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«La Conferenza di Kabul è una chimera»

Amico o nemico? Un poliziotto afgano perquisisce un sospettato nella roccaforte talebana di Kandahar. Keystone

Il 20 luglio si è tenuta a Kabul la prima conferenza sull'Afghanistan organizzata nel Paese asiatico. L'incontro, dall'alto contenuto simbolico, non contribuirà tuttavia a riportare la pace, ritiene Albert A. Stahel, esperto di strategia militare e profondo conoscitore dell'Afghanistan.

All’incontro di Kabul hanno partecipato una quarantina di ministri degli affari esteri e i rappresentanti di circa 30 Paesi. Tra i partecipanti vi erano pure il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e il Segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen.

All’interno di un perimetro superprotetto si è discusso della buona gestione del governo (good governance) e si è stilato un primo bilancio della strategia di reintegrazione dei talebani adottata all’inizio dell’anno a Londra.

Chiedendo alla comunità internazionale di appoggiare il piano di riconciliazione, il presidente afgano Hamid Karzai ha affermato che il Paese si sta preparando ad assumere progressivamente la responsabilità della sicurezza interna. Le forze di sicurezza afgane, ha detto, dovrebbero assumere il controllo delle operazioni militari in tutte le province entro il 2014.

Sulla conferenza nella capitale afghana, Albert A. Stahel, responsabile dell’Istituto di studi strategici all’Università di Zurigo, non si fa tuttavia alcuna illusione.

swissinfo.ch: Gli osservatori sono unanimi nell’affermare che il conflitto armato che dura oramai da dieci anni non giova a nessuno. Ci sono alternative alla reintegrazione dei talebani?

Albert Stahel: Bisogna tentare di intavolare negoziati con i talebani; questo permetterebbe perlomeno di sapere cosa vogliono esattamente.

In fondo vogliono assumere il potere assoluto, anche se è probabile che puntino a una condivisione dei poteri. In questo caso si porrebbe però l’interrogativo sulla presenza di Hamid Karzai a Kabul, un uomo che non è mai stato considerato seriamente né dai talebani né dall’Alleanza del Nord.

C’è poi un’altra questione: la mafia della droga, che ha legami anche con la famiglia Karzai, è disposta a condividere il potere con i talebani? Si tratta di interrogativi che vanno analizzati a fondo. Farlo a Kabul è però insensato e inutile.

swissinfo.ch: Per quale motivo non intravvede alcuna possibilità?

A. S.: Non porterà a nulla. Una conferenza del genere a Kabul, sia essa una Loya Jirga [assemblea dei rappresentanti delle tribù afgane, ndr] o un seminario sulla pace, è una chimera, una finzione. Per Karzai rappresenta un’occasione per gettare sabbia negli occhi della comunità internazionale.

Gli stessi talebani non erano di certo a Kabul: il mullah Omar e Gulbuddin Hekmatyar sono rimasti nel loro nascondiglio in Pakistan. Al massimo hanno trattato con il governo Karzai attraverso degli intermediari.

swissinfo.ch: Dove avrebbe dovuto svolgersi la conferenza sull’Afghanistan per avere successo?

A. S.: In Asia oppure in un Paese quale la Svizzera, la Turchia, l’Arabia Saudita o gli Emirati Arabi Uniti.

swissinfo.ch: I talebani sono suddivisi in diversi gruppi. Con chi il governo afgano deve cercare il dialogo?

A. S.: Ce ne sono tre: gli Schura del mullah Omar a Quetta, Hekmatyar a Peshawar e gli Hagganis di Khost, i quali operano soprattutto dal nord del Waziristan. Oltre a questi gruppi c’è anche il fenomeno dei cosiddetti “talebani parziali”, persone che agiscono in cambio di denaro.

