxelles sulla fiscalità, afferma il tesoriere della Confederazione.

Urgente trovare una soluzione, per Bruxelles

I vantaggi fiscali concessi alle aziende da alcuni cantoni svizzeri hanno creato una profonda divergenza fra la Svizzera e l’Ue. La Confederazione non intende negoziare. Fra le parti sono però state avviate discussioni “tecniche”. Una riunione in proposito è in calendario mercoledì prossimo a Bruxelles.

In vista dell’incontro, l’ambasciatore europeo a Berna Michael Reiterer invita la Svizzera a trovare una soluzione a questo spinoso problema. “È urgente”, ha sottolineato in un’intervista al settimanale “Sonntag”, spiegando che Bruxelles presenterà proposte concrete mercoledì prossimo. Il diplomatico ricorda che all’interno dell’Unione sono stati risolti i problemi legati alla fiscalità dell’Irlanda e del Lussemburgo.

Dalle pagine della “Neue Luzerner Zeitung”, l’ambasciatore aveva già avvertito venerdì scorso che una bocciatura in votazione popolare dell’estensione della libera circolazione ai due nuovi Stati dell’Ue potrebbe rendere nullo tutto il pacchetto degli accordi bilaterali I.

swissinfo e agenzie

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La libera circolazione delle persone fa parte del primo pacchetto di accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e l’UE, approvato in votazione popolare.

L’accordo è entrato in vigore il 1° giugno 2002 con i quindici «primi» stati dell’Unione europea.

Nel settembre del 2005 il popolo svizzero ha accettato di estendere l’accordo ai nuovi dieci membri dell’UE (Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica ceca, Malta e Cipro), entrati nell’UE il 1° maggio 2004.

L’estensione dell’accordo alla Romania e alla Bulgaria, che sono entrate nell’Unione europea il 1° gennaio 2007, è ancora in fase di discussione.

L’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE scade il 1° gennaio 2009. L’Unione europea lo prorogherà tacitamente. In Svizzera, il prolungamento sarà sancito da un decreto federale, contro il quale sarà possibile lanciare un referendum.

Settembre 2005: la Commissione europea scrive una lettera di protesta a Berna riguardo le pratiche fiscali in vigore nei cantoni di Svitto e Zugo.

Luglio 2006: il presidente della Commissione, José Manuel Barroso afferma che i vantaggi fiscali violano le regole del mercato interno dell’UE.

Novembre 2006: il direttore generale delle relazioni esterne dell’UE minaccia d’inviare a tutti gli Stati membri un documento nel quale si esige dalla Svizzera il rispetto delle regole in vigore nell’Unione europea.

Aprile 2007: il ministro delle finanze Hans-Rudolf-Merz propone una riforma fiscale incentrata sulla diminuzione delle imposte sugli utili.

14 maggio 2007: il Consiglio dei ministri dell’Unione Europea conferisce alla Commissione un mandato ufficiale per negoziare con la Confederazione.

16 maggio 2007: il governo svizzero reagisce, accettando di dialogare, ma non di negoziare.

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