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«Nessun detenuto di Guantanamo senza sicurezza»

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La ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumpf auspica che i dibattiti sull'iniziativa contro i minareti sia oggettiva e non dettata dall'emotività. Nell'intervista a swissinfo.ch sottolinea inoltre che l'eventuale accoglienza di ex detenuti di Guantanamo non deve condurre a problemi di sicurezza.

Eveline Widmer-Schlumpf, originaria del canton Grigioni, è nel governo svizzero dal dicembre 2007. Dal 1. gennaio 2008 è a capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia.

swissinfo: Nell’Amministrazione federale si discute da mesi sulla possibilità di accogliere ex prigionieri di Guantanamo. Quando sarà fornita una risposta al governo statunitense?

Eveline Widmer-Schlumpf: Il governo degli Stati Uniti riceverà una risposta non appena il Consiglio federale avrà deciso, in modo definitivo, in merito all’eventuale accoglienza di uno o più ex detenuti di Guantanamo.

swissinfo: Da quale paese provengono queste persone?

E. W.-S.: Non posso ancora dare una risposta. Non ci sono paesi privilegiati. Ci sono però nazioni che difficilmente saranno prese in considerazione, siccome sappiamo che potrebbero sollevare problemi.

swissinfo: Quali sono, concretamente, le persone che non entreranno in linea di conto?

E. W.-S.: Sicuramente le persone che hanno un passato nel terrorismo e al contempo dei legami con organizzazioni in Svizzera. Ciò sarebbe impossibile. Non possiamo, e non vogliamo, avere a che fare con problemi di sicurezza.

swissinfo: Nel 2008 la Svizzera ha rifiutato dei richiedenti l’asilo di Guantanamo. Assistiamo ora ad un cambiamento di rotta?

E. W.-S.: Il rifiuto di tre richiedenti l’asilo era giustificato, dal momento che non sussistevano i presupposti legali per un riconoscimento dello statuto di profughi.

Dal punto di vista legale, i detenuti di Guantanamo non sono considerati rifugiati, bensì prigionieri rimessi in libertà per i quali si cercano dei Paesi di accoglienza per ragioni umanitarie. La Svizzera sta ora valutando l’accoglienza di singole persone conformemente alla legge sugli stranieri.

swissinfo: Un “no” alle autorità americane appare assolutamente improbabile, considerato anche l’accordo sulla doppia imposizione e le vicende con UBS…

E. W.-S.: Se non saranno soddisfatti tutti i presupposti giuridici concernenti la responsabilità civile, l’integrazione oppure la sicurezza, saremo costretti a dire “no”.

Le diverse questioni non possono comunque essere collegate, ma vanno analizzate separatamente.

Prenderemo una decisione soltanto quando ne sussisteranno i presupposti. E se ciò avrà effetti positivi anche a livello politico e sulla relazione bilaterale, non potremo che rallegrarcene.

swissinfo: Nei confronti di altre persone in cerca di protezione, i richiedenti l’asilo, Lei intende avere un approccio più severo. Per quale motivo?

E. W.-S.: In questo ambito vogliamo essere coerenti: se paragonata ai paesi vicini, notiamo che negli ultimi anni la Svizzera è in effetti stata confrontata ad un elevato numero di richiedenti l’asilo.

swissinfo: In Europa si sta discutendo sull’introduzione un’equa ripartizione delle responsabilità in materia di asilo, come auspicato da Italia, Malta e Grecia. Lei è d’accordo?

E. W.-S.: Se si giungerà a tale sistema, anche con il coinvolgimento della Svizzera, non saremo più tormentati dalla problematica sulla sicurezza.

Credo che a medio e lungo termine si dovrà a giungere a un meccanismo di suddivisione. In questo campo la Svizzera ha già una certa esperienza: i richiedenti l’asilo sono ripartiti nei vari cantoni a seconda del numero di abitanti.

swissinfo: Parliamo ora del divieto sui minareti. Come spiega all’estero che il popolo svizzero sarà chiamato ad esprimersi su questo tema alle urne?

E. W.-S.: È la democrazia diretta: i cittadini votano su un’iniziativa costituzionale. Un sistema che sostengo, anche se dobbiamo affrontare discussioni delicate e complesse, come appunto nel caso specifico.

Da una parte vi è il diritto politico; dall’altra ci sono i diritti fondamentali, il diritto costituzionale e quello internazionale.

In Svizzera un’iniziativa viene invalidata soltanto quando viola dei diritti internazionali inderogabili. Non si può dire che ciò sia il caso per l’iniziativa sui minareti. Si può discutere molto su questa votazione, ma in uno Stato di diritto che applica la democrazia diretta non la si può semplicemente abrogare modificando la prassi.

swissinfo: In Parlamento ha affermato di aver fiducia nel voto popolare….

E. W.-S.: Ho qualche anno di esperienza nella politica cantonale e federale. Ho constatato che i cittadini sono capaci di esprimersi in modo differenziato e di prendere in considerazione le conseguenze di un sì oppure di un no.

Abbiamo già affrontato diverse discussioni estremamente difficili. Spero però che rimarremo oggettivi, senza lasciarci trasportare dall’emotività.

swissinfo: C’è un’altra tematica che solleva vive reazioni: la pubblicazione sempre più frequente di immagini su internet a scopi investigativi. La sua opinione in merito?

E. W.-S.: Le condizioni alla base della pubblicazione su internet di persone sospettate di un crimine è regolamentata dalle procedure penali cantonali.

In generale deve sussistere un sospetto fondato. Penso che la ricerca tramite internet debba essere applicata solamente in casi eccezionali, quando si è di fronte ad un grave delitto. Questo per ragioni legate alla protezione dei dati: in caso di assoluzione del sospettato è difficile “cancellare” tutto. Ciò che viene pubblicato su internet diventa di dominio pubblico.

swissinfo: Il suo margine di manovra è però limitato dal federalismo della Svizzera…

E. W.-S.: I cantoni sono sufficientemente consapevoli che ci sono dei limiti. Ne discuteremo con i responsabili competenti dei governi cantonali. Parleremo anche delle possibili strade per giungere ad una sorta di armonizzazione a livello cantonale, senza nessuna costrizione da parte della Confederazione.

Geraldo Hoffmann e Eva Herrmann, swissinfo.ch
(traduzione dal tedesco: Luigi Jorio)

La ministra di giustizia, 53 anni, è originaria dei Grigioni.

Tra il 1998 e il 2007, quando ancora apparteneva all’Unione democratica di centro (destra nazional conservatrice) è stata membro del governo retico.

Il 12 dicembre 2007 è stata eletta nel Consiglio federale al posto del non riconfermato ministro UDC Christoph Blocher.

La decisione di Eveline Widmer-Schlumpf di accettare il mandato nonostante l’estromissione di Blocher ha portato a conflitti in seno al partito.

Dai “dissdenti” UDC è nato il Partito borghese democratico (PBD), al quale Widmer-Schlumpf ha aderito nel 2008.

Nel Parlamento elvetico siedono attualmente sei deputati del PBD.

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