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Segnale forte dell’ONU per la Libia

Sostenitori del "fratello leader" Gheddafi durante una manifestazione a Tripoli mercoledì. Keystone

A causa della repressione esercitata da Muammar Gheddafi, l'Assemblea generale dell'ONU ha deciso all'unanimità di sospendere la Libia dal Consiglio dei diritti umani. Il leader libico ha promesso migliaia di morti in caso di un intervento occidentale.

Martedì, a New York, la Libia è stata esclusa dal Consiglio dei diritti umani. I 192 membri dell’Assemblea generale dell’ONU non hanno nemmeno dovuto votare.  La richiesta di una «misura decisiva» contro Gheddafi proposta dal segretario generale Ban Ki-moon è stata accolta all’unanimità.

Mercoledì Gheddafi ha promesso di combattere «Fino all’ultimo uomo e all’ultima donna», dopo aver richiesto all’ONU di svolgere un’inchiesta sulle rivolte in Libia. Il «fratello leader» ha poi aggiunto che i suoi compatrioti moriranno a migliaia se l’occidente dovesse intervenire militarmente e che lui non lascerà mai la Libia.

  
Mentre l’aviazione aerea e le truppe fedeli al colonnello Gheddafi stanno conducendo una contro offensiva nell’est del paese, il portavoce della Lega libica dei diritti umani Ali Zeidan ha affermato mercoledì a Parigi che la repressione ha finora mietuto 6000 vittime di cui 3000 unicamente nella città di Tripoli.

La situazione è stata definita «catastrofica» dal segretario della Lega araba Amr Moussa. Al punto tale che il porta voce dell’opposizione libica si dice favorevole alle sanzioni dell’ONU per i mercenari pro Gheddafi.

Blocco arabo meno unito

Julie de Rivero sottolinea che la decisione dell’Assemblea generale costituisce un test «che ha permesso di mostrare tutto il potenziale del Consiglio stesso».

Human Rights Watch è stato tra i primi gruppi che si sono impegnati per ristabilire la situazione dopo l’elezione della Libia tra i 47 membri del Consiglio nel maggio 2010. Una decisione che aveva inorridito i difensori dei diritti umani.

Samantha Besson, professoressa di diritto internazionale pubblico all’Università di Friburgo,  approva soprattutto «gli importanti sforzi profusi da oltre un anno dalle ONG che hanno anche svolto un ruolo importante a livello diplomatico con i paesi arabi. Tanto che il blocco arabo era meno compatto rispetto al solito».

Gli stati non sono più protetti

«Nel contesto geopolitico del Consiglio, una discussione di questo tipo e il risultato ottenuto non sarebbero stati possibili qualche mese fa. Gli stati che si sono serviti di un’elezione al Consiglio per difendere gli interessi politici e nazionali sfuggendo alle condanne, non sono ormai più al riparo», spiega dal canto suo Vincent Chetail, professore sostituto di diritto internazionale pubblico presso l’Istituto universitario degli alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra.

Un’altra novità, sottolinea  il giurista, è il carattere unanime della decisione: «Ci sono state le abituali riserve da parte del Venezuela, ma si tratta del solito trio Cuba-Cina-Venezuela [a cui si aggiunge a volte l’Iran e ovviamente la Libia] spesso disposto a bloccare qualsiasi cambiamento nel Consiglio dei diritti umani».

Il re Gheddafi è nudo 

Il perché del cambiamento di opinione? «Questi paesi non possono sempre mettersi contro il mondo intero.  A un certo punto la situazione diventa insostenibile. Anche perché l’organismo regionale, la Lega araba, è favorevole alla sospensione della Libia».

 

Vincent Chetail ritiene che il «mutamento repertino quasi culturale» del Consiglio dei diritti umani è in primo luogo riconducibile all’attitudine responsabile della Lega araba. «La Lega, ovvero gli stati arabi, ha dimostrato un senso della storia che ha sorpreso molte delegazioni occidentali. Ha percepito il messaggio dei popoli arabi in rivolta mentre in genere non era l’organismo più aperto alle aspirazioni popolari. Questa presa di coscienza è ancora più coraggiosa perché è stata proclamata a voce alta».
 
