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Crisi libica: cauto ottimismo della stampa

Rachid Hamdani ha potuto lasciare la Libia Keystone

La stampa svizzera commenta gli ultimi sviluppi della vicenda libica sottolineando l'importanza del coinvolgimento dell'Unione europea, anche se la questione è lungi dall'essere conclusa.

Un ostaggio libero – Rachid Hamdani ha lasciato la Libia, come confermato martedì dal Dipartimento federale degli affari esteri – e un altro, Max Göldi, in prigione. È questa – in estrema sintesi – la situazione parziale nella crisi che da 19 mesi vede coinvolte Berna e Tripoli.

Conflitto allargato

La Neue Zürcher Zeitung fa notare che, finora, la Libia aveva sempre ufficialmente negato il collegamento tra l’arresto dei due cittadini elvetici e la vicenda di Hannibal Gheddafi. Ora, invece, «Max Göldi è un prigioniero politico» a tutti gli effetti.

Secondo il quotidiano zurighese, la Confederazione non è comunque con le spalle al muro: fino a poco tempo fa, in alcune capitali europee il caso di Göldi e Hamdani non era considerato un problema politico, bensì una questione di polizia. Ora, invece, «quasi un capo di Stato su due ha già discusso telefonicamente con il colonnello in merito alla sorte dei due svizzeri».

E adesso? La Neue Zürcher Zeitung è laconica nel suo invito alla prudenza: «Dopo ormai 19 mesi, dovrebbe essere chiaro che vi sarà un accordo soltanto con il benestare di Gheddafi. E ciò avverrà unicamente quando il figlio avrà ottenuto una sorta di riparazione».

Sostegno europeo

«I veri amici si riconoscono nel momento del bisogno», fanno notare Der Bund e il Tages Anzeiger, riferendosi al sostegno dimostrato alla Confederazione dai vari diplomatici europei che si sono recati in segno di solidarietà all’ambasciata elvetica in quel di Tripoli.

I due quotidiani rilevano che gli altri Stati europei sanno che potrebbero presto trovarsi nella medesima situazione della Svizzera: Gheddafi non è infatti nuovo a questo genere di azioni.

Der Bund e il Tages Anzeiger aggiungono quindi: «Se tutta l’Europa esercita pressione, qualcosa in Libia potrebbe muoversi, come era d’altronde successo nel caso delle infermiere bulgare». Di conseguenza, l’Unione europea «non deve allentare la presa fino alla liberazione del secondo ostaggio».

Sulla medesima lunghezza anche la Berner Zeitung, che osserva come l’Unione europea sia troppo importante per la Libia. Per Tripoli sarebbe quindi eccessivamente rischioso ipotizzare uno scontro di lunga durata con l’Ue. Nel contempo, sottolinea l’articolista, «resta ancora aperta la sorte di Max Göldi, e Gheddafi vorrà scrivere anche l’ultimo capitolo di suo pugno».

Si intravede la luce

Le Temps paragona il contenzioso tra Libia e Svizzera a una partita a scacchi, in cui è appena stato appena effettuato uno scambio di pedine. «L’obiettivo del governo svizzero di recuperare entrambi gli ostaggi è stato raggiunto solo parzialmente: a prima vista, si tratta dunque di un punto a favore di Tripoli».

Ciononostante, «Berna è riuscita a internazionalizzare la vicenda: due arbitri – la Spagna e la Germania – seguono il conflitto e spingono le parti in causa a negoziare». Inoltre, Stati Uniti, Francia e Paesi bassi sorveglieranno le condizioni di detenzione di Max Göldi. Nel contempo, anche i media internazionali seguono ormai regolarmente la vicenda.

Si vuol credere, conclude Le Temps, che ciò costituisca un piccolo vantaggio psicologico per la Confederazione e che si possa «presto concludere questa indegna partita».

Secondo 24 heures e la Tribune de Genève, la decisione di far accerchiare da uomini armati l’ambasciata elvetica «tradisce la rabbia del regime libico, il quale si rende conto che il gioco del gatto e del topo sta finendo».

I due quotidiani sottolineano che il «governo elvetico ha fatto la mossa giusta negando i visti Schengen al clan Gheddafi e obbligando l’Unione europea a scendere in campo». Infatti, «la Confederazione ha trovato degli alleati che hanno interesse a veder terminare il conflitto».

