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UBS, la via è giusta… ma ancora molto lunga

Oswald Grübel, CEO di UBS AFP

La stampa elvetica commenta con estrema prudenza il risultato di UBS nel 2009: vi sono segnali incoraggianti, ma le difficoltà della banca non appartengono ancora al passato.

La banca ha chiuso il 2009 con una perdita di 2,74 miliardi di franchi. Tuttavia, nel quarto trimestre dell’anno UBS ha registrato un utile di 1,205 miliardi di franchi, di molto superiore alle attese. L’istituto è però nel contempo confrontato a un deflusso di clienti.

Si intravede la luce

Nel suo commento, la Neue Zürcher Zeitung evidenzia che la «la squadra dirigenziale di UBS ha compiuto il passo più importante, poiché una banca che riesce a ottenere degli utili è in grado di reggersi autonomamente e di guardare con fiducia al futuro».

Ciononostante, osserva il quotidiano zurighese, «l’istituto soffre di un’evidente mancanza di fiducia nei suoi confronti», testimoniata dal deflusso di capitali: riguadagnare i favori della clientela è infatti un’operazione che richiede tempi lunghi.

In quest’ottica, prosegue il commento, si inserisce la difficile sfida di mantenere una posizione di spicco nella gestione patrimoniale, anche a causa delle pressioni internazionali sul segreto bancario. Secondo la Neue Zürcher Zeitung, UBS può comunque avvalersi di una strategia onshore che ha dato buone prove.

Der Bund fa notare che UBS «intravede la luce, ma la strada che conduce fuori dal tunnel è ancora lunga». Anche questo quotidiano indica la mancanza di fiducia quale problema maggiore: «La più grande banca svizzera ha subito massicce perdite negli Stati Uniti e ha dovuto essere salvata dalla Confederazione. Si tratta di uno shock che segna ancora i clienti».

A ciò si aggiungono altre tre questioni: i problemi di natura fiscale oltre Oceano, le pressioni sul segreto bancario e le polemiche legate ai bonus. «Fintanto che questi aspetti non saranno risolti, UBS resterà sotto pressione», rileva Der Bund.

Il Tages Anzeiger fa notare che UBS si trova tra l’incudine e il martello. Da un lato vi sono gli investitori, che vogliono risultati soddisfacenti. Dall’altro vi sono le pressioni politiche: poiché UBS è stata salvata dai contribuenti, alla banca si chiede infatti di non assumere rischi eccessivi. Soluzioni? «Ci vorrà tempo, molto tempo».

Scelte sgradite

24 heures e la Tribune de Genève propongono a loro volta un commento comune tendenzialmente critico: «I clienti continuano a non fidarsi della banca. Non basta infatti parlare di fiducia per garantire il suo ritorno».

Secondo i due quotidiani, «l’esodo di capitali è legato in buona parte alle decisioni di cittadini svizzeri, irritati dalla scelta aziendale di versare 3 miliardi di bonus nel 2009». Inoltre, «UBS – come le banche private – soffre di un malessere di più vaste proporzioni, legato al segreto bancario che protegge l’evasione fiscale. La storia farà il suo corso, e presto non vi sarà nemmeno più l’esigenza di scegliere».

Anche la La Liberté è scettica: «Nonostante l’opera di cosmesi dei suoi dirigenti, UBS resta un paziente in cure intense. La banca può dire addio ai suoi sogni di grandezza. La migliore delle ipotesi è quella di un ridimensionamento che le permetta di concentrarsi sulla gestione di capitali».

Secondo Le Temps, la conclusione della controversia fiscale con gli Stati Uniti potrebbe invece costituire un elemento decisivo per rassicurare i clienti: «La banca ha dunque ancora bisogno del sostegno politico».

Il capitale più prezioso

La Regione Ticino fa notare che «il quarto trimestre positivo è risultato positivo oltre le attese. Ben 1,2 miliardi di utile netto contro i 300 milioni pronosticati dagli analisti. Ciò vuol dire che i costi sono stati riportati sotto controllo e l’attività della banca, soprattutto l’investment banking, ha ritrovato le cifre nere grazie anche alle buone performance dei mercati finanziari degli ultimi mesi».

Ciononostante, continua il quotidiano «preoccupa – e molto – il continuo deflusso di patrimoni che sembra non volersi arrestare presto. Ben 147 miliardi di franchi nel solo 2009 sono passati di mano, di cui quasi 6 fuggiti dal mercato interno verso altre banche svizzere. Questo vuol dire una sola cosa: che c’è un deficit di fiducia, il capitale più importante per un istituto bancario. E qui bisognerà correre ai ripari. È certo che non giova il contenzioso ancora aperto con gli Stati Uniti. Fanno infine storcere il naso quei tre miliardi accantonati per i bonus».

swissinfo.ch

UBS è la principale banca svizzera. Opera su scala mondiale.

Sedi: Zurigo e Basilea.

Collaboratori: più di 65’000.

Utile netto 2009: –2,74 miliardi di franchi.

Utile netto 2006 (ultimo anno in positivo): 11,53 miliardi di franchi.

Utile netto 2008 (crisi legata ai subprime): –21,29 miliardi di franchi.

UBS ha indicato che gli oneri per il personale, bonus compresi, sono stati di 12,8 miliardi di franchi (2008: 12,2 miliardi).

I bonus ammontano a 3 miliardi di franchi (2008: 1,7 miliardi). La componente variabile è stabilita sul lungo periodo e quindi non è detto che verranno effettivamente sborsati i 3 miliardi contabilizzati.

La banca non ha rivelato se, oltre al CEO Oswald Grübel, altri top manager rinunceranno ai bonus.

Il Partito socialista ha reagito dicendo che «UBS non ha tratto nessuna conclusione dalle vicende passate». Il PS ritiene inammissibile che l’ammontare dei bonus sia equiparabile a quello delle perdite e depositerà a questo proposito una mozione parlamentare.

Particolarmente esposta sul mercato statunitense dei crediti a rischio (subprime), UBS è stata una delle banche più toccate dalla crisi finanziaria del 2008.

La Confederazione è intervenuta aiutando UBS con un credito di 6 miliardi e con un piano per liberare la banca dai cosiddetti fondi tossici.

UBS è stata messa sotto pressione anche dal fisco USA che ha minacciato gravi ritorsioni contro la banca, accusata di aiutare cittadini statunitensi ad evadere le tasse.

Gli USA hanno richiesto i dati dei clienti UBS sospettati di evasione fiscale. Nel febbraio 2009, le autorità elvetiche hanno autorizzato la banca a consegnare i nomi di 255 clienti.

Ad agosto, Svizzera e Stati Uniti raggiungono un accordo sulla vertenza UBS. Gli USA abbandonano la richiesta di ottenere i nomi di 52’000 titolari di conti. La Confederazione s’impegna a trattare entro un anno una domanda di assistenza amministrativa che riguarda circa 4’450 conti.

Entrambe le decisioni sono state giudicate illegali dal Tribunale amministrativo federale.

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