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Un trend europeo

Si sta facendo strada in Europa l'idea di abolire l'obbligo di leva.

Dalla fine della cosiddetta “guerra fredda”, infatti, le nazioni si indirizzano verso un esercito di professionisti, sia per limitare i costi, sia per meglio rispondere alle mutate occasioni di conflitto.

Lo scacchiere internazionale è cambiato con il crollo del Muro di Berlino nel 1989, lo smembramento dell’Unione sovietica e del Patto di Versavia. Fino ad allora l’Occidente – e la Svizzera – aveva predisposto un assetto difensivo atto a fronteggiare un’invasione di “rossi”.

Oggi è unanimemente riconosciuto che i pericoli vengono da altrove, sono di altra natura e sarebbe perciò opportuno disporre di corpi militari specializzati, flessibili, superattrezzati, dotati di sistemi ad alta tecnologia per contrastare al massimo il “nemico” e ridurre al minimo i rischi.

Uno sguardo negli altri paesi

Le prime nazioni ad aver abolito l’obbligo di leva sono state quelle anglofone, che comunque, per tradizione, già disponevano di militari professionisti: la Gran Bretagna ed il Canada nel 1960, gli Stati Uniti nel 1973, dopo il ritiro dal Vietnam.

Poi è stata la volta di Benelux, Spagna e Francia. L’ultimo paese ad aver approvato una legge in materia è l’Italia, a fine luglio. Dal 2005, nella vicina penisola niente più servizio militare obbligatorio. In Germania l’obbligo persiste, ma di fatto è possibile scegliere liberamente tra servizio militare e civile.

Negli altri Stati dell’Alleanza atlantica, in particolare nei nuovi membri della NATO – Polonia, Repubblica Ceca ed Ungheria – la discussione si fa strada.

I paesi neutrali – Svezia, Finlandia, Svizzera ed Austria – ad eccezione dell’Irlanda, per ora mantengono l’obbligo del servizio di leva. In Austria però, si stanno esaminando diverse varianti, con soldati dotati o privi di arma.

In Danimarca e Portogallo, i giovani tenuti alla leva sono estratti a sorte. In Russia il programmato passaggio ad un esercito di professionisti è stato per ora accantonato, visto il perdurare della guerra in Cecenia.

Dalle quote all’attitudine al servizio

Secondo il sociologo e specialista di questioni militari Karl Haltiner, oggi un esercito di professionisti non rappresenta alcun pericolo per la democrazia, a condizione che i soldati siano cresciuti in un clima democratico e lo abbiano fatto proprio.

Controversa è invece la questione dei costi. A corto termine, la professionalizzazione è più onerosa per un esercito di milizia, ma sul lungo periodo no, afferma Victor Mauer, responsabile della ricerca sulla sicurezza politica europea al Politecnico di Zurigo.

In Svizzera, dove l’idea di un esercito di milizia è stata fin qui sacrosanta, l’obbbligo della leva è in vigore solo dal 1874. Certo, già tra i primi Confederati era menzionato il servizio obbligatorio in un sistema di milizia, ma esso veniva applicato in maniera differenziata, a seconda delle regioni.

E’ stato soltanto con l’avvento della Repubblica Elvetica (1798- 1803) che l’obbligo generale di servire è stato esteso a tutta la nazione, Ma anche allora soltanto in teoria, poiché si faceva ricorso a soldati, a fianco della professionistica Legione elvetica, solo in caso di bisogno.

All’epoca della Mediazione e della Restaurazione, le milizie cantonali funzionavano secondo un sistema di quote: stando al regolamento militare del 1817, esse reclutavano due uomini ogni cento abitanti.

Nel 1848 la Costituzione federale ha introdotto l’obbligo generale di servire, ma nei fatti il sistema delle quote veniva mantenuto, passando a tre uomini ogni cento abitanti.

E’ soltanto nel 1874 che vengono modificati Costituzione e Regolamento: la chiamata non avviene più in base alle quote, ma in base all’attitudine a servire.

swissinfo e agenzie

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