Prima “bacchettano” l’Italia, poi scoprono l’emergenza profughi
L’Unione europea si fa dettare l’agenda dalle tragedie della migrazione, invece di prevederle e prevenirle attraverso un progetto comune, afferma Aldo Sofia. Il giornalista e commentatore ticinese, ex corrispondente della RSI, non ha dubbi: l’accordo di Dublino è ormai superato e va rivisto, anche perché esercita una pressione insostenibile su paesi come l’Italia e la Grecia.
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Aldo Sofia, tvsvizzera.it
A lungo hanno fatto orecchi da mercante, negando in pratica che la questione migranti sulla frontiera sud dell’Unione fosse un problema generale dell’UE. Poi hanno accettato di sostituire Mare Nostrum con la missione Frontex, come dire il minimo sindacale. In seguito hanno tentato di assegnare quote di migranti agli Stati membri, ed è stato uno spettacolo deprimente di divisioni e rifiuti. Infine hanno bacchettato l’Italia per la mancata registrazione dei migranti. Ma di fronte all’ondata biblica, e disperata, dei migranti in fuga (via mare, o lungo la traiettoria dei Balcani, dalla Grecia alla Macedonia alla Serbia, e su fino al centro del continente) anche Germania e Francia hanno improvvisamente e finalmente “scoperto” che si tratta di un’ emergenza europea. “Più grave della crisi greca, più grave di quella dell’euro”, ha ammesso Angela Merkel.
Certo, più delle invocazioni di Renzi soprattutto durante il semestre di presidenza italiana dell’UE, sono stati i numeri di un’esodo senza fine a provocare il “ravvedimento” della coppia franco-tedesca; e anche a far capire a quella che si considera l’Europa virtuosa che, pur criticabile per certi aspetti, l’Italia (e ora anche la Grecia) poteva difficilmente reggere l’onda d’urto dei fuggitivi. Non è dunque solo a causa della disorganizzazione se dei 170.000 che sono sbarcati sulle coste italiane nel 2014, più della metà sono letteralmente “scomparsi”, liberi di fuggire verso il nord del continente, decisi a raggiungere famigliari o conoscenti già in Europa.
Piaccia o no, ormai ll Regolamento di Dublino (i ‘migranti’ devono essere registrati e rimanere nel Paese di primo acceso per evitare che più Stati si ritrovino a trattare la stessa richiesta d’asilo) è ampiamente superato dai fatti: si rivela incapace di regolare il flusso, e non garantisce dignità ai rifugiati. Ma, soprattutto, esercita una pressione insostenibile ai Paesi europei di “prima linea”. E anche a quelli di “secondo approdo”, come dimostrano l’inutile muro di filo spinato alzato dall’Ungheria, o i blindati schierati sul confine dalla Bulgaria, e ancora i timori di una Slovacchia che dice di voler accettare solo asilanti di religione cristiana.
L’Europa si fa dettare l’agenda dalle tragedie della migrazione, invece di prevederle e prevenirle attraverso un progetto comune
Così, la Germania di Angela Merkel, che con la Svezia detiene il primato di asilanti, e che si aspetta di dover affrontare 800.000 nuovi arrivi per il 2015, ha deciso di ricorrere alla “clausola di sovranità”, accettando per spirito umanitario l’entrata dei rifugiati siriani, il gruppo più numeroso fra quello che decidono di affrontare il “viaggio della speranza”.
Un vistoso , e meritevole, strappo agli accordi di Dublino. Di cui voci sempre più numerose chiedono con urgenza una revisione urgente, considerati tutti i limiti che li rendono disfunzionali, disumani e comunque già superati dagli eventi. Ennesimo esempio di un’Europa che si fa dettare l’agenda dagli avvenimenti e dalle tragedie, invece di prevederle e prevenirle attraverso un progetto comune.
