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Una crisi che lascerà dei postumi

Micheline Calmy-Rey può sorridere; gli sforzi di normalizzazione con la Libia possono ora iniziare Keystone

Dopo il ritorno in patria di Max Göldi, è giunto il momento di normalizzare le relazioni con Tripoli, ha dichiarato lunedì la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey. Il parlamento svizzero, dal canto suo, vuole passare al setaccio la crisi ed esaminare l'operato del governo.

All’indomani della liberazione di Max Göldi, esprimendosi in occasione della riunione a Berna del Club della stampa diplomatica, la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito al ritorno in patria del manager di ABB, a cominciare dall’Unione Europea.

In particolare, la ministra degli esteri ha menzionato i suoi omologhi tedesco e spagnolo, nonché il primo ministro italiano Silvio Berlusconi. “Non ci hanno lasciati soli”, ha sottolineato Micheline Calmy-Rey.

La presenza domenica a Tripoli di Miguel Angel Moratinos, del presidente del consiglio italiano e di diversi diplomatici di alto rango tedeschi ed europei ha contribuito all’esito positivo della missione, ha aggiunto, precisando di aver continuato a nutrire dubbi “fino all’ultimo minuto”.

La ministra degli esteri ha difeso la strategia seguita dal governo svizzero: “Ci è voluto più tempo del previsto, ma [la crisi] sarebbe potuta durare ancora più a lungo”.

Micheline Calmy-Rey ha poi escluso che il canton Ginevra abbia versato alla Libia un indennizzo di 1,5 milioni di euro per la pubblicazione sulla Tribune de Genève di due foto segnaletiche di Hannibal Gheddafi. “Non ne ho mai sentito parlare. O allora si è trattato di un errore di traduzione. Mussa Kussa [il ministro degli esteri libico] ha parlato di indennizzo, ma non ha indicato nessuna cifra”, ha dichiarato la consigliera federale.

Da parte sua, Max Göldi ha pure ringraziato tutti coloro che si sono impegnati per la sua liberazione. “Per 23 mesi io e la mia famiglia abbiamo vissuto nella paura”, ha affermato durante una conferenza stampa organizzata a Berna. “Sono stato coinvolto in una vicenda che non mi riguardava. Ancora oggi non sono cosciente di aver commesso un errore”, ha aggiunto.

L’ora della distensione?

Sollievo è stato espresso anche dalla diplomazia europea. “Ci rallegriamo con i nostri amici svizzeri che Max Göldi sia stato infine liberato dal carcere, dopo mesi d’incertezza, e che sia potuto tornare in Svizzera”, ha ad esempio dichiarato il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle.

Un passo necessario – ha poi sottolineato Westerwelle – affinché si inizi ora a “guardare avanti”.

Una volontà espressa anche da Micheline Calmy-Rey: “Il lavoro non è finito; adesso si apre il capitolo della normalizzazione”. Secondo la ministra degli esteri, questa volontà è condivisa anche dalla controparte libica.

Al di là dell’aspetto politico, si tratterà soprattutto di ripristinare le relazioni economiche. All’indomani dell’arresto a Ginevra di Hannibal Gheddafi, le aziende svizzere attive in Libia avevano subito le rappresaglie del regime di Tripoli. Alcune filiali erano state costrette a chiudere i battenti e degli impiegati erano stati arrestati.

Parlando del primo arresto avvenuto nel luglio del 2008, Max Göldi ha del resto precisato lunedì che nella cella, assieme a lui e a Rachid Hamdani, vi erano altri tre dipendenti di società svizzere, poi rilasciati poiché non erano di nazionalità elvetica.

Conseguenze politiche

Con Göldi rientrato in patria, in Svizzera la vicenda libica si sposterà ora inevitabilmente anche sul terreno politico.

A nome della sottocommissione di gestione del Consiglio degli Stati, il senatore Peter Briner ha ricordato che la gestione della crisi da parte del governo è oggetto di esame. Le audizioni dei dipendenti dell’amministrazione federale e dei diplomatici implicati nella vicenda proseguiranno fino in autunno.

Le conclusioni potrebbero essere severe, in particolare per il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz, che nell’agosto del 2009, quando era presidente della Confederazione, si era recato in Libia all’insaputa dei suoi colleghi di governo.

I Verdi e il Partito borghese democratico lunedì hanno chiesto che venga fatta piena luce su questo viaggio, mentre l’Unione democratica di centro ha domandato al governo, per bocca del segretario generale Martin Baltisser, di “ammettere i propri sbagli”. Più accomodante il Partito popolare democratico: “Molti paesi hanno avuto problemi con la Libia”, ha ricordato il segretario generale Tim Frey.

Il Partito liberale radicale, di cui fa parte Merz, ha chiesto dal canto suo di esaminare l’operato di Micheline Calmy-Rey e di verificare se il suo dipartimento abbia informato compiutamente l’allora presidente della Confederazione delle azioni intraprese dalla Svizzera nei confronti di Tripoli. La crisi libica, insomma, non ha finito di far scorrere fiumi di inchiostro.

Daniele Mariani, swissinfo.ch e agenzie

Per porre fine alla crisi scoppiata con l’arresto di Hannibal Gheddafi nel luglio 2008 a Ginevra, Berna e Tripoli hanno approvato un “piano d’azione” in cinque punti.

In particolare, le due parti accettano di creare un tribunale arbitrale con sede a Berlino, che dovrà esaminare l’intervento della polizia ginevrina.

Il secondo punto riguarda la “pubblicazione illegale” delle foto segnaletiche di Hannibal Gheddafi. La Svizzera si scusa per l’accaduto e il canton Ginevra riconosce la sua responsabilità.

Il documento ricorda pure che le persone all’origine della trasmissione di queste foto alla Tribune de Genève devono essere tradotte davanti alla giustizia. Se sarà identificato un colpevole, la Svizzera dovrà indennizzare Hannibal Gheddafi.

Le autorità libiche devono dal canto loro accelerare la domanda di grazia di Max Göldi.

I mediatori europei garantiscono l’attuazione di questo piano. La Svizzera, la Libia, la Spagna e la Germania si incontreranno 15 giorni dopo la firma dell’accordo per fare il punto della situazione.

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