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Una sconfitta per la Svizzera dei diritti umani

Domenica sera, diverse centinaia di persone hanno protestato contro il divieto di minareti. Reuters

La messa al bando di nuovi minareti in Svizzera trova ampio spazio sui media internazionali, che denunciano la deriva di un paese paladino della tolleranza e dei diritti umani e sottolineano quanto questo rappresenti un passo indietro sulla via dell'integrazione.

«È un’umiliazione»: è con queste parole, pronunciate dal capo religioso egiziano Ali Gomaa, che diversi siti internet in lingua araba hanno commentato l’esito delle urne di domenica. Un “no” ai minareti che ha scioccato il mondo mussulmano e che rischia di «fomentare ulteriormente l’odio», come scrive il settimanale bosniaco Oslobodjenje, citando la Commissione svizzera antirazzismo. Toni simili si ritrovano anche sui quotidiani degli altri paesi dell’ex Yugoslavia, dai quali provengono gran parte dei mussulmani residenti in Svizzera.

Il giornale libanese Assafir parla di una «fobia dell’Islam» che ha nettamente vinto sulla pluralità, mentre il sito Islam Online spiega come i musulmani in Svizzera abbiano accolto con «confusione e la sorpresa» il voto di domenica. L’Annahar si spinge oltre e spiega come attraverso questo voto gli svizzeri «si siano piazzati sulla prima linea di scontro in Europa, mentre la densità dei musulmani continua a crescere nel continente».

Nonostante la vittoria a sorpresa dell’iniziativa, la stampa mussulmana si è spesso limitata a riportare la notizia, senza tuttavia rilasciare commenti. Diversamente, invece, i giornali europei e americani che parlano di un voto «catastrofico», dettato dalla «rabbia e dalla frustrazione» e che rimette in questione l’immagine di una Svizzera paladina della tolleranza e dei diritti umani.

La Svizzera deve fare i conti con l’estero

Dopo gli attacchi al segreto bancario, la crisi di UBS, le tensioni con la Libia, la Svizzera si trova così a dover affrontare di petto un nuovo attacco alla propria immagine. «Questo paese che si issa a difensore neutrale dei diritti umani, sede del CICR e custode delle Convenzioni di Ginevra, questo presunto paese modello di democrazia, domenica ha violato il diritto della libertà di culto e discriminato un unico gruppo religioso, i mussulmani», scrive lo Spiegel. A farne le spese sarà l’economia, continua il quotidiano tedesco: le banche in primis, ma probabilmente anche il turismo. L’approvazione dell’iniziativa ha inoltre danneggiato la credibilità di Berna quale mediatrice nei conflitti.

«Il divieto di costruire nuovi minareti non tocca le moschee», ricorda dal canto suo il tedesco Die Welt. «Porta però la Svizzera un passo indietro dalla tolleranza e dalla comprensione minuziosamente costruite in passato». Gli fa eco il New York Times, secondo cui la «Svizzera si distanzia dall’immagine di paladina della tolleranza, assumendosi il rischio di uno scontro con il mondo musulmano e il diritto internazionale». Più categorico il britannico The Guardian: “Il risultato deve far vergognare la Svizzera e preoccupare l’Europa”.

Le Figaro sottolinea inoltre come l’iniziativa, sostenuta unicamente dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e dall’Unione democratica federale (UDF, destra ispirata alla Bibbia) rappresenti una «sconfitta per la classe politica svizzera». E visto che «il Governo non ha certo fatto una bella figura – incalza la Süddeutsche Zeitung – il voto di domenica è una chiara lezione anche per lui».

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Iniziativa popolare

Questo contenuto è stato pubblicato al L’iniziativa popolare permette ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, deve essere sottoscritta da almeno 100’000 aventi diritto di voto nello spazio di 18 mesi. Il Parlamento può decidere di accettare direttamente l’iniziativa. Può pure rifiutarla o preparare un controprogetto. In ogni caso viene comunque organizzato un voto popolare. Per essere…

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Una questione non solo svizzera

Il segnale di allarme lanciato dal popolo svizzero sembra toccare da vicino soprattutto i paesi europei, coscienti di quanto questo malessere non si fermi ai confini della Confederazione. «Se la votazione si fosse svolta in Belgio, ammette Le Soir, una maggioranza dei cittadini si sarebbe pronunciata a favore».