È comunque evidente che sono coinvolti anche i pakistani.

swissinfo.ch: L’atteggiamento del Pakistan è alquanto ambiguo. I servizi segreti pakistani (ISI) hanno contribuito all’ascesa dei talebani che usano come loro strumento. Nel loro Paese, però, li combattono. L’ISI vuole inoltre esercitare un influsso sui talebani a Kabul. Un dialogo con i talebani potrebbe rafforzare l’influsso del Pakistan?

A. S.: Il Pakistan è un attore importante e può contare sul sostegno finanziario dell’Arabia Saudita. Si potrebbe quindi parlare di una rete che comprende Pakistan, Arabia Saudita e talebani.

Il Pakistan mira ad assumere parte del potere in Afghanistan. Vorrebbe rafforzare la sua posizione in particolare al sud e al nord del Paese, ovvero laddove il mullah Omar intende installare degli avamposti pakistani.

Come detto, un altro fattore è costituito dalla criminalità organizzata, ossia la mafia della droga, presente con i suoi tentacoli in tutto il Paese.

swissinfo.ch: Gli Stati Uniti e il presidente Obama hanno finora manifestato un certo scetticismo nei confronti di un riavvicinamento ai talebani. Perché?

A. S.: È logico, dal momento che gli Stati Uniti ne uscirebbero perdenti. Vorrebbero almeno mantenere le posizioni al sud e all’est, da dove partono i droni diretti sulle zone tribali del Pakistan. Proprio in quelle zone, però, la resistenza dei i talebani è forte.

swissinfo.ch: Il generale McChrystal, che di recente è stato sospeso dal suo incarico alla testa delle forze internazionali della NATO dal presidente Obama, era un fautore del dialogo con i talebani. Quale posizione adotterà il suo successore, il generale Petraeus?

A. S.: Il tentativo di McChrystal appartiene al passato. Petraeus intende intensificare i bombardamenti per mantenere e conquistare posizioni strategiche.

swissinfo.ch: Alla fine del 2009 ha proposto di organizzare una conferenza di pace in Svizzera. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) non ne ha però voluto sapere. Lei crede che il DFAE sia disposto a cambiare idea, in particolare nel caso di un insuccesso alla conferenza di Kabul?

A. S.: Per questo ci vuole innanzitutto un cambio ai vertici del DFAE.

Renat Künzi, swissinfo.ch
(traduzione dal tedesco di Luigi Jorio)

Nato nel 1945, Albert A. Stahel insegna all’Università di Zurigo.

In precedenza è stato per 26 anni docente di «studi strategici» all’Accademia militare del Politecnico federale di Zurigo.

Stahel ha fondato l’Istituto di studi strategici di Wädeswil, che dirige dall’ottobre del 2006.

I suoi principali centri d’interesse sono i conflitti internazionali, i processi di ricostruzione e gli eventi che si verificano in Svizzera.

Entro il 2015 il governo Karzai intende reintegrare circa 36’000 insorti nella società afgana in 22 delle 34 province del Paese.

I costi di tale processo superano gli 800 milioni di franchi.

Il programma ha un duplice obiettivo: da una parte si vuole fornire un aiuto finanziario e materiale ai talebani “convertiti”, dall’altra si prevede di negoziare con gli alti ranghi dei talebani per porre fine alle violenze.

Già in occasione della conferenza sull’Afghanistan tenutasi a inizio anno a Londra, la comunità internazionale ha deciso di facilitare il reinserimento nella società dei talebani moderati (costo: circa 140 milioni di franchi).

Il governo afgano ha dal canto suo promesso di migliorare il modo in cui gestisce il Paese, puntando soprattutto sul rafforzamento dello Stato di diritto e sulla lotta alla corruzione e al traffico di droga.

La situazione in Afghanistan nel mese di giugno era più instabile che mai.

Soltanto tra le truppe della Forza internazionale dell’ISAF vi sono stati oltre 100 morti.

È il numero più alto di vittime in un mese dalla caduta dei talebani nel 2001.

Gli scontri sono frequenti soprattutto nel sud del Paese, dove i talebani stanno intensificando la loro resistenza.

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