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Si può trattare il primo partito del paese da paria?

Finora in Svizzera, le disavventure capitate all'UDC erano appannaggio soprattutto dell'estrema sinistra Keystone

Il comune giurassiano di Bassecourt non ha autorizzato una riunione dell'Unione democratica di centro, il partito di governo che rappresenta la destra nazional-conservatrice.

Semplice gioco democratico o mancanza di rispetto delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione? Gli avvisi divergono sull’esclusione del partito che ha vinto le ultime elezioni federali.

Il piccolo comune di Bassecourt, nel Giura, aveva in un primo tempo accettato di mettere a disposizione dell’Unione democratica di centro (UDC) una sala di 700 posti per la sua assemblea del 30 settembre. In seguito ha cambiato idea, annullando la prenotazione.

«La grandezza del nostro villaggio (3’500 abitanti) non ci permette di far fronte alle intemperanze che questa assemblea, risentita come una provocazione da parte di coloro che si oppongono all’UDC, non mancherebbe di generare», scrive l’esecutivo comunale.

Ai microfoni della Radio della Svizzera romanda, il sindaco spiega che l’amministrazione comunale teme che venga organizzata una contromanifestazione che potrebbe attirare circa 800 persone. Françoise Cattin giustifica l’annullamento con i costi per la sicurezza – 20’000 franchi – che Bassecourt avrebbe dovuto sobbarcarsi.

Avvenimenti precursori

Gli esponenti dell’UDC deplorano dal canto loro la decisione. Il primo partito del paese indica di voler trovare una soluzione in un’altra località del canton Giura. O, in ogni caso, nel nord-ovest del paese. Il governo giurassiano, del resto, ha già intrapreso dei passi per trovare un’alternativa.

Tra il Giura e l’UDC non corre buon sangue. Lo scorso anno, il ministro democentrista Christoph Blocher era stato sonoramente contestato a Saignelégier, in occasione di una sua visita a una festa tradizionale.

Sempre nel 2005, qualche decina di chilometri più ad ovest, sempre nella catena giurassiana ma a La Chaux-de-Fonds, nel canton Neuchâtel, un’assemblea dell’UDC aveva scatenato alcuni tumulti.

Bassecourt va oggi più lontano, rifiutando che il partito si riunisca sul suo territorio. Per lo storico Hans-Ulrich Jost, la novità è soprattutto legata all’identità di chi è messo al bando.

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Piuttosto l’estrema sinistra

Finora in Svizzera questo genere di disavventure concerneva soprattutto l’estrema sinistra o degli esponenti di questi partiti. Il leader comunista Humbert-Droz, ad esempio, era stato dichiarato persona non grata a Losanna nel primo dopoguerra.

«In questo periodo e in seguito, i rappresentanti del Partito del lavoro (comunisti) non hanno evidentemente potuto riunirsi come volevano. La differenza è che loro non erano al governo e che erano molto più deboli».

Hans-Ulrich Jost suppone inoltre che il dietrofront di Bassecourt sia in realtà solo la punta dell’iceberg: molti comuni avrebbero in passato già preso decisioni simili e non solo nei confronti dell’UDC.

Lo storico stima perciò che questo caso non rappresenti un grave precedente per il diritto di riunione e la democrazia e dice di capire le reazioni nei confronti di una corrente politica che «visibilmente cerca di eccitare le passioni».

«Bassecourt ha semplicemente fatto uso delle sue competenze», sottolinea Jost. «Credo quindi che l’UDC non debba prendersela, soprattutto tenuto conto del fatto che questo partito ha sempre difeso le competenze decisionali dei comuni, segnatamente in materia di naturalizzazione degli stranieri».

Gioco democratico

«Il caso di Bassecourt si iscrive nel gioco democratico, anche se non è stato un gioco particolarmente elegante, prosegue lo storico. Fino a quando ciò non si traduce in confronti armati bisogna rassegnarsi, la politica del resto è una guerra civile permanente».

Hans-Ulrich Jost osserva del resto che «la nozione di democrazia è utilizzata in maniera ambigua dalla stessa UDC; non voglio giustificare le reazioni nei confronti di questo partito, ma le capisco».

La decisione di Bassecourt non si iscrive evidentemente in un vuoto giuridico. «In principio esiste il diritto fondamentale di riunirsi, di organizzare un’assemblea in un edificio comunale», spiega Etienne Grisel, professore di diritto costituzionale a Losanna.

«Rifiutare un’assemblea non può giustificarsi che a due condizioni: quando ci sono dei rischi enormi per la vita umana o la sicurezza e quando per evitare dei disordini deve essere messo in piedi un dispositivo di polizia smisurato».

Intolleranza inquietante

Etienne Grisel non vuole pronunciarsi sulla legittimità della decisione giurassiana, che «dipende da circostanze concrete, ad esempio la configurazione precisa dei luoghi».

Il professore constata però che «le autorità dovevano avere ragioni ben precise per temere dei disordini, sennò la loro decisione non sarebbe stata giustificata». Una giustificazione che i tribunali potrebbero essere chiamati a valutare nel caso in cui l’UDC dovesse decidere di fare ricorso.

La decisione del comune di Bassecourt solleva inoltre un’altra problematica essenziale. Etienne Grisel non nasconde di trovare «inquietante che bisogna temere a questo punto dei disordini in occasione dell’arrivo di un partito politico che difende un’opinione rappresentata nelle nostre autorità e che non mira a un sovvertimento dell’ordine costituzionale».

«Ciò che è preoccupante è l’intolleranza nei confronti di opinioni differenti. Questo tipo di reazioni sono inammissibili», conclude Grisel.

swissinfo, Pierre-François Besson
(traduzione di Daniele Mariani)

La Costituzione federale garantisce, nel capitolo Diritti fondamentali, la libertà di riunione.

“Articolo 22 Libertà di riunione
La libertà di riunione è garantita.
Ognuno ha il diritto di organizzare riunioni, nonché di parteciparvi o no.”

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