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Accordo di Zurigo: elogi e critiche

La stampa e la comunità internazionale hanno salutato la firma dei protocolli fra Turchia e Armenia. Ciononostante, non sono mancati i pareri fortemente contrari.

«Una firma storica», hanno titolato domenica alcuni tra i principali giornali turchi, quali il liberale Radikal e il filo-governativo Yeni Safak; Sabah ha sottolineato che «La pace batte la crisi», in riferimento alle tre ore di concitati negoziati che hanno preceduto la firma degli accordi. Secondo il Milliyet, «per Turchia e Armenia è cominciato un nuovo capitolo».

In un comunicato, l’Unione europea ha dal canto suo definito la firma «un passo coraggioso» verso la pace e la stabilità nella regione del Caucaso meridionale e «una decisione storica che mostra la disponibilità al compromesso su entrambi i fronti».

Fuori dal coro di elogi il quotidiano nazionalista turco Yeni Cag, che critica la firma degli accordi definendola «una resa all’Armenia» ottenuta «sotto la pressione degli statunitensi». Critica pure l’Associazione Svizzera-Armenia: pur complimentandosi con la diplomazia elvetica per aver favorito un avvicinamento tra Ankara ed Yerevan, l’accordo è stato definito «un compromesso indegno».

Secondo l’associazione, i protocolli sono utili agli interessi della Turchia per stabilirsi come potenza regionale e hanno «ridotto la discussione sul genocidio a considerazioni storiche piuttosto che politiche o giuridiche». L’Associazione dubita inoltre della buona fede di Ankara e ritiene che il dialogo sia fin d’ora compromesso, senza la volontà di una vera riflessione sugli avvenimenti storici.

«La normalizzazione delle relazioni fra Turchia e Armenia prima del ritiro delle forze armene dai territori azeri occupati, contrasta con gli interessi dell’Azerbaigian e getta un’ombra sulle relazioni fraterne fra Azerbaigian e Turchia», ha affermato il ministero degli esteri azero. «L’Azerbaigian considera che l’apertura delle frontiere fra Turchia e Armenia rimette in discussione l’architettura della pace e della stabilità nella regione».

swissinfo.ch e agenzie

Il premier turco Tayyp Erdogan ha dichiarato domenica che la riapertura della frontiera con il paese vicino – prevista negli accordi firmati sabato a Zurigo – è condizionata a progressi nei negoziati sulla questione del Nagorno-Karabakh, l’enclave cristiana in Azerbaigian occupata militarmente dall’Armenia.

Fu proprio l’occupazione del Nagorno-Karabakh da parte delle truppe di Yerevan a indurre Ankara nel 1993 a schierarsi con l’islamico e turcofono Azerbaigian e chiudere la frontiera con l’Armenia.

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