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Segreto bancario tra passato e futuro

Una storia che parte da lontano RDB

Gli archivi federali svizzeri hanno recentemente pubblicato una serie di fonti storiche concernenti le origini del segreto bancario nella Confederazione. Le interpretazioni non sono però univoche.

Oggi più che mai, il segreto bancario svizzero è un tema che suscita accese discussioni e non pochi malumori a livello internazionale. Le sue origini risalgono però a molte decine di anni or sono.

Proprio per tentare di fornire elementi di riflessione su questa tematica, gli Archivi federali svizzeri hanno recentemente pubblicato una scelta di fonti storiche basata sulla documentazione in loro possesso.

Le origini

L’introduzione del segreto bancario nella Confederazione viene fatta generalmente risalire al 1934, data della Legge sulle banche. Ciononostante, osservano gli storici degli archivi federali, «di fatto il diritto privato esigeva riservatezza dai banchieri già molto prima».

Ciò che viene introdotto nel 1934 – nel quadro dell’articolo 47 – è la tutela penale del segreto bancario. Concretamente, cioè, i revisori dei conti e gli impiegati di banca potevano essere puniti per la comunicazione non autorizzata di dati sui propri clienti con una detenzione fino a 6 mesi e una multa di 20’000 franchi.

Scrivono gli archivi federali: «Il segreto professionale dei banchieri rappresentava soltanto un aspetto secondario della legge sulle banche, che prevedeva norme sui fondi propri, sulla revisione bancaria, sulla protezione dei depositi e sul controllo delle banche commerciali da parte di una commissione federale della banche».

Gli ambienti bancari si erano a lungo opposti a una regolamentazione statale: «La strada verso l’introduzione di una legge sulle banche si spianò definitivamente solo quando, nell’autunno del 1933, la Confederazione dovette sostenere la Banca popolare svizzera [in grave difficoltà dopo la crisi finanziaria dei primi anni Trenta] con 100 milioni di franchi».

In quell’occasione, per giustificare l’intervento statale, il consigliere federale Albert Meyer utilizzò un’argomentazione riecheggiata molto spesso in tempi recenti: «Non è possibile lasciare andare a fondo un istituto che gestisce un capitale di un miliardo e un quarto di franchi e la cui liquidazione avrebbe ripercussioni gravi sulla situazione delle altre banche, sul credito del paese e in ultima analisi sulla nostra moneta».

Quale peso?

Nella loro ricostruzione, gli storici degli Archivi federali osservano: «Dalle fonti ufficiali emerge chiaramente che il segreto bancario riveste soltanto un ruolo marginale nelle decisioni politiche. […] La garanzia, sul piano penale, dell’obbligo di segretezza costituiva in un certo senso una compensazione per il potenziato controllo sulle banche da parte degli uffici di revisione esterni e delle autorità».

Sébastien Guex – professore di storia contemporanea all’Università di Losanna, che da anni si occupa degli aspetti storici legati al segreto bancario – è critico in merito a queste considerazioni e allo studio stesso: «Il lavoro degli Archivi federali non presenta assolutamente nulla di nuovo, né a livello di fonti, né a livello di conclusioni. Anzi: vi sono persino delle inesattezze».

Secondo Guex, per esempio, «il ruolo del segreto bancario nell’accettazione delle legge sulle banche è stato decisivo, e non marginale. L’articolo sul segreto bancario ha infatti costituito la condizione irrinunciabile posta dagli ambienti bancari per adottare il testo di legge».

Suscitare un dibattito

Guido Koller – portavoce degli Archivi federali – puntualizza: «Il nostro obiettivo non era quello di presentare delle novità a livello di contenuti. Desideriamo invece attirare l’attenzione in merito all’esistenza di fonti – che riconducono alle origini di questioni attualmente molto dibattute – e promuovere la discussione sulla loro interpretazione. Tali fonti rimandano a questioni nuove o ancore aperte che possono essere tratta dalla ricerca storica».

Koller precisa poi: «Trattandosi di documenti amministrativi, le nostre fonti si riferiscono in primo luogo al processo legislativo che ha condotto alla legge sulle banche».

James Bond e la Svizzera

In merito alla difesa del segreto bancario da parte delle autorità elvetiche, Guex osserva: «L’unica strategia possibile è quella difensiva. È infatti ben difficile attuare una politica proattiva in merito a un sistema che consente di celare dei soldi sottratti all’imposizione fiscale».

A suo parere, «non vi era peraltro motivo di cambiare tattica: la Confederazione riesce a difendere con successo il segreto bancario – uno degli elementi che ha garantito il prodigioso sviluppo della piazza finanziaria elvetica – da praticamente un secolo».

Inoltre, sottolinea Guex, «gli attacchi contro il segreto bancario hanno anche un effetto positivo: ne dimostrano l’efficacia! La “cattiva fama” della Svizzera da questo punto di vista ha costituito un’eccellente pubblicità. A tal proposito, persino i film di James Bond hanno giovato alla piazza finanziaria elvetica».

Musica del futuro

Per quanto concerne il futuro, lo storico indica tre fattori che influiranno sul destino del segreto bancario, sottoposto alle pressioni maggiori dalla fine della seconda guerra mondiale: «Dipenderà dai rapporti di forza tra la Confederazione e le potenze mondiali, dai rapporti di forza interni a queste ultime e dall’evoluzione della situazione economica».

Una via alternativa, aggiunge, potrebbe essere la costituzione di strutture simili a quelle del diritto anglosassone (trust), «ma non è un cambiamento che si può realizzare da un giorno all’altro».

Tra i vari scenari possibili, la Svizzera – in accordo con gli ambienti bancari – potrebbe anche decidere di abbandonare il segreto bancario a condizioni vantaggiose, per esempio in termini di accesso ai mercati. Ma questa è una storia ancora tutta da scrivere…

Andrea Clementi, swissinfo.ch

«Mancano prove certe del fatto che l’arresto di due banchieri elvetici a Parigi, nel tardo autunno del 1932, influì sulla discussione relativa alle disposizioni penali della legge sulle banche. Solo poche settimane prima della stesura del primo progetto di legge, le autorità francesi avevano arrestato i rappresentanti della Banca commerciale di Basilea per sospetto di concorso in frode fiscale. Il governo elvetico respinse la richiesta francese di visionare i libri contabili della banca».

Secondo Sébastien Guex, invece, questo fatto ha avuto un’importanza decisiva. Ovviamente, aggiunge, non vi saranno mai delle «prove certe», ma degli indizi importanti. Lo storico ha pure studiato le fonti francesi relative alla vicenda, giungendo fino a ipotizzare un impatto decisivo sulle sorti del governo francese dell’epoca (governo Herriot).

Gli archivi federali annotano, riferendosi al segreto bancario: «Contrariamente all’opinione corrente, le autorità elvetiche non rivolsero però grande attenzione ai patrimoni ebrei».

A tal proposito, Guex fa notare che questo dato di fatto è noto agli storici da già praticamente trent’anni.

Art. 47 della Legge sulle banche e le casse di risparmio

È punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria chiunque, intenzionalmente:

a. rivela un segreto che gli è confidato o di cui ha notizia nella sua qualità di membro di un organo, impiegato, mandatario o liquidatore di una banca, membro di un organo o impiegato di una società di audit;

b. tenta di indurre a siffatta violazione del segreto professionale.

La rivelazione del segreto è punibile anche dopo la cessazione della carica, della funzione o dell’esercizio della professione. Sono fatte salve le disposizioni delle legislazioni federali e cantonali sull’obbligo di dare informazioni all’autorità e di testimoniare in giudizio.

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