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Una piccola rivoluzione

La coalizione guidata da Berlusconi disporrà di una solida maggioranza sia al Senato (foto) che alla Camera dei rappresentanti Keystone

La vittoria della coalizione guidata da Silvio Berlusconi va di pari passo con una spettacolare semplificazione del panorama politico e parlamentare italiano.

L’Italia riparte dunque dal cavaliere, si riaffida a Silvio Berlusconi, lo riporta a Palazzo Chigi, non si sa bene se perché crede davvero in lui o soprattutto per reazione ai diciotto mesi dell’impopolare governo Prodi. Una vera palla al piede per lo sconfitto Walter Veltroni, anche se la stampa internazionale ha del bilancio economico del “professore” bolognese un giudizio complessivamente meno severo di quello umorale che attraversa la penisola.

Ma, dopo il vento dell’antipolitica, concretizzatasi con un aumento delle astensioni significativo ma non disastroso, gli elettori italiani non hanno espresso solo un semplice e semplicistico esercizio di protesta. C’è di più, qualcosa di più interessante e innovativo nell’esito di questo voto.

Che si siano espressi per il cavaliere o per l’ex sindaco di Roma, con le loro scelte hanno provocato una spettacolare semplificazione del quadro politico-parlamentare, e questo segna una piccola rivoluzione.

Tre soli schieramenti in parlamento

Nel parlamento entrano soltanto tre degli schieramenti che si sono presentati al voto: la coalizione di centrodestra guidata dal Popolo della Libertà, il centrosinistra condotto dal Partito Democratico, e l’Unione di centro (UDC), un partito quest’ultimo fortemente ridimensionato (tre soli senatori) e che deve quindi abbandonare la speranza di essere l’ago della bilancia fra i due “giganti” che insieme raccolgono l’85 per cento dei suffragi.

Per capire la portata del cambiamento, basti pensare che nelle Camere disciolte vi erano una ventina di partiti, con alcuni numericamente fra i più modesti in grado di dettar legge al governo, tenendolo spesso in ostaggio.

È stato dunque un plebiscito contro una frammentazione vociante e paralizzante. È stato un passo verso una rappresentanza di tipo più europeo. Con conseguenze immediate di straordinaria importanza.

Scompare la sinistra radicale

La più vistosa, il disfacimento della sinistra radicale che due anni fa era complessivamente al 10 per cento, che oggi non ha più un solo eletto, quindi la cancellazione della presenza comunista o post-comunista nel parlamento della Repubblica: terminal di un tragitto che non ha saputo produrre un indispensabile ammodernamento degli eredi del comunismo storico.

Il trionfo della Lega al nord

Questo crollo spiega parzialmente anche il “boom” della Lega nel nord, che con le sue istanze ha saputo “capitalizzare” anche gli umori popolari e in parte irrazionali della parte di paese più produttiva e più distante da Roma, dove comunque gli uomini di Umberto Bossi hanno dimostrato di sapersi comodamente “acclimatare”.

Basti pensare alle rivendicazioni leghiste a favore del federalismo e del fisco dislocato a beneficio della regioni e alle lotte per la difesa delle identità locali e contro l’immigrazione clandestina.

Una Lega che con questo risultato conferma un forte radicamento territoriale e l’emergere di una giovane leadership formata soprattutto dai cosiddetti “sindaci del Nord” in grado di garantire un futuro al movimento.

Umberto Bossi dai toni concilianti

“Non vogliamo tenere Berlusconi in ostaggio”, ha subito detto ieri sera l’ex senatur lombard. Un modo, in ogni caso, per ricordare al cavaliere quanto la Lega sia diventata forte e indispensabile alla coalizione vincente, a cui ha portato in dote un capitale di suffragi a cui si deve la netta vittoria dell’ “uomo di Arcore”, che, a 72 anni, si appresta a governare l’Italia per la terza volta a quattordici anni dalla sua “discesa in campo”.

A frenare Bossi da eventuali eccessi nei confronti dell’alleato c’è, o ci dovrebbe essere, un voto che offre anche questo insegnamento. Viene infatti punito chi non consente di governare dopo averne ricevuto il mandato. Gli elettori, desiderosi di stabilità politica, hanno bocciato i tenori di una litigiosità continua, pretestuosa e inaccettabile di fronte ai gravi problemi economici e sociali del paese.

Berlusconi atteso al varco

Nemmeno Berlusconi ha la bacchetta magica per risolverli senza il varo di pesanti sacrifici. Ha fatto molte promesse, ma ha promesso pochi di quei miracoli annunciati e non realizzati nella precedente esperienza di governo. Si vedrà in che modo “spenderà” la sua vittoria, che gli italiani gli hanno consegnato nonostante conflitti di interessi e leggi ad personam che non hanno uguali nelle democrazie mature.

A Veltroni, a cui tutti riconoscono il merito di aver impresso la svolta della semplificazione del gioco parlamentare, spetta la gestione di una sconfitta onorevole, ma non per questo meno problematica per un partito nato appena sei mesi fa, che ha svuotato la sinistra “antica” (come era riuscito a Mitterrand nella Francia dei primi Anni Ottanta), senza tuttavia riuscire nel miracolo di sovvertire i pronostici. Un partito riformista in cui convivono anime diverse e contraddittorie.

swissinfo, Aldo Sofia, Roma

Silvio Berlusconi tornerà a Palazzo Chigi per la terza volta. Il Popolo della Libertà e i suoi alleati – Lega Nord e Movimento per l’autonomia – hanno infatti ottenuto un’ampia maggioranza sia alla Camera dei deputati che al Senato.

Per la Camera, il centrodestra si è attestato al 46,6% dei voti. Una percentuale che significa 340 seggi per la coalizione di centrodestra. Lo schieramento di centrosinistra guidato da Walter Veltroni, che ha ammesso la sconfitta, ha dal canto suo ottenuto il 37,7% dei suffragi, pari a 239 seggi. L’Unione di centro ottiene 36 seggi.

Il vantaggio è ancora più consistente al Senato: il centrodestra ha raggiunto il 47,2% dei voti, contro il 38,1% del Partito democratico. La coalizione di centrodestra ottiene 168 seggi contro i 130 assegnati al centrosinistra. L’Unione di centro è rappresentata con 3 senatori.

Non sono ancora noti i risultati della circoscrizione estero che elegge 12 deputati e 6 senatori.

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