Prospettive svizzere in 10 lingue

Sudafrica: gli archivi privati rimangono chiusi

Gli storici svizzeri non avranno accesso a tutti i documenti sui legami con il regime dell'apartheid Keystone

Le aziende svizzere non dovranno aprire i loro archivi agli studiosi incaricati di far luce sui rapporti tra Svizzera e Sudafrica durante il regime dell’apartheid.

Lo ha deciso la Camera bassa del parlamento, confermando le restrizioni imposte dal governo svizzero.

Gli storici svizzeri dovranno proseguire le loro ricerche sulle relazioni intrattenute da Svizzera e Sudafrica, tra il 1948 e il 1994, senza poter consultare, almeno temporaneamente, gli archivi privati delle ditte svizzere e ad una parte importante degli archivi federali.

La Camera bassa ha infatti respinto venerdì un’iniziativa parlamentare presentata da Pia Hollenstein, consigliera nazionale ecologista, che mirava a rendere accessibile ogni fonte per chiarire i delicati rapporti tra i due paesi, durante il periodo della segregazione razziale in Sudafrica.

Tre anni fa, il Consiglio federale aveva incaricato il Fondo nazionale per la ricerca scientifica (FNS) di realizzare questa complessa indagine storica, allo scopo di verificare, in particolare, i sostegni accordati dalla Svizzera al regime dell’apartheid.

La lezione dei fondi in giacenza

Il governo voleva così evitare di ritrovarsi nuovamente impreparato, dopo la penosa vicenda sui fondi ebraici che, alla fine degli anni ’90, aveva costretto la Svizzera a riesaminare, in modo alquanto affrettato, il suo comportamento durante la Seconda guerra mondiale.

Dal novembre del 2001, dieci gruppi di ricercatori del PNR 42+ sono quindi all’opera per ricomporre un puzzle di legami politici, economici, militari e sociali, in un periodo i cui il Sudafrica era sottoposto ad un embargo internazionale.

Ma, nell’aprile scorso, lo stesso Consiglio federale ha deciso di bloccare l’accesso a tutti i dossier federali che riguardano le attività svolte dalle aziende svizzere in Sudafrica.

Un provvedimento adottato, secondo quanto reso noto dal governo, per tutelare gli interessi delle ditte elvetiche, confrontate ad una raffica di denunce collettive sporte negli Stati uniti a nome delle vittime dell’apartheid.

Una decina di aziende svizzere nel mirino

L’azione legale è condotta da due avvocati “d’assalto” americani: Ed Fagan, già in prima fila nella vicenda sui fondi ebraici, e Michael Hausfeld, considerato uno dei 100 avvocati più influenti negli Stati uniti.

Dopo aver contribuito a “strappare” 1,25 miliardi di franchi svizzeri alle banche svizzere (UBS e CS), i due legali sperano ora di costringere una decina di aziende elvetiche e quasi un centinaio di imprese europee a versare cospicui indennizzi ai loro clienti sudafricani.

L’accusa principale delle denunce – unificate nel frattempo in un solo procedimento legale – è di aver sostenuto economicamente e finanziariamente il governo di Pretoria, prolungando il regime dell’apartheid, le discriminazioni e la repressione della popolazione nera.

Critiche da parte degli storici

Secondo il Consiglio federale, il blocco parziale degli archivi federali è necessario per preservare l’uguaglianza giuridica delle ditte svizzere rispetto a quelle straniere, in vista di un possibile processo nei loro confronti negli Stati uniti.

Pochi giorni orsono, il ministro delle finanze Kaspar Villiger ha ricordato che, ai ricercatori, è già stato concesso il diritto di sfruttare documenti dell’amministrazione federale normalmente inaccessibili prima della scadenza di un periodo di 30 anni.

La decisione del governo ha tuttavia sollevato reazioni negative da parte degli storici svizzeri, che deplorano le restrizioni imposte alla loro libertà di ricerca. Per alcuni, il governo sembra voler nascondere aspetti negativi della sua politica nei confronti del Sudafrica.

I ricercatori sperano comunque di poter concludere oltre la metà dei loro lavori entro i termini previsti (2003 e 2004).

Governo sudafricano contrario

Seguendo la volontà del governo, anche il Consiglio nazionale si è schierato in favore delle restrizioni alle attività dei ricercatori. Le aziende non dovranno quindi aprire i loro archivi privati.

Secondo la maggioranza dei deputati, le imprese elvetiche non devono essere esposte agli attacchi degli avvocati americani, che non vengono neppure sostenuti dalle autorità sudafricane.

Una settimana fa, nel corso di una visita a Berna, lo stesso presidente sudafricano Thabo Mbeki, aveva criticato le denunce collettive e aveva affermato che il suo governo non avanzerà nessuna pretesa nei confronti di aziende svizzere ed europee.

swissinfo, Armando Mombelli

Maggio 2000: il Fondo nazionale della ricerca (FNS) viene incaricato di studiare i legami tra Svizzera e Sudafrica (1948-1994)
Novembre 2001: iniziano i lavori del programma PNR 42+
Giugno 2002: prime denunce collettive sporte negli Stati uniti contro aziende svizzere
Aprile 2003: il Consiglio federale blocca parzialmente l’accesso agli archivi federali

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR