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Svizzera divisa sul fumo vietato (DA RIVEDERE)

Una legge federale che stenta ad andare in porto Keystone

Introdotto in alcuni cantoni svizzeri, il divieto di fumo nei locali pubblici continua a dividere il mondo politico. L'adozione di una legge nazionale, chiamata a conciliare protezione della salute e interessi economici, incontra ancora molte difficoltà.

Sulla scia delle norme in vigore a livello cantonale, il disegno di legge esaminato dall’Assemblea federale intende bandire il tabacco negli stabilimenti di formazione e di cura, nell’amministrazione pubblica, sui luoghi di lavoro e nei locali pubblici.

Concordi sulla necessità di tutelare la popolazione, i parlamentari restano divisi sull’ipotesi di allargare il divieto di fumo a bar e ristoranti. Il rischio è forte, avvertono le associazioni di categoria, di ridurre drasticamente gli introiti nei settori alberghiero e della ristorazione, con effetti negativi anche per le casse dello Stato. Senza parlare del pericolo di una “deriva” moralizzatrice della legge e del suo carattere liberticida.

Ma gli interessi del mondo economico si scontrano con l’incontestabile necessità di proteggere quella parte della popolazione, oltre il 70%, che del tabacco non ne vuole proprio sapere. Oggi un cittadino su quattro è esposto involontariamente al fumo passivo per almeno un’ora al giorno, con conseguenze spesso letali. Lo stato, secondo i fautori della legge, è dunque chiamato a intervenire per ridurre il rischio di malattie e i costi a carico della collettività.

Un percorso ad ostacoli

Presentato a maggio dello scorso anno, il progetto di legge ha scaldato gli animi dei parlamentari, divisi tra i sostenitori di una versione più restrittiva e quelli disposti a fare un’eccezione in nome degli interessi economici e della libertà individuale.

“Il tema è stato trattato in modo ideologico ed emotivo”, spiega il consigliere nazionale Ignazio Cassis. “Una parte importante del Parlamento ha finto di non capire che si tratta di una legge per proteggere i non fumatori e non una proibizione del fumo tout court”. Chi vorrà, infatti, potrà continuare ad accendersi una sigaretta all’aperto oppure in appositi spazi separati, dotati di ventilazione sufficiente.

“Bisogna trovare il giusto equilibrio tra i diritti e la libertà del singolo cittadino e i diritti e la libertà della collettività”, ha ricordato il presidente della Società svizzera di salute pubblica. “Un equilibrio da costruire di volta in volta, a seconda delle tematiche che si affrontano”.

Il dibattito non va però limitato al tabagismo. La Svizzera necessita di una politica più coerente nel campo delle dipendenze, che contempli tutte le sostanze psicoattive con un potenziale di danno analogo per la salute. In questo modo, secondo Cassis, i minorenni potranno davvero essere tutelati e i maggiorenni saranno chiamati ad agire con cognizione di causa e responsabilità.

Piena libertà ai cantoni

Una maggiore coerenza a livello nazionale non significa tuttavia minore autonomia per i cantoni, che nel sistema federalistico elvetico dispongono di un ampio margine di manovra per quanto riguarda la sanità.

I cantoni potrebbero dunque avere l’ultima parola sul divieto di fumo nei locali pubblici e sul posto di lavoro. Il Parlamento vuole infatti autorizzarli a fissare norme più severe di quelle imposte nella futura legge federale, nonostante il rischio di trovarsi con 26 regole diverse.

Finora cinque cantoni hanno già deciso, anche se con sfumature diverse, di tenere sigarette e sigari fuori dalla porta di uffici, scuole, ristoranti e altri locali pubblici. Fumo bandito dai bar ticinesi e ginevrini, dunque, ma non da quelli giurassiani e lucernesi.

Altri cantoni hanno seguito la stessa via, limitando però il provvedimento agli edifici dell’amministrazione e a quelli scolastici, senza toccare il settore alberghiero e della ristorazione. Al vaglio dei politici ci sono inoltre proposte per limitare la pubblicità dei prodotti del tabacco e la loro vendita.

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Prevenzione, un atto di coraggio

Nella lotta alle dipendenze, tuttavia, non si deve considerare soltanto l’aspetto più repressivo. L’accento deve essere posto anche sulla prevenzione, attraverso una maggiore sensibilizzazione e informazione della popolazione sui rischi legati a queste sostanze.

Malgrado i successi ottenuti negli ultimi anni nella lotta al tabagismo, la Svizzera si colloca leggermente al di sotto della media europea in materia di prevenzione (al 18° posto su 30). Un ritardo confermato anche dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

In Svizzera, competenze e responsabilità in questo campo non sono chiaramente definite tra comuni, cantoni e Confederazione, così come tra lo stato e le organizzazioni private. Non esiste una strategia globale, né obiettivi chiari in ambito sanitario.

È dunque prioritario, secondo l’ex medico cantonale ticinese Ignazio Cassis, portare avanti un progetto di legge federale sulla prevenzione della salute, che ordini gli obiettivi, fissi le regole, chiarisca le responsabilità e definisca i finanziamenti idonei. “La Svizzera non può lasciarsi scappare l’opportunità di elaborare una politica sanitaria moderna”, di cui fanno giustamente parte la promozione della salute e la prevenzione delle malattie.

swissinfo, Stefania Summermatter

L’Irlanda è stata la prima nazione europea a introdurre, nel 2004, il divieto di fumare sul luogo di lavoro, ristoranti e bar compresi. Numerosi altri paesi – tra cui Francia, Italia, Gran Bretagna, Svezia, Danimarca e Germania – hanno seguito l’esempio, istituendo legislazioni simili. In alcuni casi è consentita l’installazione di locali appositi per i fumatori.

Lo scorso anno la commissione europea ha presentato una serie di proposte per una generalizzazione del divieto di fumo nei ventisette Stati membri. Secondo uno studio Eurobarometro, infatti, l’88% della popolazione è favorevole all’introduzione di una misura repressiva in questo senso.

Negli USA i singoli Stati hanno la facoltà di decidere in merito al divieto di fumare; più della metà dispongono di una severa legislazione che impedisce il fumo in bar e/o ristoranti. In Canada è stata introdotta nel 1986 una legge volta a proteggere i non-fumatori sul posto di lavoro, che consente l’introduzione di spazi separati.

A tre anni dall’introduzione del divieto di fumo, il numero di amanti del tabacco è sensibilmente calato in Italia, sia tra gli uomini che tra le donne.

La vendita di sigarette è diminuita del 6,2%, da 98,9 milioni di chili nel 2004 a 92,7 nel 2007.

Iniziano a farsi sentire anche i primi effetti benefici sulla salute: secondo uno studio condotto a Roma, infatti, la minore esposizione al fumo passivo ha portato a un calo delle malattie cardiovascolari.

swissinfo.ch

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