Emerge inoltre un fattore congiunturale legato alla «situazione drammatica in Libia con la fuga in avanti e il comportamento irrazionale di Gheddafi». In altre parole, il regno di 40 anni del dittatore che è riuscito da tempo a «manipolare ideali quali l’unità africana o il panarabismo e a beffeggiare il suo mondo» si è concluso. Il re è nudo.

«Un effetto di circostanza»

«Inoltre, la risoluzione del 1970 del Consiglio di sicurezza dell’ONU sulle sanzioni verso la Libia ha probabilmente facilitato le cose. L’Assemblea generale si è sentita più libera nella sua decisione», continua Vincent Chetail.

«È sbagliato rallegrarsi troppo in fretta di un cambiamento di rotta del Consiglio o di una riconquista d’influenza. Si tratta della convergenza di fattori e di circostanze straordinarie e non credo che questo porterà a conseguenze sulle posizione del Consiglio nei confronti di altri stati membri in futuro», continua Samantha Besson.

Fine del blocco?

Anche Vincent Chetail si mostra prudente. «Il Consiglio dei diritti umani è nato dalla volontà di mettere un freno alla stigmatizzazione degli stati cercando contemporaneamente di responsabilizzarli. Ricordo che l’elezione della Libia alla presidenza della Commissione dei diritti umani nel 2003 aveva sollevato una levata di scudi generale. Si tratta dunque della fine del blocco su questo dossier libico».

«Nonostante la decisione forte, simbolicamente e politicamente non parlerei di un cambiamento radicale avviato dalla sospensione libica. Ovviamente si tratta di una decisione storica e cruciale che va nella direzione giusta. I blocchi regionali rimangono comunque molto forti e non è sicuro che le riforme verranno accelerate», conclude il professore ginevrino.

Il Consiglio potrebbe però rifiutare con più facilità di eleggere un membro il cui bilancio in materia di diritti umani non è soddisfacente? Samantha Besson non esclude che proprio questo potrebbe essere l’obiettivo degli Stati Uniti in vista della candidatura iraniana al Consiglio di cui si discuterà l’anno prossimo.

«In principio, quest’anno, il Consiglio dei diritti umani deve ricevere il suo statuto definitivo di organo dell’ONU a tutti gli effetti. È nell’interesse del Consiglio di dimostrare che è in grado di agire in modo autonomo mostrando i denti».

Il Senato americano ha adottato martedì una risoluzione simbolica che condanna la repressione in Libia chiedendo al «Consiglio di sicurezza dell’ONU di prendere nuove misure necessarie per proteggere i civili (…) e la possibile istituzione di una zone d’esclusione aerea al di sopra della Libia».

Le forze americane, tra cui due navi da guerra, sono spiegate in prossimità della Libia. Una porta-elicotteri trasporta anche delle chiatte di sbarco. Ma l’opzione di un intervento militare divide la NATO.

L’UE terrà un vertice straordinario l’11 marzo per definire una risposta comune agli scontri in Libia e in Africa del Nord.

Il procuratore della Corte penale internazionale  Luis Moreno-Ocampo ha annunciato giovedì l’avvio di una inchiesta sui presunti crimini commessi in Libia. In tale occasione, pubblicherà una lista di persone oggetto dell’inchiesta.

Il Programma alimentare mondiale  ha lanciato un appello martedì per  ottenere 38,7 milioni di dollari di sovvenzioni urgenti per le necessità di 2,7 milioni di persone in Libia, Egitto e Tunisia. L’agenzia dell’ONU ha ribadito la necessità di evitare una catastrofe umanitaria.

Alla luce di quanto sta avvenendo in Libia, più di 70 organizzazioni non governative hanno chiesto che la Libia sia esclusa dal Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu.

La loro richiesta si rifà all’articolo 8 della risoluzione sulla creazione del Consiglio dei diritti dell’uomo del marzo 2006.

L’Assemblea generale dell’Onu può, con una maggioranza di

due terzi, sospendere a causa di gravi violazioni dei diritti dell’uomo un membro del Consiglio.

Con la collaborazione di Jessica Dacey (traduzione e adattamento, Michela Montalbetti)

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