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Svizzera italiana dimenticata?

La candidata ticinese Patrizia Pesenti ha abbandonato la corsa Keystone

Per sostituire Ruth Dreifuss in Consiglio federale ci vuole una personalità della Svizzera latina. Ma la latinità elvetica finisce in Romandia?

La candidata ticinese Patrizia Pesenti è stata esclusa dal gioco. La provenienza geografica sembra sempre più subordinata ad altri fattori.

Venerdì 15 novembre il gruppo parlamentare socialista ha scelto le due candidate per la successione di Ruth Dreifuss. La ginevrina Micheline Calmy-Rey e la friburghese Ruth Lüthi sono le candidate ufficiali del Partito socialista.

Nulla di fatto dunque per la candidata di lingua italiana Patrizia Pesenti. Una settimana dopo il primo voto della direzione del Partito socialista, anche i deputati alle Camere hanno scelto due consigliere di stato romande, escludendo dal gioco l’unico uomo e soprattutto la candidata ticinese.

Reazioni sdegnate

Immediatamente dopo il voto della centrale, la direzione ticinese del Partito socialista si era detta costernata per la scelta unilaterale. Il Ticino faceva quadrato intorno alla propria candidata. E non solo la sinistra sudalpina sperava in un cambiamento di rotta. Ma poi è arrivata la delusione del secondo vaglio da parte del gruppo socialista alle Camere.

Una presenza nell’esecutivo nazionale avrebbe potuto avere un ruolo integrativo importante. Infatti negli ultimi anni, il popolo ticinese si è annunciato spesso con voce polemica. I ticinesi hanno bocciato importanti temi dell’attualità nazionale: gli accordi bilaterali con l’Europa e l’adesione all’ONU sono solo due temi che dimostrano una certa posizione difensiva, in dissenso con il Consiglio federale.

Conseguenze durature

Il Ticino ha avuto in passato una grande tradizione in governo. Già fra i primi sette nel 1848 c’era Stefano Franscini a rappresentare il territorio a sud. Per oltre metà dei 150 anni di storia dello Stato federale i ticinesi hanno avuto un proprio ministro.

Dunque dalla cronaca di Palazzo si potrebbe dire che la minoranza di lingua italiana – che non rappresenta un settimo della popolazione – non ha il diritto perpetuo ad un seggio in governo, ma ha avuto per lunghi periodi un suo posticino al sole della politica elvetica.

Lo storico Urs Altermatt afferma addirittura che la presenza del Ticino in Consiglio federale sia stata fondamentale per la coesione nazionale e per la crescita dell’identità svizzera del cantone di lingua italiana.

Presenza latina generica

Con il ritiro della ginevrina Ruth Dreifuss, il terzo seggio latino non sembra seriamente contestato. Il candidato dell’UDC, Toni Bortoluzzi, sembra piuttosto un fattore di disturbo che un reale pretendente alla carica. Anzi, già nell’amministrazione federale si nota una carenza di latini; non sarebbe il caso di mutilarne la presenza anche al massimo livello politico.

Ma i prescelti devono essere per forza romandi, escludendo ticinesi e grigionesi di lingua italiana e romancia? L’autorevole NZZ affermava già all’inizio delle battute di caccia ai candidati, che i cantoni di lingua francese hanno il diritto di presentare le loro richieste. Ma queste non sarebbero “sacrosante”. Ci sono anche altre minoranze linguistiche nel paese.

Grazie alla candidatura ufficiale della ticinese Patrizia Pesenti e a quella solo ipotizzata della presidentessa di Pro Natura, la grigionese Silva Semadeni, il discorso si è fatto più complesso. Il dibattito sulla latinità si è riacceso.

Nuovi criteri di scelta

Un candidato al governo deve già corrispondere a molti criteri: deve essere del partito giusto, avere competenze ed esperienza, a volte deve essere anche donna e provenire dalla regione linguistica giusta.

Il Corriere del Ticino ha definito la nomina come “lacerante”. Lacerante – spiega il commentatore – perché ha escluso e penalizzato dei candidati con delle buone relazioni con gli altri partiti. E gli altri partiti dispongono della maggioranza dei voti in Parlamento.

Ma il commento rivela un fatto nuovo: anche al sud delle Alpi e nel giro di una sola settimana, il discorso linguistico è scomparso a favore di uno schietto argomentario politico.

La scelta delle due candidate sembra aver posto un primato politico sulla geografia linguistica, ricalibrando i parametri di valutazione. Anche al sud delle Alpi sembra torni la pace.

Patrizia Pesenti ha ritirato la sua candidatura e i giochi sembrano fatti: sarà una candidata del tandem ufficiale a succedere a Ruth Dreifuss. Una candidata consona alla linea del Partito socialista.

Nel frattempo si profila il nome del presidente del gruppo radicale Fulvio Pelli per la prossima successione in Consiglio federale. Il giurista è già quotato per la successione del ministro delle finanze Kaspar Villiger.

Daniele Papacella, swissinfo

La presenza di lingua italiana è stata garantita finora da 7 consiglieri federali ticinesi, con interruzioni dal 1864 al 1911, dal 1950 al 1954, dal 1960 al 1966, dal 1974 al 1986 e dal 1999.

Fra i primi sette consiglieri federali c’era Stefano Franscini (1848-1857). A lui è seguito Giovanni Battista Pioda (1857-1864).

Con Giuseppe Motta, eletto nel 1911, ed Enrico Celio ci fu una presenza ininterrotta fino al 1950; in seguito la Svizzera italiana è stata presente in Consiglio federale dal 1954 al 1959 con Giuseppe Lepori, dal 1966 al 1973 con Nello Celio e dal 1986 al 1999 con Flavio Cotti.

La minoranza romancia è stata rappresentata una sola volta con il grigionese Felix Calonder (dal 1913 al 1920). Altri due grigionesi conoscevano il romancio: Simeon Bavier (1879-1883) e Leon Schlumpf (1980-1987).

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