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Sotto pressione la Svizzera diventa una buona alunna

Keystone

Con la firma del dodicesimo accordo riveduto sulla doppia imposizione, la Svizzera è stata tolta dalla lista grigia dei cattivi allievi dell'OCSE. Una tappa importante per i clienti stranieri delle banche svizzere, che non sancisce tuttavia la fine delle pressioni internazionali.

Era il 13 marzo scorso. Messa sotto pressione dai grandi paesi, la Svizzera annunciava la sua intenzione di allinearsi alle norme sullo scambio d’informazioni fiscali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Berna avrebbe soppresso la distinzione tra evasione e frode fiscale.

Sei mesi più tardi, la Svizzera esce dalla lista grigia e non è più considerata un “paradiso fiscale”, una denominazione sempre ricusata dalle autorità elvetiche. Per riuscirci, Berna ha dovuto firmare dodici convenzioni riviste sulla doppia imposizione (l’ultima giovedì sera con il Qatar), il cui contenuto è per ora confidenziale.

«Complimenti alle autorità svizzere», ha detto il segretario generale dell’OCSE Angel Gurria, parlando di uno «sviluppo molto significativo a dimostrazione che i paesi dell’OCSE sono pronti ad avvicinarsi» all’obiettivo.

Sono «molto fiero» e «molto soddisfatto di aver ottemperato alle esigenze del G20 in un lasso di tempo così corto», ha commentato il presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz.

Pressione mantenuta

La Svizzera può dire «di aver svolto il proprio lavoro», afferma il direttore degli investimenti presso Reyl & Cie, François Savary, secondo cui questo passo avanti «consentirà di lavorare con maggiore serenità».

«A corto termine si prospetta un periodo molto più calmo». Difficile però prevedere se ci saranno altri attacchi dall’esterno. «Non si tratta forzatamente della fine delle pressioni internazionali – sottolinea Savary – anche se possiamo perlomeno sperare di attraversare un periodo intermedio, una sorta di zona d’equilibrio tra il mantenimento del segreto bancario e la volontà degli altri Stati di ottenere concessioni dalla Svizzera».

La Confederazione, rileva Sergio Rossi, professore di economia all’Università di Friburgo, «ha fatto ciò che le è stato chiesto». Ma numerosi paesi, in primo luogo gli Stati Uniti, vogliono evitare buchi nei loro bilanci: la caccia ai contribuenti è destinata a proseguire.

«La pressione sarà mantenuta. La Svizzera potrebbe vedersi imporre il modello accettato dal Liechtenstein, secondo cui le banche devono fornire al fisco di origine dei suoi clienti stranieri i nominativi e i montanti depositati».

Della stessa opinione Hans-Rudolf Merz, il quale rammenta che l’Unione europea sembra dirigersi verso uno scambio automatico delle informazioni, come auspicato in particolare da Francia e Germania. Abbiamo ottenuto un momento di tregua – ha indicato a swissinfo.ch – ma ci troviamo ancora parzialmente sotto tiro.

Interessi propri

Sul fronte interno, il futuro delle nuove convenzioni sulla doppia imposizione non è completamente certo. Dovranno ancora superare lo scoglio del Parlamento e, verosimilmente, ottenere l’approvazione del popolo.

In caso di accettazione, il Dipartimento federale delle finanze prevede un’entrata in vigore degli accordi per l’inizio del 2011.

Vi è dunque la concreta possibilità che il processo democratico metta il bastone tra le ruote della macchina imposta dall’OCSE. «C’è pure il rischio che fra sei mesi il numero di dodici accordi non sia più sufficiente», avverte Sergio Rossi. «Questo limite minimo è stato scelto siccome Stati Uniti e Gran Bretagna ne hanno firmati dodici».

A causa dei deficit budgetari, della crisi economica e dell’emergenza dei paesi in via di sviluppo, prosegue il professore, «ci troviamo in una situazione non cooperativa: ogni paese si preoccupa dei propri interessi nazionali ed è disposto ad agire contro quelli degli ex partner».

Competenza ed efficacia

A beneficiare degli adeguamenti effettuati da Berna, rileva ancora l’economista, sono i clienti stranieri delle banche svizzere, i quali guadagnano in «chiarezza» e in «sicurezza giuridica». Un «vantaggio comparativo» per il settore bancario elvetico, che la Svizzera avrebbe comunque dovuto adottare prima.

Finora, il settore ha potuto approfittare dalla rendita indotta dal segreto bancario, spiega dal canto suo François Savary. «Tenendo conto che il segreto bancario è stato preservato, la competenza e la capacità di essere efficaci diventano ora determinanti per la piazza finanziaria e l’attività di gestione patrimoniale in Svizzera»

La clientela estera delle banche svizzere è soprattutto attirata dalla qualità dei prodotti e dalla consulenza alla clientela, oltre che dalla stabilità economica e politica del paese, rammenta Sergio Rossi.

«Per questo tipo di persone, che rappresentano la maggioranza della clientela, depositare soldi in Svizzera continua a essere un’opzione interessante. Per coloro che vogliono sfuggire al fisco, invece, la fine della distinzione tra evasione e frode ha modificato le carte in tavola.

Ottimizzazione fiscale

Per François Savary, il nuovo quadro legale consentirà di sviluppare ulteriormente le attività di ottimizzazione fiscale della clientela. Un servizio che già esiste, «ma che diventerà determinante».

Le banche svizzere dovranno pure consolidare il profilo dei loro clienti, stima Sergio Rossi. In altre parole, dovranno proporre prodotti specifici a clienti specifici, «pur rimanendo onesti per ciò che riguarda le implicazioni finanziarie o fiscali nei loro paesi di origine».

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dal francese : Luigi Jorio)

Dal 13 marzo 2009, la Svizzera ha firmato una convenzione sulla doppia imposizione contenente la clausola di assistenza amministrativa estesa con Danimarca, Lussemburgo, Francia, Norvegia, Austria, Gran Bretagna, Messico, Finlandia, isole Far Oer, Stati Uniti e Qatar.

Negli accordi firmati rientra pure quello con la Spagna. Nella convenzione in vigore con Madrid è infatti inclusa una clausola che consente alle autorità spagnole di applicare automaticamente le nuove disposizioni sottoscritte dalla Svizzera con altri paesi.

La lista nera dell’OCSE raggruppa gli Stati che non hanno effettuato alcun progresso in materia di cooperazione fiscale. Al momento è vuota.

La lista grigia include gli Stati che hanno promesso di riprendere gli standard dell’OCSE, ma che non hanno ancora firmato nuovi accordi sulla doppia imposizione con almeno dodici paesi. Attualmente vi fanno parte diversi paesi tra cui Liechtenstein, Singapore e Filippine.

La Svizzera è stata stralciata dalla lista grigia dopo la firma della dodicesima convenzione con il Qatar, indica un comunicato dell’OCSE.

Belgio, Lussemburgo e Austria sono dal canto loro già stati inseriti sulla lista bianca.

I criteri sono però destinati a cambiare: in futuro non basterà più firmare dodici convenzioni rivedute e provare la propria buona volontà.

Il Forum dell’OCSE sulla trasparenza e sullo scambio d’informazioni in materia di questioni fiscali elaborerà una strategia «solida, completa e universale di monitoraggio e di valutazione al fine di assicurarsi che i membri attuano i loro impegni».

Un primo rapporto sul monitoraggio dei progressi effettuati sarà pubblicato entro la fine dell’anno.

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