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Trattative salariali nel segno della crescita

Le prospettive di ripresa sembrano rosee, i sindacati vogliono che anche i lavoratori ne approfittino swissinfo.ch

Appellandosi alla crescita economica, i sindacati chiedono aumenti salariali, dunque più forza d’acquisto per rafforzare la congiuntura.

Il padronato non accetta il principio di aumento generalizzato, ma è disposto a negoziati settoriali.

La ripresa dell’economia elvetica si sta facendo più sostenuta: il barometro del Centro per le ricerche congiunturali del politecnico di Zurigo (KOF) segnala una crescita anche in luglio. Il prodotto interno lordo (PIL) dovrebbe aumentare anche nella seconda metà dell’anno.

In un clima di ritrovato ottimismo, i sindacati ripartono all’attacco: «Negli ultimi anni gli aumenti salariali sono stati particolarmente magri per il personale, in definitiva c’è stata una perdita di forza d’acquisto», spiega a swissinfo Bruno Schmucki, portavoce del FLMO, il Sindacato dell’industria, della costruzione e dei servizi.

Questa situazione è confermata anche dalle statistiche: a conti fatti, il borsellino dei lavoratori svizzeri ha perso alcuni punti percentuali negli ultimi anni. Questo modera la voglia di acquisti e dunque la ripresa.

Per questo i rappresentanti dei lavoratori hanno già dato fiato alle rivendicazioni: «Rispetto all’anno scorso, il clima economico è molto migliore e permette degli aumenti salariali», ha dichiarato Pietro Cavadini, portavoce dell’Unione sindacale svizzera (USS)

Aumenti auspicati

L’USS non ha ancora formulato una sua strategia definitiva per l’autunno caldo delle trattative salariali. Ma le varie organizzazioni settoriali hanno già fatto sapere nelle scorse settimane le loro richieste. Il Sindacato edilizia e industria (SEI) intende chiedere al padronato un aumento reale fra il 2,2 e il 3,5%.

«L’FMLO – afferma Bruno Schmucki – intende ancora concentrare le forze nell’ambito dei salari bassi, ma certamente anche il ceto medio ha bisogno di un aumento consistente per poter rafforzare la ripresa». Concretamente «almeno 100 franchi in più in ogni busta paga» e salari minimi per la metallurgia sopra i 3’700 franchi mensili.

Quasi tutte le organizzazioni di categoria si associano alle richieste, pur indicando che le necessità non sono uguali in tutti i settori dell’economia.

Consolidare la crescita

Dati alla mano, i sindacati affermano che durante la crisi degli ultimi anni, l’economia elvetica ha razionalizzato tutti i processi produttivi. Questo ha creato disoccupazione anche in settori nuovi, come fra gli informatici o gli impiegati di banca. Adesso ci si aspetta una contropartita. Chi è rimasto produce di più e meglio, ma continua a ricevere la stessa busta paga.

I sindacati vogliono dunque un aumento per assicurare la forza d’acquisto e la competitività della piazza economica: «Il personale qualificato ha diritto ad una retribuzione adeguata. Solo così si riuscirà a mantenere a lungo termine la concorrenzialità e da subito a rafforzare la ripresa economica a cui assistiamo attualmente», spiega Schmucki.

Sull’altro versante, il direttore dell’organizzazione padronale Economiesuisse, Peter Hasler, cerca di bloccare le rivendicazioni sul nascere: «Oggi nessun impiegato può ritenere scontato l’adeguamento al rincaro». Il padronato non vuole dunque cedere subito.

Concorrenzialità minacciata

Salari più alti, si afferma alla centrale degli imprenditori, potrebbero frenare la crescita, diminuire la forza d’investimento delle aziende e mettere in forse la concorrenzialità internazionale del paese. Inoltre si ritiene superato il sistema dei salari fissi. Si auspica piuttosto un passaggio al salario legato alla prestazione.

Ma i sindacati non hanno paura: «Dobbiamo guardare le potenzialità economiche della Svizzera. Non possiamo fare fronte alla concorrenza che arriva da est, sia la Polonia o la Cina. Da anni ormai l’economia interna si concentra su qualità, specializzazione e alta produttività. Questi sono gli assi nella manica dell’economia svizzera».

Le ragioni del padronato – dare la colpa al dollaro basso, al costo minimo della mano d’opera all’estero o alla perdita di velocità a livello internazionale – non convincono i rappresentanti dei lavoratori. I margini di guadagno, registrati negli ultimi mesi dalla maggior parte delle grandi aziende, indicano la possibilità di far partecipare anche i salariati alla mutata congiuntura.

Fattori esterni

Certo anche i sindacati ammettono che il contesto in cui l’economia si muove non è ancora perfetto: «Il recente innalzamento dei tassi di riferimento da parte della Banca nazionale è un cattivo segnale», afferma Schmucki.

Non ci sarebbero stati ancora segnali inflazionistici, e dunque la reazione dell’istituto nazionale avrebbe piuttosto frenato gli animi e reso più cari gli investimenti necessari a rilanciare gli investimenti e riassorbire così la disoccupazione creata negli ultimi anni.

«A questo si aggiungono – continua Schmucki – dei problemi strutturali legati alla concessione dei crediti. Sono soprattutto le piccole e medie imprese che hanno difficoltà a trovare i necessari crediti per promuovere la ripresa e l’innovazione».

Nondimeno i sindacati si aspettano una serie di successi nelle trattative per il rinnovo delle convenzioni collettive di lavoro.

swissinfo e agenzie

Il Sindacato edilizia e industria (SEI) chiede un aumento tra il 2,2% e il 3,5%.
Il Sindacato del commercio, dei trasporti e dell’alimentazione (FCTA) vuole tra il 2,5 e il 3% di aumento.
Il Sindacato dell’industria, della costruzione e dei servizi (FLMO),chiede un salario minimo di 3’700 franchi mensili nel settore metalmeccanico.

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