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È l’ora delle scelte per gli elettori svizzeri

Il parlamento svizzero viene rinnovato ogni quattro anni. Keystone

I cittadini elvetici rinnovano questo fine settimana le due camere del parlamento. Dopo una campagna quasi monotematica, dominata dal dibattito sulla migrazione, il principale interrogativo è: quanto avanzerà la destra? Una progressione che potrebbe incidere sulla composizione del governo, che il parlamento eleggerà in dicembre.

Le elezioni svizzere non sono probabilmente così sexy come in altri paesi. I cittadini non votano per un leader a cui affidare l’incarico di formare il futuro governo. E non essendoci un sistema di maggioranza/minoranza, il paese è caratterizzato da una stabilità politica invidiabile. Certo, la forte ascesa dell’Unione democratica di centro (UDC) a partire dalla metà degli anni 1990 e l’arrivo sulla scena politica federale di due nuovi partiti di centro – Verdi liberali (VL) nel 2007 e Partito borghese democratico (PBD) nel 2011 – hanno rimescolato le carte. Tuttavia, non è da queste elezioni che la composizione del parlamento subirà profonde modifiche.

Tutti i sondaggi effettuati fin qui del resto lo confermano: i principali partiti dovrebbero registrare progressioni o perdite non superiori a due punti percentuali rispetto alle precedenti legislative del 2011. Troppo poco per ipotizzare un qualsiasi stravolgimento.

Altri sviluppi

In gioco vi sono 200 seggi del Consiglio nazionale (camera bassa) e 45 dei 46 seggi del Consiglio degli Stati (camera alta). I risultati finali per il Nazionale sono attesi per lunedì, mentre per quelli del Consiglio degli Stati bisognerà attendere alcune settimane, poiché in molti cantoni si svolgerà un secondo turno.

Destra avanti piano

La principale incognita – se i sondaggi non verranno smentiti dalle urne – è sapere di quanto progredirà la destra. Secondo l’ultimo barometro elettorale SRG SSR, il Partito liberale radicale (PLR) dovrebbe per la prima volta in tre decenni riuscire a frenare l’emorragia di voti e risalire un po’ la china, attestandosi al 16,7%. In crescita è data anche l’UDC (+1,3%), che col 27,9% dei suffragi si confermerebbe il più importante partito svizzero.

Se le forze più a destra dovrebbero sorridere, i partiti di centro rischiano invece di versare qualche lacrima. O meglio lacrimuccia, poiché le perdite dovrebbero essere contenute. Complessivamente, Partito popolare democratico (PPD), VL e PBD registrerebbero un calo di circa il 2%. Questi tre partiti rappresenterebbero assieme poco più del 20% dei voti (11,5% per il PPD, 5% per i VL e 4,6% per il PBD).

Neppure la sinistra può gongolare. Il Partito socialista (PS) è sì dato in crescita (dello 0,5% al 19,2%), ma rischia di perdere qualche appoggio dei Verdi. Stando all’ultimo sondaggio, il Partito ecologista svizzero (PES) regredirebbe infatti dell’1,2% al 7,2%.

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Impatto sulla composizione del governo?

Per riassumere: qualche seggio in più per la destra, un calo al centro e una certa stabilità a sinistra. E allora? Poco sexy, come dicevamo all’inizio. Sennonché questo leggero spostamento a destra potrebbe avere una conseguenza sulla composizione del Consiglio federale (governo), che sarà eletto dall’Assemblea federale (le due camere del parlamento riunite) il 9 dicembre.

Attualmente il governo è composto di due ministri del PLR, due del PS e uno a testa per UDC, PPD e PBD. Se per sei dei sette consiglieri federali la rielezione dovrebbe svolgersi senza intoppi, non altrettanto bene potrebbe andare alla ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf. Nel 2007, la grigionese era subentrata in governo al leader dell’UDC Christoph Blocher, non rieletto dall’Assemblea federale. Esponente della frangia più moderata dell’UDC, Eveline Widmer Schlumpf era stata catalogata come una «traditrice» dal suo partito. Ciò aveva portato a una scissione all’interno dell’UDC, con la fondazione del PBD.

L’UDC, in quanto partito di maggioranza relativa, non ha però mai rinunciato a rivendicare un secondo seggio. Finora i suoi tentativi sono sempre andati a vuoto, scontrandosi con l’opposizione dei partiti di centro e di sinistra. A seconda di quanto crescerà la destra e di quanto perderà il centro e soprattutto il PBD, questa volta l’UDC potrebbe però riuscire nel suo intento.

Inoltre, una progressione della destra potrebbe rimettere in questione alcune decisioni prese dall’attuale parlamento, come quella sull’abbandono del nucleare o la riforma del sistema di previdenza per la vecchiaia, approvata dal Consiglio degli Stati.

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Campagna monotematica

Di quali temi si è parlato durante la campagna elettorale? Più che il plurale bisognerebbe utilizzare il singolare. A farla da padrone è infatti stato un solo soggetto: la migrazione. «Mai prima d’ora un tema aveva dominato a tal punto una campagna elettorale», ha sottolineato Claude Longchamp, direttore dell’istituto gfs.bern, che si occupa dei sondaggi per conto della SRG SSR.

Ciò, malgrado che la Svizzera finora sia stata toccata solo marginalmente dall’ondata di profughi siriani giunti in Europa.

Altri temi che daranno probabilmente ben più filo da torcere al futuro parlamento sono invece stati abbordati in maniera meno visibile, o perlomeno non hanno dato luogo a un dibattito importante. Ad esempio il futuro dei rapporti bilaterali con l’Unione Europea, in bilico dopo l’accettazione il 9 febbraio 2014 dell’iniziativa «contro l’immigrazione di massa», promossa dall’UDC, oppure l’impatto del franco forte sull’economia svizzera.

Una campagna sottotono, come è stata definita da molti? Forse, anche se questo è un ritornello che si sente ogni quattro anni. Raramente, infatti, vi sono temi che riescono ad avere un’eco nazionale. Nel 2011 vi è stata la catastrofe di Fukushima, quest’anno la pressione migratoria. Spesso ci si dimentica che «le elezioni federali non sono in fin dei conti nulla di più che la sovrapposizione di 26 elezioni cantonali», scriveva recentemente il giornale Le Temps. In altre parole, ad influenzare il risultato non sono tanto i temi nazionali ma soprattutto quelli locali.

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