Il colera mette Haiti ancora più in ginocchio
Ad Haiti i casi di colera aumentano senza sosta. L'associazione svizzera Caritas ha incrementato gli sforzi per lottare contro la malattia ed è riuscita a raccogliere 600 000 franchi. L'igiene e l'informazione sono gli strumenti più efficaci per arrestarne la diffusione.
Ad Haiti la paura è grande. Gli abitanti delle zone centrali e del nord hanno manifestato violentemente per le strade; ritengono i caschi blu nepalesi responsabili dell’epidemia che imperversa da un mese.
L’ONU si è vista costretta a sospendere i suoi programmi. La Caritas, che collabora con partner locali, per il momento non è toccata dai disordini. Nel frattempo, il colera si è diffuso anche oltre le frontiere haitiane. Intervista a Karin Mathis, responsabile dei programmi e delegata della Caritas ad Haiti.
swissinfo.ch: Com’è la situazione ad Haiti in questo momento?
Karin Mathis: I casi stanno sensibilmente aumentando e la malattia si sta diffondendo a livello geografico. Le cifre ufficiali riferiscono di circa 1000 decessi e oltre17 000 persone ospedalizzate. Sette di 10 circoscrizioni sono toccate dall’epidemia.
Crediamo che il numero di casi in realtà sia maggiore. Non tutti hanno accesso alle strutture sanitarie o hanno raggiunto a tempo gli ospedali. In questo momento, è diventato chiaro per tutti che l’epidemia sarà una preoccupazione ancora per molto tempo.
swissinfo.ch: Il colera si sta diffondendo. Sono stati resi noti i primi casi nella confinante Repubblica Dominicana e negli Stati Uniti.
K.M.: Considerando la globalizzazione e gli importanti spostamenti di persone, non è per niente sorprendente. L’Organizzazione mondiale della sanità ha segnalato che il 75% delle persone in contatto con la malattia sono semplicemente portatori senza manifestare i sintomi.
D’altro canto bisogna anche dire che il colera è una malattia estremamente pericolosa perché può portare molto velocemente alla morte. Ma è anche facile da curare e da prevenire. Bastano buoni impianti sanitari, igiene, accesso all’acqua potabile. Ad Haiti queste condizioni sono difficili da trovare. Soprattutto gli impianti sanitari sono carenti.
swissinfo.ch: Come si sente la popolazione? Ci sono state delle manifestazioni anti ONU.
K.M.: La gente ha paura, il colera è per loro una malattia nuova. E si sta diffondendo a macchia d’olio. Soprattutto le persone con meno educazione tendono a stigmatizzare il significato dell’epidemia e ciò ha delle conseguenze dirette. Ho sentito, per esempio, di una persona infetta che non è riuscita a trovare nessuno per portarla all’ospedale perché tutti hanno paura di essere contagiati e non vogliono essere in contatto con le persone malate.
Occorre assolutamente informare le persone sul contagio e su cosa si può fare contro la malattia. Attualmente il colera ha raggiunto la capitale, Port-au-Prince.
swissinfo.ch: Cosa sta facendo Caritas per combattere il colera?
K.M.: Lavoriamo con organizzazioni locali a Gonaïves, la capitale della regione d’Artibonite dove è stata rilevata la maggior parte dei casi e dove l’epidemia è iniziata. Sono dei partner di lunga data, attivi ad Haiti da molti anni.
Il loro lavoro consiste nel distribuire materiale igienico e filtri per l’acqua e nel sostenere gli ambulatori. Inoltre stanno diffondendo informazioni tramite campagne radiofoniche e distribuendo volantini sul colera. Stiamo anche lavorando in 12 scuole qui a Gonaïves: informiamo i bambini sulla prevenzione e forniamo loro acqua potabile.
swissinfo.ch: Come vede il futuro?
K.M.: Bisogna assolutamente migliorare le condizioni sanitarie. La gente non ha accesso all’acqua potabile, soprattutto nelle zone rurali, ma anche nelle baraccopoli delle città. Le persone bevono l’acqua dei fiumi e la usano per lavarsi. Non ci sono latrine e manca la consapevolezza delle misure di igiene basiche che permetterebbero di evitare il contagio. C’è tantissimo lavoro da fare in questo senso. Per noi significa che integreremo la prevenzione e l’informazione in altri progetti, per esempio quelli agricoli.
Il colera è una malattia infettiva caratterizzata dalla presenza di diarrea acuta causata da cibo o acqua infetta dal batterio Vibrio cholerae.
L’acqua potabile e buone strutture igieniche sono cruciali per ridurre la diffusione del colera e delle altre malattie propagate dall’acqua. Fino all’80% dei casi possono essere trattati tramite la reidratazione orale.
Secondo gli specialisti, l’epidemia di colera ad Haiti diventerà endemica come la malaria, la tubercolosi e il virus dell’HIV.
Dal 1948, quando l’OMS ha iniziato a raccogliere i dati relativi al colera ad Haiti, è la prima volta che la malattia si manifesta.
Per gli esperti l’inizio dell’epidemia è ancora un mistero. Può essere stata importata oppure era già presente. Anche il clima e il livello di sale dell’acqua possono aver contribuito alla sua diffusione.
Il colera è l’ultimo dei disastri che ha colpito il paese: in gennaio un terribile terremoto ha causato circa 230 000 morti e lasciato circa 1.3 milioni di persone senza tetto.
I fondi supplementari hanno permesso alla Caritas di estendere le sue attività da fine ottobre.
Anche la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e l’ONG Catena della solidarietà hanno contribuito a sostenere i programmi supplementari di Caritas.
I programmi comprendono la distribuzione di siero, disinfettanti e mascherine per un ospedale e diversi ambulatori nella regione d’Artibonite. Inoltre è prevista la distribuzione di 6000 set igienici e 2000 filtri per l’acqua.
Inoltre si cerca di informare la popolazione tramite una campagna radiofonica e dei volantini sul colera. In 12 scuole si fa prevenzione ed è distribuita acqua potabile.
(traduzione e adattamento, Michela Montalbetti)
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