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Un artista bernese, ma non svizzero

Paul e Felix Klee sul balcone dell'appartamento bernese, 1934. ZPK/Schenkung Fam. Klee/Franz Aichinger

Paul Klee si spense prima di ottenere la naturalizzazione svizzera. Ma proprio la lentezza della procedura ha forse permesso che il suo lascito artistico rimanesse completo a Berna.

Quattro suoi collezionisti bernesi impedirono la vendita delle opere, che rimasero dunque nella capitale federale: grazie a questa circostanza ha potuto vedere la luce anche il Centro Paul Klee.

Ancor oggi la città di Berna viene criticata per aver trascinato così a lungo la procedura di naturalizzazione di Paul Klee.

Stando alle parole dell’ex sindaco della capitale Klaus Baumgartner, il centro dedicato all’artista, inaugurato il 20 giugno alla periferia della città, rappresenta “una possibilità unica di compiere un buon gesto nei confronti di Paul Klee e della sua famiglia”.

Tuttavia, ed è paradossale, un centro di questo tipo non avrebbe verosimilmente visto la luce se Klee avesse ottenuto in tempo la naturalizzazione.

Indesiderato nella Germania nazista

Nel 1933, subito dopo essere ascesi al potere, i nazisti iniziarono a perseguitare anche i rappresentanti dell’arte moderna. L’appartamento di Paul Klee a Dessau fu perquisito dalla polizia.

Poi, i nazisti proibirono di dipingere agli artisti ritenuti “degenerati” e sospesero Klee dalle sue funzioni di professore all’accademia d’arte di Düsseldorf. Il 23 dicembre 1933 l’artista partì in esilio con sua moglie Lily. Verso la Svizzera, di ritorno a Berna.

Esilio … a casa

Paul Klee era in effetti nato proprio nella capitale svizzera, dove aveva frequentato le scuole e dove, in seguito, sarà anche sepolto. Il padre, un cittadino tedesco, non aveva però mai richiesto la cittadinanza elvetica. E dunque Klee tornò a “casa” nelle vesti di immigrante straniero.

La sua domanda di naturalizzazione fu inoltrata già nella primavera del 1934 ma, sulla base dell’accordo di Berlino del 4 maggio 1933, le autorità la rifiutarono. Secondo questo trattato, i cittadini tedeschi potevano richiedere la cittadinanza elvetica soltanto dopo aver soggiornato per almeno cinque anni ininterrotti nella Confederazione.

Nell’aprile 1939 Klee fece un secondo tentativo. La sua documentazione fu approfonditamente studiata dalla polizia perché, come nella Germania nazista, anche in Svizzera il confronto tra l’arte moderna e tradizionale si era fatto più teso. Le nuove forme d’espressione erano infatti diffamate ed associate alla sinistra politica.

Morto prima della naturalizzazione

Rapporti segreti compilati da un ignoto funzionario e destinati al capo della polizia del canton Berna segnalavano come l’arte di Klee fosse l’opera di un malato di mente e come avrebbe potuto avere un influsso negativo sulla scena culturale locale. Il dossier diceva inoltre che Paul Klee non aveva legami reali con la Svizzera.

Ciò nonostante, il 19 dicembre 1939, Paul Klee ottenne il permesso federale per la naturalizzazione. Klee fu così in grado di richiedere la cittadinanza a Berna.

Dopo ulteriori audizioni, il 5 luglio 1940 il municipio della città avrebbe dovuto riunirsi per decidere finalmente sulla sua naturalizzazione. Ma Paul Klee si spense una settimana prima. E così il suo caso fu riposto nel cassetto.

La vedova Lily, anch’essa in qualità di cittadina tedesca, rimase a Berna a gestire il patrimonio artistico lasciato dal marito. Nel settembre 1946 si ammalò gravemente. Il suo unico figlio, Felix, stava al momento sfuggendo ai campi di prigionia russi in direzione della Germania.

Salvezza prima della svendita

Nel caso in cui anche la moglie Lily fosse deceduta, l’intero patrimonio della famiglia Klee, comprese le opere d’arte, sarebbe dunque stato ereditato da Felix. Il trattato di Washington tra le potenze alleate, al quale poco prima aveva aderito pure la Svizzera, prevedeva però la liquidazione di tutti i beni tedeschi in Svizzera.

Per evitare la svendita totale delle opere di Paul Klee, gli amici e collezionisti bernesi Hans Meyer-Benteli, Hermann Rupf, Rolf Bürgi e Werner Allenbach acquistarono l’intera eredità artistica e trasferirono la proprietà della collezione ad una società dedicata all’artista. L’operazione avvenne due giorni prima della morte di Lily, il 20 settembre 1946.

Un anno dopo fu creata la fondazione Paul Klee e la collezione fu esposta nel museo d’arte della capitale.

Di nuovo insieme, 52 anni dopo

Nel 1948, pure Felix si trasferì con la famiglia a Berna dove s’impegnò per far valere i propri diritti di unico erede sul patrimonio del padre.

Uno scontro legale durato quattro anni tra lui e la società Klee si concluse nel 1952 con un accordo extra-giudiziario. I beni furono suddivisi, ma entrambe le collezioni rimasero a Berna.

Infine, su iniziativa degli eredi di Felix Klee, della fondazione Paul Klee e delle autorità bernesi, le due collezioni sono state nuovamente riunite ed esposte nel nuovo centro Paul Klee.

swissinfo, Nicole Aeby
traduzione, Marzio Pescia

Dopo la morte di Paul Klee, il 29 giugno 1940, la vedova, Lily Klee, amministrò il suo lascito artistico.

Quando Lily Klee si ammalò gravemente nel 1946 i collezionisti bernesi Hans Meyer-Benteli, Hermann Rupf, Rolf Burgi e Werner Allenbach acquistarono il lascito e la biblioteca di Paul Klee per 120 mila franchi.

Successivamente fondarono la Società Klee, e nel 1947 una fondazione, che dichiarò invendibili le circa 3000 opere di Klee che diventarono “beni” della fondazione stessa.

La Fondazione Paul Klee sviluppò negli anni le proprie competenze nella ricerca sull’ opera dell’artista svizzero, e nel novembre del 2004 si è unita alla Fondazione del Centro Paul Klee.

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