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2010: cresce l’insofferenza dell’Unione europea

Doris Leuthard in visita a Bruxelles nel giugno scorso: un dialogo non sempre facile AFP

Sotto le pressioni del G20, nel 2009 la Svizzera ha dovuto rassegnarsi ad allentare il suo segreto bancario. E sul piano europeo il 2010 non si è chiuso meglio: l'UE è tornata alla carica sulla questione fiscale delle imprese e ha ribadito la propria determinazione nel voler riorientare le relazioni con Berna.

14 dicembre 2010: i ministri degli esteri dei Ventisette esprimono nero su bianco la loro insofferenza. «Il Consiglio è molto preoccupato per alcuni regimi fiscali cantonali sulla tassazione delle società in Svizzera, che creano una distorsione della concorrenza (…)», si legge nelle conclusioni di un documento adottato quel giorno.

«Il Consiglio invita ancora una volta la Svizzera a sopprimere questi incentivi fiscali» in favore delle holding, che l’UE assimila a forme di aiuto dello Stato per favorire le delocalizzazioni delle aziende europee. Questi incentivi fiscali violerebbero l’accordo di libero scambio che la Svizzera ha concluso con l’UE nel 1972.

Al centro delle critiche anche gli accordi bilaterali, che si moltiplicano come il pane da quando la Svizzera ha rinunciato ad aderire allo Spazio economico europeo nel 1992.

«Pur rispettando pienamente la sovranità e la scelta della Svizzera – prosegue il testo – il Consiglio ritiene che se l’attuale sistema di accordi bilaterali ha funzionato bene in passato, la sfida dei prossimi anni consisterà nell’uscire da questo sistema complesso, fonte di incertezza giuridica, difficile da gestire e che ha raggiunto i suoi limiti. Affinché le future relazioni possano stabilirsi su solide basi, sarà necessario trovare soluzioni accettabili per entrambe le parti su una serie di questioni orizzontali di natura istituzionale».

L’Unione elenca le sue richieste: la creazione di meccanismi di «adattamento dinamico» degli accordi all’evoluzione della propria legislazione e giurisprudenza, come pure meccanismi  di «sorveglianza e di esecuzione delle decisioni di giustizia» e di «risoluzione delle controversie» inesistenti fino ad oggi.

Berna sdrammatizza

La situazione è grave? A leggere il comunicato stampa emesso il 14 dicembre 2010 da parte dell’Ufficio federale dell’integrazione (un servizio comune al Dipartimento federale dell’Economia e degli Affari Esteri) la risposta è no. «Dal punto di vista svizzero, gli accordi bilaterali funzionano bene», si legge nel testo, «la Svizzera ha formulato proposte di soluzione costruttive su determinati regimi fiscali cantonali. Queste proposte sono state però respinte da almeno uno Stato membro dell’UE (ossia l’Italia, ndr).

La Svizzera si dimostra costruttiva «anche in altri settori della politica fiscale, ad esempio per quanto riguarda un’eventuale revisione dell’accordo sulla fiscalità del risparmio e si è detta pronta, a determinate condizioni, ad avviare un dialogo con l’UE sul codice di condotta relativo all’imposizione delle imprese».

In effetti, la Svizzera non ha del tutto torto a sdrammatizzare, poiché la via  bilaterale – l’unica via di integrazione europea concepibile per il Paese, ha ricordato il 17 settembre il governo svizzero – ha un futuro. Una prova tra le tante: il 20 dicembre, i ministri dell’Ambiente dei Ventisette hanno autorizzato la Commissione ad avviare negoziati con Berna per il commercio dei diritti di emissioni di gas ad effetto serra.

La Svizzera, tuttavia, sottovaluta forse la determinazione dell’Unione nel volere riorientare l’insieme delle relazioni. Determinazione che ha già messo in pratica bloccando una trattativa molto importante per l’industria svizzera, sull’elettricità e sul mercato delle sostanze chimiche (REACH).

Stessa lunghezza d’onda

Per una volta le varie istituzioni europee, che hanno già inviato  Berna numerosi segnali di avvertimento, sono tutte sulla stessa lunghezza d’onda. Nel ricevere la presidente della Confederazione Doris Leuthard il 19 luglio scorso, il presidente del Consiglio europeo, il belga Herman Van Rompuy, aveva già tirato il campanello d’allarme.

Il presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso gli ha fatto eco criticando tutti gli sforzi intrapresi dalla Svizzera per salvare il proprio segreto bancario (compresa l’apertura dei negoziati bilaterali con la Germania e la Gran Bretagna).

Il Parlamento europeo ha poi inferto un altro colpo il 7 settembre, approvando una risoluzione che denuncia gli “ostacoli” alla libera circolazione dei lavoratori posti dalla Svizzera invocando la necessità di risolvere alcune “questioni istituzionali”.

Berna non è rimasta insensibile a queste pressioni: lo scorso 18 agosto è stato creato un gruppo di lavoro incaricato di esplorare con la Commissione europea le piste istituzionali per una nuova via bilaterale con l’UE. Un primo rapporto è stata presentato al governo svizzero; a Bruxelles non si fa mistero di profonde divergenze tra le parti.

8 giugno I ministri delle Finanze della UE confermano la loro volontà di estendere  alla Svizzera il Codice di (buona) condotta che  applicano dal 1997 guida in materia di tassazione delle imprese. Apertura di un “dialogo” con Berna il 2 luglio.

17 giugno La Svizzera svela i contorni della sua nuova strategia di comunicazione per migliorare la propria immagine a Bruxelles.

19 luglio Visita di Leuthard, presidente della Confederazione, a Bruxelles. Per l’UE è la fine ufficiale della vecchia forma di bilateralismo.

7 settembre Con una risoluzione il Parlamento europeo critica gli “ostacoli” alla libera circolazione delle persone e rivendica una modernizzazione istituzionale del bilateralismo.

17 settembre Adozione da parte del governo svizzero di un nuovo rapporto sulla politica europea del Paese. Sacralizzazione del bilateralismo.

20 ottobre Audizione dell’ambasciatore svizzero presso l’UE, Jacques de Watteville, da parte di esperti dei Ventisette incaricati di preparare una relazione sui rapporti tra Berna e l’UE. Per la Svizzera tutto va bene; per l’UE non funziona nulla.

12 novembre Il Commissario europeo per Giustizia, Viviane Reding, si reca a Losanna. Ripete il medesimo ritornello: la vua bilaterale ha fatto il suo tempo.

15 novembre Grande ricevimenti a Bruxelles per il 50esimo anniversario della Missione (ambasciata) della Svizzera presso l’UE. Discorso  della ministra degli Esteri svizzera Micheline Calmy-Rey, che auspica un’”elvetizzazione” dell’UE.

28 novembre Approvazione in Svizzera, dell’iniziativa sull’espulsione dei criminali stranieri. Incompatibile con l’accordo sulla libera circolazione delle persone, ma l’UE si fa attendista.

6 dicembre Incontro a Bruxelles del comitato misto UE-Svizzera incaricato di gestire l’accordo di libero scambio del 1972. Lungo scambio di lamentele.

14 dicembre Adottato dai ministri degli Esteri dei Ventisette il rapporto sulle relazioni tra UE e Svizzera caratterizzato da severe conclusioni.

(Traduzione di Françoise Gehring)

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