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Attacco di Bruxelles: il governo svizzero con le spalle al muro

Borsa svizzera
Anche la borsa svizzera è diventata oggetto di contrattazione nella vertenza in corso tra Berna e Bruxelles sulla conclusione di un accordo quadro destinato a regolare i rapporti tra la Svizzera e i membri dell'UE. Keystone

La decisione dell’UE di autorizzare solo per una durata limitata l’accesso della borsa svizzera ai mercati finanziari europei rappresenta una chiara discriminazione, agli occhi del governo elvetico. Mentre i partiti sono pronti a dare battaglia, la stampa mette in guardia dai rischi di un’escalation. 

Mercoledì, i paesi membri dell’UE hanno approvato la proposta della Commissione europea di limitare a un solo anno il riconoscimento dell’equivalenza per la regolamentazione svizzera dei mercati azionari.  Il rinnovo dal 2019 dipenderà dai progressi raggiunti in vista della conclusione di un accordo quadro tra la Svizzera e l’Unione. Un accordo che costringerebbe in pratica la Confederazione ha riprendere automaticamente la legislazione europea nei settori toccati da accordi bilaterali. 

In questo modo, Bruxelles passa all’attacco o al contrattacco, dopo che il governo svizzero aveva tentato di collegare la questione dell’accordo quadro alla concessione, da parte della Confederazione, di un altro contributo miliardario per sostenere lo sviluppo dei paesi est-europei e la coesione interna dell’UE. Dopo questa mossa della Commissione europea, le relazioni tra la Svizzera e l’UE sono ora più tese di quanto non lo siano da anni. 

Decisione discriminatoria per il governo svizzero

Il governo svizzero ha reagito mercoledì alla decisione di Bruxelles, mettendo in dubbio la legalità di tale provvedimento e affermando di avere l’impressione che abbia lo scopo di indebolire la piazza finanziaria elvetica. Il Consiglio federale, ha indicato la presidente della Confederazione Doris Leuthard nel corso di una conferenza stampa, “intende opporsi alle decisioni discriminatorie relative ai provvedimenti UE, che pregiudicano la competitività della Svizzera. Ha ha quindi deciso di avviare immediatamente dei lavori per rafforzare la piazza finanziaria e borsistica svizzera”. 

Secondo il governo, la decisione dell’Unione europea “peggiora inoltre le relazioni bilaterali in dossier importanti”. Alla luce di questi sviluppi, il Consiglio federale si riserva il diritto di una nuova rivalutazione del progetto relativo al versamento di una secondo contributo all’allargamento dell’Unione Europea a beneficio dei paesi est-europei. 

Il governo svizzero si è sempre fatto garante dello sviluppo delle relazioni bilaterali e si è posto come obiettivo di proseguire nel 2018 i negoziati per un accordo istituzionale, ha aggiunto Doris Leuthard. Il Consiglio federale “constata però anche le profonde divergenze che continuano a permanere e per superare le quali occorre la disponibilità reciproca a condurre una discussione oggettiva in un clima di completa fiducia”.

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Porre in gioco il miliardo di coesione 

In Svizzera la decisione dell’Unione ha suscitato grandi interrogativi anche da parte dei maggiori partiti, in particolare per quanto riguarda l’opportunità di liberare 1,3 miliardi di franchi quale contributo all’allargamento e alla coesione dell’UE, come previsto finora dal Consiglio federale. 

Per la presidente del Partito liberale radicale (PLR) Petra Gössi, in caso di discriminazioni della Svizzera da parte dell’UE, “il miliardo di coesione ha poche prospettive di essere approvato dal suo partito. Stiamo considerando la possibilità di rinviare questa decisione in Parlamento”.  

Una posizione analoga viene espressa anche dal Partito popolare democratico (PPD). “È chiaro che il miliardo di coesione viene rimesso seriamente in discussione all’interno del nostro partito”, ha dichiarato il presidente del PPD Gerhard Pfister. 

Evitare reazioni emotive 

Più cauta la stampa svizzera, per la quale sia la Svizzera che l’UE non avrebbero nulla da guadagnare da un inasprimento del loro contenzioso. 

“Questa decisione suscita un’ondata di reazioni emotive in Svizzera”, osserva la Neue Zürcher Zeitung. “In questi casi, si può dare solo un buon consiglio: rallentare il polso, valutare la situazione, dialogare. Attualmente sta accadendo il contrario”.

A detta del quotidiano zurighese, “Jean-Claude Juncker commette un errore quando distribuisce baci a Berna e parla di un trattato di amicizia, per poi passare bruscamente da una politica di amicizia a una politica antipatica di potere. In questo modo non si fa nuovi amici e non si fa nemmeno più vicina la conclusione di un accordo quadro con l’UE”. 

Rischio di escalation 

Secondo il Tages-Anzeiger e il Bund, “il problema principale non è che il pericolo sia stato apparentemente sottovalutato quando Jean-Claude Juncker, capo della Commissione europea, ci ha fatto visita qualche settimana fa – e tutto sembrava armonioso. Può succedere che un partner negoziale cambi improvvisamente posizione”.   

“Ciò che irrita è il modo con il quale diversi membri del governo svizzero hanno reagito in questi ultimi giorni. Si annunciano ritorsioni preventive, si lascia intendere che si potrebbero sospendere i pagamenti del miliardo di coesione. Il ministro liberale radicale Johann Schneider-Ammann (FDP) ha persino dichiarato che l’equivalenza del mercato azionario rappresenta una premessa indispensabile per il versamento del contributo ai membri est-europei dell’UE. Il ministro era a conoscenza di ciò che ha detto? Il governo farebbe veramente una simile cosa, accettando un’escalation?” 

Demonizzazione dell’UE 

Per la Handelszeitung, la presidente della Confederazione Doris Leuthard ha commesso uno sbaglio, promettendo a Bruxelles 1,3 miliardi di franchi quale contributo ai paesi dell’Europa orientale, senza chiedere dapprima garanzie. “L’astuto tattico Juncker ha sfruttato questo errore, collegando il futuro della borsa con l’accordo quadro. Il Consiglio federale si ritrova in una posizione scomoda: se ritira il suo contributo alla coesione, mette a repentaglio il futuro della borsa valori. Se libera il contributo miliardario, diventa vulnerabile in patria”. 

Agli occhi del settimanale economico, “la Svizzera non deve cadere ora nella tentazione della retorica anti-UE: non si ricava nulla dalla demonizzazione dell’Unione europea. In ultima analisi, questa mossa di Juncker non fa altro che chiarire chi dispone di maggior potere: ed è l’Unione europea”.

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