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Roma pronta ad ascoltare Berna, ma senza impegni precisi

Romano Prodi e Micheline Calmy-Rey hanno qualificato di "eccellenti" le relazioni tra i due paesi Keystone

La presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey è stata ricevuta a Roma dal primo ministro Romano Prodi, il quale è stato ringraziato per il ruolo svolto nella conclusione degli accordi bilaterali tra Berna e Bruxelles.

Nella capitale italiana si è pure parlato della vertenza fiscale che oppone Svizzera ed Europa. Prodi ha lasciato capire di non condividere le interferenze di Bruxelles.

Hanno scelto uno dei luoghi più suggestivi di Roma: villa Pamphilj, storico edificio con vista sulla vicina cupola di San Pietro. È qui che Romano Prodi ha ricevuto lunedì Micheline Calmy-Rey. I due si conoscono bene. Ed infatti la presidente della Confederazione ha subito reso omaggio all’attuale premier italiano per il suo ruolo nell’avvicinamento tra Berna e l’Unione europea (Ue).

«Lo voglio di nuovo ringraziare per il contributo che ha fornito per il conseguimento dell’accordo sui bilaterali bis, quando era a capo della Commissione europea», ha detto Calmy-Rey.

La stessa Commissione che invece ha recentemente aperto un contenzioso con la Svizzera sui privilegi fiscali accordati da alcuni cantoni a ditte straniere.

«Un modo inaccettabile di trattare un partner che si considera affidabile, che ha sempre operato per la ricerca di soluzioni concordate e nei confronti del quale si parla ora di sanzioni». Non usa mezzi termini la ministra degli esteri, che considera irricevibile «anche sul piano giuridico» la richiesta di una revisione dell’accordo di libero scambio sottoscritto 35 anni fa.

Maggior rispetto

Forte anche del sostegno e dell’unanime reazione del mondo economico e della maggior parte dei partiti svizzeri, anche con i suoi interlocutori italiani Micheline Calmy-Rey ha ribadito che Berna esclude la possibilità di rinegoziare le intese del 1972.

Già nell’intervista apparsa sull’edizione odierna del «Corriere della Sera», la consigliera federale ha dichiarato che «dall’Europa la Svizzera vorrebbe maggior rispetto: un suo funzionario ci ha definito ‘profittatori’ e la cosa mi ha scioccato».

La Svizzera – ha poi sottolineato nell’odierna conferenza stampa – in base agli accordi con l’Ue ha già restituito ai paesi dell’Unione 300 milioni di euro, ha varato un miliardo di franchi per il fondo di coesione, mentre il saldo degli scambi commerciali è sempre e comunque a vantaggio dei paesi europei.

Il sostegno dell’Italia

Sforzi riconosciuti da Romano Prodi, per il quale «non va dimenticato che l’avvicinamento tra Berna ed Europa si è realizzato anche grazie a ben tre referendum tenuti in Svizzera e tutti risoltisi positivamente».

In un’intervista alla Televisione svizzera di lingua italiana, il primo ministro italiano ha lasciato capire, pur senza entrare direttamente nel merito, di non condividere il tono dell’attuale Commissione nella polemica con la Svizzera: «Ho sempre pensato che con un paese come la Svizzera, con la sua storia, con le sue tradizioni, con la sua peculiarità e con la sua collocazione nel cuore del continente, vi sia un’unica strada da seguire: quella del dialogo».

Ma, ha aggiunto, «personalmente non sono preoccupato», lasciando intendere che la via del dialogo può portare i suoi frutti come in passato.

Significa che l’Italia appoggerà almeno in parte la posizione elvetica in sede europea? Micheline Calmy-Rey fa chiaramente intendere che a Roma ha registrato maggiore comprensione nei confronti delle tesi elvetiche, ma nessun impegno formale: «Disponibilità alla collaborazione – ci dice – ma in termini generali».

Il governo di Roma deve comunque ancora decidere se aderire (come hanno già fatto 16 paesi) alla domanda della Commissione europea, che ha chiesto ai 27 paesi dell’Ue un mandato per chiedere a Berna l’apertura di un negoziato sull’abolizione dei «privilegi fiscali» che priverebbero i singoli Stati dell’Unione di importanti entrate tributarie.

Rapporti eccellenti tra Roma e Berna

Non è detto dunque che dopo la visita di Micheline Calmy-Rey la Svizzera abbia trovato nell’Italia (dove è stata ricevuta al Quirinale anche dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, e poi dal presidente della Camera Fausto Bertinotti) un interlocutore disposto a difenderla in sede europea. Ma sicuramente un partner comunque più disposto a tener conto delle sue ragioni.

Del resto, i rapporti bilaterali vengono definiti «eccellenti» da Romano Prodi, anche per quanto concerne la valutazione della situazione internazionale, con particolare riferimento alla drammatica situazione in Vicino Oriente.

L’Italia rimane il secondo partner commerciale della Svizzera. E gli importanti investimenti elvetici nella penisola hanno creato circa 60.000 impieghi. Eventualmente, sarà questa realtà economico-politica a pesare sull’atteggiamento italiano nel braccio di ferro in corso tra Svizzera ed Europa.

swissinfo, Aldo Sofia, Roma

Secondo i dati sul commercio estero per il 2006, l’Italia è il secondo partner commerciale della Svizzera in Europa, dopo la Germania e prima della Francia.
Esportazioni svizzere in Italia nel 2006 (da gennaio a novembre): 14,9 miliardi di franchi, soprattutto prodotti chimici, farmaceutici, macchinari ed energia elettrica.
Importazioni italiane in Svizzera: 17,3 miliardi (prodotti farmaceutici, macchinari, tessili ed abbigliamento, prodotti agricoli ed alimentari).

L’Unione Europea (Ue) chiede alla Svizzera di abolire i privilegi fiscali accordati da alcuni cantoni alle imprese straniere che hanno sede sul suo territorio, ma realizzano i propri profitti all’estero. Questi privilegi, considerati dall’Ue come “aiuti statali”, violerebbero l’accordo di libero scambio del 1972.

La Svizzera ritiene invece che l’oggetto della disputa non concerne l’accordo del 1972 e che la concorrenza fiscale esistente fra i cantoni è leale e sana.

L’esecutivo dell’Ue ha chiesto agli Stati membri un mandato di negoziazione “allo scopo di trovare una soluzione reciprocamente accettabile” e avrebbe già ricevuto un “ampio sostegno” da parte dei paesi membri.

A difesa della Svizzera si è recentemente manifestato il Lussemburgo, indicando che “la trattano come se fosse l’Iraq delle Alpi”.

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