«La luce alla fine del tunnel è vicina: la luce della libertà per gli ostaggi, e quella della fierezza ritrovata per il loro paese», concludono.

«Grazie Europa»

La Regione Ticino fa inizialmente notare che «i colpi di coda sono sempre possibili. Questa storia ha infatti dell’inverosimile: misura come poche l’arroganza di una dittatura e del suo clan».

A prescindere, secondo il quotidiano ticinese «è stata la solidarietà fattiva degli altri paesi europei a toglierci dai guai. […] Possiamo soltanto dire loro: grazie. Come grazie possiamo dire a capi di Stato – da Berlusconi, a Zapatero, ecc. – che hanno fatto valere i loro contatti personali e il loro peso politico con il colonnello».

A questo proposito, osserva La Regione «il caso libico è certamente estremo, ma fa comunque parecchio riflettere sulla nostra posizione di isolotto nel cuore del continente».

Non mancano le critiche all’ex presidente della Confederazione Merz: «Se i due svizzeri torneranno sani e salvi in patria è perché questo gioco di alleanze ha funzionato. Un gioco tessuto da Berna una volta finite le acrobazie di Hans-Rudolf Merz e le sue maldestre uscite, che ci hanno reso facile bersaglio delle ire e delle astuzie libiche. Difatti, da quando Merz se ne è rimasto zitto zitto e ha smesso di dire che lui conosce i beduini, anche la politica di comunicazione del governo è cambiata».

E così «invece di alimentare un pernicioso scambio di dichiarazioni, la voce del governo svizzero si è fatta più sobria, univoca e la posizione della Svizzera è assai migliorata.».

swissinfo.ch

15-17 luglio 2008: Hannibal Gheddafi e la moglie Aline, incinta di nove mesi, sono fermati dalla polizia in un albergo a Ginevra. Vengono incriminati per lesioni semplici, minacce e coazione nei confronti di due domestici. Sono rimessi in libertà dietro pagamento di una cauzione di 500’000 franchi.

19 luglio: due cittadini svizzeri in Libia sono arrestati con l’accusa di aver violato le disposizioni sull’immigrazione e sul soggiorno. Altre misure di ritorsione colpiscono diverse aziende elvetiche, che devono chiudere le loro attività in Libia.

26 luglio: la Libia esige dalla Svizzera scuse ufficiali e l’archiviazione del procedimento penale. La Confederazione respinge le richieste.

20 agosto 2009: Hans-Rudolf Merz si reca a Tripoli e si scusa per l’arresto “ingiustificato e inutile” di Hannibal Gheddafi e della sua famiglia da parte della polizia ginevrina. In cambio riceve la promessa che i due cittadini elvetici trattenuti in Libia potranno ritornare in patria in tempi brevi. Merz e il primo ministro libico firmano un accordo che sancisce l’istituzione di un tribunale arbitrale e mira a normalizzare le relazioni bilaterali.

4 novembre: Il governo elvetico sospende l’accordo firmato il 20 agosto con la Libia e inasprice la politica restrittiva in materia di visti, avviata nel mese di giugno.

30 novembre: i due cittadini svizzeri sono condannati a 16 mesi di carcere per violazione delle norme sui visti.

7 febbraio 2010: al processo in appello, Rachid Hamdani, uno dei due ostaggi svizzeri, è assolto da tutti i capi d’accusa.

11 febbraio: la pena di Max Göldi, il secondo ostaggio elvetico, è ridotta da 16 a quattro mesi di carcere.

14 febbraio: un giornale di Tripoli rende noto che le autorità svizzere hanno inserito in una lista nera 188 personalità libiche, a cui non può più essere rilasciato un visto di Schengen; il governo libico sospende a sua volta i visti per i cittadini dei paesi che fanno parte dell’area di Schengen.

In un’intervista pubblicata il 15 febbraio da La Stampa, il ministro degli esteri italiano Franco Frattini afferma che la strategia elvetica nuoce a tutti gli Stati dell’area Schengen.

Il 22 febbraio Max Göldi si consegna alle autorità libiche dopo un ultimatum; Rachid Hamdani può invece lasciare il paese.

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