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I corpi senza vita di oltre 70 profughi ritrovati in un camion abbandonato in Austria e centinaia di possibili vittime in due naufragi al largo della Libia: il dramma della migrazione ha scosso una volta di più l’Europa. Per la stampa svizzera questa catena può essere spezzata soltanto attraverso una strategia comunitaria. Per farlo, però, è necessario passare dalle parole agli atti, da "una cacofonia vergognosa" a una maggiore solidarietà.
“Era solo questione di tempo prima che una tragedia dei migranti, davanti alla nostra porta di casa, scuotesse l’opinione pubblica, scrivono Tages Anzeiger e Der Bund. Ma è solo la faccia più cruda di un dramma che si gioca tra Vienna e Izmir. Da settimane i profughi stremati raggiungono i Balcani nel loro viaggio verso l’Europa occidentale, accolti da poliziotti che li bastonano e da trafficanti senza scrupoli”.
Di origine slovacca, con targhe ungheresi, il camion frigorifero da 7,5 tonnellate è stato ritrovato a pochi chilometri dalla frontiera ungherese. Stando alle prime indagini, era partito da Budapest mercoledì all’alba e aveva attraversato il confine nella notte. Al momento non si sa ancora nulla sulle vittime, il cui numero è salito ufficialmente ad oltre 70.
Ironia della sorte, la tragedia del Burgenland (Austria) “è avvenuta proprio sotto il naso” dei dirigenti europei riuniti giovedì a Vienna per un’ennesima riunione di crisi, ricorda il quotidiano La Liberté.
Si tratta di una tragedia “agghiacciante”, ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, “un monito affinché l’Europa sia solidale”.
Da tempo ormai, l’Unione europea cerca invano una soluzione solidale per far fronte all’afflusso di migranti, che da gennaio a luglio 2015 hanno raggiunto quota 340mila secondo i dati diffusi da Frontex.
Una volta di più, scrive però la Liberté, questo summit non ha portato a nulla, “a parte qualche dichiarazione portata dall’emozione”.
Per il caporedattore del quotidiano romando, l’Unione europea sta toccando sempre più il fondo. “L’Europa della disunione e dell’ognuno per sé, è imbarcata in una corsa alla fermezza: barriere in Ungheria, migranti parcheggiati senz’acqua in uno stadio a Kos, incidenti razzisti in Germania. Senza parlare della Slovacchia, che vuole sì accettare qualche siriano, ma a condizione che siano cristiani”. Senza contare i migranti bloccati nella giunga di Calais, accolti con i lacrimogeni in Macedonia, alloggiati in condizioni indecenti in un centro per richiedenti l’asilo in Austria, gestito da una filiale della società svizzera ORS.
La macabra scoperta di giovedì in Austria dovrebbe risvegliare l’Europa, affermano senza mezzi termini Tages Anzeiger e Der Bund. L’urgenza può essere superata soltanto con una strategia comunitaria, che include una ripartizione dei profughi su quote obbligatorie, applicate a tutti gli stati. Ma per farlo è necessaria una maggiore solidarietà. E attualmente in Europa ogni Stato fa ciò che vuole (…). È una cacofonia vergognosa per il Premio Nobel della pace Unione europea”.
Mentre l’attenzione dell’Europa era focalizzata sul dramma sopraggiunto in Austria, giovedì centinaia di migranti avrebbero perso la vita nel naufragio di due barconi al largo delle coste libiche occidentali. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni da inizio anno sarebbero almeno 2'300 le persone decedute nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.
Intervistato dalla Radiotelevisione svizzera di lingua francese, il presidente del CICR Peter Maurer ricorda dal canto suo che eventi tragici come quello avvenuto in Austria accadono ogni giorno sulle rotte migratorie in Africa, in Medio Oriente e altrove e si dice preoccupato da un possibile aggravarsi dei conflitti attualmente in corso, che potrebbero spingere milioni di persone a lasciare le loro case e a rifugiarsi nei paesi limitrofi, come il Libano o la Giordania.
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