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Un ponte fra radicali e socialisti

Dick Marty (a destra, mentre discute con il consigliere agli Stati socialista Alain Berset) è uno dei fondatori di «Incontro democratico» Keystone

Si chiama «Incontro democratico» e riunisce esponenti del Partito liberale radicale e di quello socialista. Nata in Ticino tra mille polemiche, l'associazione è solo lo specchio della realtà del cantone a sud delle Alpi? Oppure riflette una tendenza che si ritrova anche a livello nazionale?

Cosa accomuna un liberale radicale a un socialista? Poco o nulla, se si analizzano i punti di convergenza tra i due partiti per quanto riguarda i grandi temi politici nazionali.

Eppure in Ticino dei rappresentanti di questi due schieramenti (tra cui il consigliere agli Stati del Partito liberale radicale Dick Marty) hanno deciso alcune settimane fa di dar vita a un’associazione di «cultura politica», per favorire il dialogo su temi importanti, uscendo da una logica di scontro che il cantone sembra avere imboccato ormai da tempo.

La piattaforma di dialogo, presieduta dall’ex sindaco di Locarno Diego Scacchi, ha immediatamente suscitato vive critiche, in particolare nei ranghi del Partito liberale radicale ticinese (PLRT), che ha parlato di «provocazione» e di «tentativi di dividere la base elettorale». A sinistra, la creazione di questa associazione è stata pure accolta con una certa freddezza.

Influenza italiana

Questo avvicinamento tra il PLR e i socialdemocratici non ha però nulla di rivoluzionario, almeno a sud delle Alpi, ricorda il politologo ticinese Oscar Mazzoleni.

« Dalla fine della Seconda guerra mondiale e per vent’anni, l’intesa di sinistra che riunì liberali radicali e socialisti fu il baricentro delle politiche pubbliche del cantone».

Questa corrente molto aperta alle tematiche sociali è sempre esistita in seno al PLR ticinese.«Penso che ciò sia in parte dovuto anche ai rapporti privilegiati che la Svizzera italiana ha avuto con l’Italia, spiega Mazzoleni. Un filone piuttosto rilevante di politici ed intellettuali ticinesi sono stati influenzati, sulla scia della tradizione risorgimentale, dall’incontro fra liberalismo, repubblicanesimo e socialismo democratico. Fra le sue figure più emblematiche possiamo annoverare Carlo Cattaneo, Piero Gobetti e Norberto Bobbio ».

Nel resto della Svizzera, alleanze di questo tipo non sono invece mai esistite. «Fin dalla sua nascita il radicalismo è sempre stato diviso tra un’ala destra, vicina all’economia e al mondo agricolo, e un’ala più progressista, più statalista, che ha sempre spinto per un miglioramento dello Stato provvidenza. Tuttavia a mia conoscenza non vi sono mai state alleanze coi socialisti, anche solo a livello culturale», osserva Olivier Meuwly, storico del radicalismo.

Un partito in crisi

Nel contesto attuale di crisi economica e finanziaria, di polemiche sul segreto bancario e i bonus dei manager, queste diverse correnti all’interno del PLR – partito ritenuto rappresentare più degli altri il mondo dell’economia – sono riemerse più forti che mai. In materia di segreto bancario, ad esempio, un gruppo di parlamentari ha criticato la posizione del partito, ‘reo’ di aver difeso troppo gli interessi della piazza finanziaria senza tener sufficientemente conto del mondo industriale. Critiche che almeno a prima vista hanno portato i loro frutti, poiché appena una settimana fa il PLR si è pronunciato per una strategia di «denaro pulito» e l’introduzione della nozione di «sottrazione fiscale aggravata».

I rimproveri però non sono assolutamente nuovi, ricorda Olivier Meuwly. Già all’inizio del XX secolo, ad esempio, alcuni dissidenti – che poi confluiranno nel Partito dei contadini, antenato dell’Unione democratica di centro (UDC) – puntavano il dito contro il «radicalismo infeudato alla Bahnhofstrasse» (la strada di Zurigo dove hanno sede molte banche).

«La storia del PLR è fatta anche di divergenze ed è attraversata da forze centrifughe. Il liberalismo è sempre stato confrontato a questa necessità di giustificare il legame tra libertà e Stato. È chiaro che quando l’attrito tra questi due poli è forte come oggi, il liberalismo è esposto a tensioni particolarmente violente», analizza Meuwly.

