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Tremonti, lo scudo e il cavo

Keystone

Per il ministro italiano dell'economia, la Svizzera resta un paradiso fiscale nel quale è necessario andare a stanare gli evasori italiani. Anche a rischio d'incidenti sugli sci.

«Sono nato in Valtellina, conosco bene la Svizzera, ci andavo a sciare: però adesso devo stare attento, non vorrei trovarmi un cavo d’acciaio sotto la neve». L’ironica battuta fatta in conferenza stampa da Giulio Tremonti in seguito ad una nostra domanda, è stata ripresa da diversi giornali italiani.

«Scherzo, naturalmente, c’è grande simpatia e rispetto per il vostro paese», ha proseguito il titolare dell’economia e delle finanze. La sortita è evidentemente una reazione alle critiche piovute da diversi ambienti della Confederazione sulla sua «guerra totale» al segreto bancario elvetico.

Per la prima volta il ministro più influente di Berlusconi si è espresso pubblicamente su Svizzera e scudo fiscale. Lo ha fatto incontrando la stampa il 15 ottobre a Palazzo Chigi, sede del capo del governo.

Lista (ancora) grigia

Tremonti ha ribadito che la regolarizzazione dei capitali illecitamente trasferiti all’estero non può essere applicata alla Svizzera. Dalla Confederazione è possibile solo il rimpatrio dei capitali. Motivo: tra Berna e Roma non c’è ancora il nuovo accordo sulla doppia imposizione basato sulle norme OCSE a cui il Consiglio federale ha deciso di aderire.

Le trattative – abbiamo appreso da fonte svizzera – dovrebbero riprendere per un terzo round verso fine anno. Molto probabilmente l’incontro non sarà decisivo. In ogni caso un’intesa non è prevista prima del 15 dicembre, giorno di scadenza dello scudo fiscale. Per ora, ricorda Tremonti «la Svizzera non fa parte dei paesi che seguono gli standard europei» e quindi non può beneficiare della regolarizzazione dei capitali.

Per l’Italia, la Svizzera rimane in qualche modo nella cosiddetta lista grigia dei paradisi fiscali che devono diventare più cooperativi. Un atteggiamento che preoccupa la piazza finanziaria elvetica, visto che la gran parte dei capitali italiani occultati all’estero si trovano nelle banche della Confederazione; almeno 125 miliardi di euro, si stima da parte italiana. Lo scudo ne vorrebbe riportare a casa un bel po’, affinché entrino nel circuito dell’economia nazionale in grave difficoltà e per consentire allo Stato di fare cassa (si punta a 5 miliardi di euro di entrate fiscali).

Regolarizzazione no, rimpatrio giuridico sì

Tuttavia uno spiraglio (forse anche di più) viene previsto dall’ultima circolare in materia dell’Agenzia delle Entrate. Si chiama «rimpatrio giuridico». Grazie ad esso, ed attraverso diverse modalità, quantomeno sulla carta almeno una parte dei capitali potrà continuare ad essere gestita dagli istituti elvetici.

Eppure, ci ha detto Giulio Tremonti, l’obiettivo del governo italiano resta «quello di svuotare le caverne in cui viene portato il bottino dell’evasione fiscale».

«Le sembra normale che nel sud Italia sia presente una sola banca autoctona, mentre a Lugano, terza piazza finanziaria elvetica, le banche italiane sono ben 21? Evidentemente c’è qualcosa che non va in questa situazione. Noi partiamo dal principio che tutti i soldi portati nei paradisi fiscali sono sospetti. Se troviamo nominativi e importi all’estero, il nostro presupposto è che sono tutti prodotti di evasione fiscale. Spetta ai titolari dei conti dimostrare il contrario».

Avanti così anche senza scudo

Il ministro italiano ha aggiunto che non ci si deve aspettare che la lotta ai paradisi fiscali si esaurisca con la scadenza di questo scudo, il terzo in otto anni. «Nessuno deve pensare che una volta raccolti i frutti dello scudo le cose cambieranno. Io penso che il G20 di Londra [il vertice tenutosi lo scorso aprile, ndr.] ha dato un chiaro mandato a tutti: fine dei paradisi fiscali, fine del segreto bancario. Sarà una lotta sempre più significativa, internazionale ed efficace».

E come risponde – gli abbiamo chiesto – al severo giudizio e all’allarme lanciati dal direttore generale della Banca d’Italia, secondo il quale «lo scudo fiscale può avere effetti negativi» sulla motivazione dei contribuenti a «pagare le imposte in futuro»? Per Tremonti, non c’è motivo d’allarme; molti altri paesi si sono dati lo stesso meccanismo, «quindi non è più solo un problema italiano».

Il ministro lascia poi partire un affondo contro i vertici di Bankitalia: «Io trovo davvero curioso che ci sia una coincidenza di pensiero tra i moralisti, o quelli che parlano di etica legale, e i banchieri svizzeri. In sostanza dicono la stessa cosa. Ci sarà pure una giusta via di mezzo!».

Un accostamento polemico su cui una parte della stampa italiana è tornata ampiamente il 16 ottobre per segnalare questo nuovo capitolo dell’interminabile scontro fra Giulio Tremonti e il governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Un altro duello istituzionale nell’Italia berlusconiana. Stavolta in nome dello scudo fiscale.

Aldo Sofia, Roma, swissinfo.ch

Il Ticino e la sua piazza finanziaria denunciano una campagna mediatica scorretta da parte dell’Italia. Per contrastarla hanno lanciato una controcampagna a pagamento sui giornali italiani.

Le inserzioni, intitolate «Il segreto bancario in Svizzera esiste ancora», vogliono informare i clienti italiani sulle garanzie ancora offerte dalle banche svizzere.

Ci sarebbe disinformazione soprattutto per quanto riguarda la possibilità del cosiddetto rimpatrio giuridico, previsto dalla circolare 43 dell’Agenzia italiana delle entrate.

La campagna è partita il 14 ottobre. Lo stesso giorno c’è stato un incontro tra il governo del canton Ticino, l’Associazione bancaria ticinese e il municipio di Lugano nel corso del quale si è deciso di chiedere alla Confederazione d’intervenire in difesa della piazza finanziaria ticinese, così com’era intervenuta in seguito agli attacchi del ministro tedesco Peer Steinbrück.

La regolarizzazione è una dichiarazione di attivi all’estero che vengono attratti alla giurisdizione italiana. L’attivo resta tuttavia all’estero.

Il rimpatrio è il passaggio fisico dell’attivo in Italia.

La regolarizzazione si applica solo ai paesi la cui normativa è compatibile con quella dell’Unione europea.

Per l’Italia, tra questi paesi non c’è la Svizzera, che non è più nella lista grigia stilata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ma che non ha ancora un nuovo accordo con l’Italia rispettoso dei parametri OCSE.

Per la Svizzera è però ammesso il cosiddetto rimpatrio giuridico: attraverso un intermediario con sede in Italia si possono dichiarare capitali al fisco italiano pur mantenendoli materialmente nella Confederazione.

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