Per il Corriere della Sera l’esito delle urne conferma il complesso dell’assedio che attanaglia l’Europa, un ritorno al grido «i barbari alle porte» che ha caratterizzato gli ultimi secoli dell’impero romano.

Questo voto conferma «come la forza del conflitto in Europa assuma, sempre più, i tratti del conflitto sui valori, sia ormai la visibilizzazione dell’Islam nello spazio pubblico», scrive nel suo commento La Repubblica. «Visibilizzazione negata, nel tentativo di marcare gerarchicamente il territorio attraverso l’espulsione di dimensioni simboliche, siano esse il minareto o il velo, considerate minacciose per l’identit locale declinata in chiave religiosa o etnica».

L’editorialista del francese Libération sottolinea quanto sia importante la «forza assurda dei pregiudizi, visto che l’iniziativa è stata accolta soprattutto in quei cantoni dove vi sono meno cittadini mussulmani». Il voto, prosegue il Wall Street Journal mostra dunque il «conflitto d’integrazione di una crescente popolazione musulmana con la popolazione civile».

Un problema irrisolto

La stampa internazionale sottolinea inoltre come la pace religiosa sia stata inutilmente disturbata. Il divieto di costruire minareti non potrà certo fermare il fondamentalismo islamico, né favorire l’integrazione, sottolinea lo spagnolo El Pais, e rischia invece di creare nuove frazioni con il mondo mussulmano.

Secondo La Repubblica, inoltre, il chiaro monito della Svizzera «deve far riflettere anche quanti ritengono l’integrazione dell’islam nelle società europee un corollario del nuovo pluralismo religioso e culturale che le caratterizza. I generici appelli al dialogo e al riconoscimento del pluralismo non bastano più per fronteggiare le derive xenofobe: servono pragmatiche politiche pubbliche capaci di produrre insieme coesione, sicurezza e libertà»

«Ormai non è più possibile discutere serenamente di musulmani in Europa e del loro posto nella nostra società», conclude Le Monde Diplomatique. «È ironico constatare che gli svizzeri, con il loro voto, hanno inflitto una terribile sconfitta alla ragione stessa…»

Stefania Summermatter, swissinfo.ch

Per il ministro degli Esteri svedese e presidente di turno dell’UE, Carl Bildt, il “no” ai minareti lancia un segnale negativo. «È un’espressione di un notevole pregiudizio e forse anche di paura, ma è chiaro che è un segnale negativo sotto ogni aspetto, su questo non c’è dubbio».

Il Consiglio d’Europa per bocca di Lluis Maria de Puig, presidente dell’Assemblea parlamentare, ritiene che «se da un lato questa decisione riflette le paure della popolazione svizzera e dell’Europa, nei confronti del fondamentalismo islamico, dall’altra, mentre non aiuterà ad affrontare le cause di questo fondamentalismo, è molto probabile che incoraggi sentimenti di esclusione e approfondisca le spaccature all’interno della nostra società».

Dal canto suo, l’ONU sta studiando la conformità dell’introduzione di un divieto di costruire nuovi minareti con il diritto internazionale.

La principale organizzazione musulmana d’Indonesia ha denunciato il risultato del voto come un segno di «odio» e «intolleranza» degli svizzeri nei confronti dell’Islam.

Anche i mezzi di informazione libici si sono espressi in termini molto critici. La Jana, l’agenzia governativa libica, ha pubblicato un servizio dal titolo «La Svizzera razzista vieta ai musulmani di costruire minareti per le loro moschee», mentre l’«Oya», quotidiano libico, ha titolato lunedì mattina «Gli svizzeri temono i minareti».

Il 29 novembre l’elettorato svizzero ha votato su tre temi.

– Iniziativa popolare “Contro l’edificazione di minareti” accolta con il 57,5% di voti favorevoli.

– Iniziativa popolare “Per il divieto di esportare materiale bellico” respinta con il 68,2% dei voti.

– Decreto federale concernente la creazione di un sistema di finanziamento speciale per compiti connessi al traffico aereo accolta con il 65% dei voti favorevoli.

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