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Un piano minuzioso per risolvere la crisi libica

La delegazione elvetica partita alla volta della Libia è rientrata lunedì sera a Berna. Per il presidente della Commissione di politica estera (CPE) della Camera del popolo, è il momento di procedere a un'analisi accurata della situazione.

A più di un anno dall’arresto del figlio di Gheddafi a Ginevra, le relazioni tra Svizzera e Libia continuano ad essere difficili. All’indomani del rientro della delegazione guidata dal segretario di Stato Michael Ambühl, Geri Müller, presidente della CPE, ha auspicato che si faccia il punto sulla situazione.

«Nelle ultime settimane qualcosa si è mosso», ha detto martedì alla radio svizzera di lingua tedesca. Ora, ha aggiunto, si tratta di analizzare la situazione, di sapere cosa ha raggiunto l’apposita task-force e di elaborare un piano accurato.

In base all’accordo firmato il 20 agosto a Tripoli dal presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz, le relazioni tra i due paesi si sarebbero dovute normalizzare entro il 20 ottobre. Una delle condizioni indispensabili poste da Berna – ovvero la liberazione dei due cittadini svizzeri ritenuti in Libia dall’estate 2008 – non è però ancora stata rispettata.

Sull’ubicazione e lo stato di salute dei due svizzeri, Müller ha affermato di non disporre di alcuna informazione. Le relazioni diplomatiche vanno mantenute, ha dichiarato, ma la Libia deve ora darsi da fare.

Da quasi un mese, la Svizzera non ha più contatti con i due ostaggi, né sa dove si trovino. Il governo libico ha spiegato di averli portati in un posto sicuro per proteggerli da un’eventuale azione svizzera di liberazione, ma secondo la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey non si tratta che di un pretesto.

swissinfo.ch e agenzie

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