Un conto è però quando queste dissidenze si manifestavano anni fa, un altro invece oggi. «Quando il partito superava il 40% della forza elettorale e godeva della maggioranza assoluta in Consiglio nazionale, come prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, i danni erano poco visibili. Oggi il partito è a poco più del 16% e perciò queste divergenze sono pericolose», osserva Meuwly.

Un esempio che rimarrà confinato al Ticino

Il presidente del PLR Fulvio Pelli, che quando nel 2005 aveva assunto le redini del partito si era prefissato di riportare una certa disciplina, ha del resto digerito male le notizie provenienti dal suo cantone d’origine: «Ne abbiamo abbastanza delle provocazioni di questi personaggi che vogliono solo mettersi in mostra», ha dichiarato all’annuncio di «Incontro democratico».

Molto verosimilmente, l’esempio ticinese di avvicinamento con la sinistra non varcherà i confini del cantone. Non solo per le ingiunzioni presidenziali, ma anche perché, come osserva Oscar Mazzoleni, «il tema di un asse privilegiato con il Partito socialista non è assolutamente d’attualità a livello nazionale».

«Il dibattito riguarda piuttosto l’autonomia rispetto all’Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice, ndr) – prosegue il politologo ticinese. La domanda a cui è confrontato il PLR è sapere se ha un futuro come partito autonomo distinto dall’UDC all’interno dell’area borghese di centro-destra, oppure se il suo avvenire è legato a un’intesa – per necessità più che per desiderio – con questo partito».

Olivier Meuwly è dello stesso avviso. Secondo lo storico vodese, un simile avvicinamento sarebbe stato possibile se i tentativi di dar vita alcuni anni fa a una nuova socialdemocrazia più aperta al mercato e meno ‘assistenzialista’ non fossero scoppiati come una bolla di sapone. «Se ad esempio il manifesto del Gurten (un documento redatto nel 2001 da alcuni socialisti per rinnovare il partito, ndr) fosse diventato un modello per il Partito socialista, vi sarebbero state delle passerelle tra i due partiti. Oggi invece queste passerelle non esistono».

Daniele Mariani, swissinfo.ch

Il Partito radicale democratico (PRD) fu fondato nel 1894, con l’obiettivo di riunire le diverse anime di quella che era chiamata la “grande famiglia liberale”. In alcuni cantoni (Neuchâtel, Vaud, Ginevra…) questa unione non andò in porto. Solo nell’ottobre del 2008 i partiti liberale e radicale si sono fusi per dar vita ad un unico partito, chiamato ormai anche a livello nazionale Partito liberale radicale (PLR).

Fino allo scoppio della prima guerra mondiale il PRD occupò, grazie in particolare al sistema maggioritario, una posizione dominante negli esecutivi e legislativi, sia sul piano federale che cantonale.

L’introduzione del sistema elettorale proporzionale dopo la fine della prima guerra pose fine a questo dominio.

Durante il periodo tra le due guerre, il PRD fu confrontato a una serie di dissidenze. A destra, ad esempio, diversi ex esponenti del PRD confluirono nel nuovo Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi, che divenne negli anni ’70 l’Unione democratica di centro.

Dal 1959, il partito è presente in governo federale con due rappresentanti (fino al 1890 erano sette su sette, fino al 1919 cinque, poi quattro fino al 1943 e tre dal 1943 al 1959).

Nelle elezioni federali del 2007, il partito ha ottenuto il 15,8% dei voti per l’elezione in Consiglio nazionale (-1,5%). Nella Camera bassa ha 31 seggi, mentre in Consiglio degli Stati 12.

Il Partito socialista svizzera nacque nel 1888; tra i fondatori vi erano anche diversi ex esponenti del Partito radicale.

Nel 1890 conquistò il primo seggio nel parlamento federale.

Nel 1904 il partito prese una svolta marxista.

Durante il periodo tra le due guerre mondiali, il PS registrò una forte crescita (53 seggi in parlamento nel 1935, 28% dei voti), ma continuò ad essere escluso dal governo federale dalla maggioranza borghese.

L’ostracismo prese fine nel 1943, quando Ernst Nobs fu eletto in Consiglio federale.

Nel 1959, dopo un’assenza di sei anni in governo, il PS entrò nuovamente in Consiglio federale, questa volta con due rappresentanti.

Nelle elezioni federali del 2007, il PS ha ottenuto il 19,5% dei voti per l’elezione in Consiglio nazionale, confermandosi la seconda forza del paese dopo l’Unione democratica di centro, ma registrando una perdita di quasi quattro punti percentuali rispetto a quattro anni prima. Nella Camera bassa ha 43 seggi, mentre in Consiglio degli Stati nove.

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