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Va dove ti porta il riso

La ricercatrice svizzera, attiva in Indonesia, Rachel Lorenzen. swissinfo.ch

La storia di Rachel e Stephan Lorenzen, scienziati e viaggiatori che hanno lasciato la Svizzera con la famiglia per lavorare a contatto dei contadini indonesiani.

swissinfo ha incontrato in Australia una coppia di ricercatori che si sono trasferiti in Asia per amore dell’Indonesia, della solidarietà e della coltura del riso.

Incontro Rachel Lorenzen al campus dell’Università Nazionale Australiana, a Canberra, ed ho subito l’impressione di sentire la storia di un legame molto forte, tra lei e Stephan Lorenzen. Ascoltando il loro racconto, capisco che l’Indonesia, almeno in parte, ha contribuito a rinforzare questo legame. «La prima volta che io e Stephan siamo andati a Giava per svolgere delle ricerche abbiamo capito di riuscire a lavorare molto bene insieme», dice Rachel. «Abbiamo scoperto di essere complementari».

Rachel è originaria di Adliswil, un paese che si affaccia sul lago di Zurigo. Il rapporto intimo con la campagna l’ha condotta a seguire studi universitari di Agraria, al Dipartimento di ingegneria agraria e scienze dell’alimentazione del Politecnico di Zurigo.

Ma Rachel ha sempre avuto uno sguardo curioso sul nostro pianeta e le popolazioni che vi abitano. Ha cominciato presto a viaggiare ed è venuta a contatto con l’Indonesia, una regione cui oggi è molto legata. «Per i miei studi di master dovevo fare un’esperienza all’estero – spiega – così ho deciso per l’Asia».

Nel 1997, la giovane ricercatrice ha saputo che Paneco – un’organizzazione non governativa con sede a Zurigo che si occupa di sviluppo sostenibile e scambi culturali – offriva opportunità di ricerche per lo sviluppo dell’economia sull’isola di Java.

Tutti a Giava

Così Rachel e Stephan sono partiti alla volta di Giava, con un figlio di dieci anni, Fedrik, ed in attesa di un secondo. «Ci siamo trovati benissimo: gli indonesiani sono molto amichevoli e premurosi, soprattutto con i bambini», racconta Rachel.

A Giava, Rachel ha studiato l’organizzazione della risicoltura, mentre Stephan – laureato in etnologia presso l’Università di Zurigo – ha investigato su diversi aspetti della società giavanese.

In quegli anni, durante una breve parentesi australiana, dove oggi vivono i genitori di Stephan, è nata la seconda figlia, Jael. Per affrontare i frequenti spostamenti, la coppia svizzera ha sviluppato una particolare capacità di adattamento. Tornati a Giava con Jael, di appena sette settimane, Stephan si è dedicato ai bambini, mentre Rachel terminava le sue ricerche. Terminato il lavoro in loco, la famiglia è rientrata in Svizzera.

E poi, a Bali

Ma non poteva finire certo qui l’avventura asiatica dei due ricercatori elvetici. «Mi interessa molto la risicoltura – spiega Rachel – ed in Svizzera non c’era molto da fare in questo settore». Il richiamo dell’oriente si è quindi fatto sentire ancora, e nel 2004 la coppia si è trasferita a Bali per una ricerca su mandato dell’Università Nazionale Australiana. Rachel e Stephan oggi vivono a Canberra, in Australia, ma non escludono di tornare in Indonesia.

Perchè a Bali? “Anche se Bali è piccolo, è in proporzione il paese indonesiano con la più alta produzione di riso – spiega la ricercatrice -, si producono quasi sei tonnellate di riso per ettaro, contro i quattro e mezzo del resto dell’Indonesia”. Il riso, inoltre, dà lavoro a circa il 35 per cento della popolazione (il 38 per cento è impegnato nell’industria del turismo).

Una società in mutazione

Ma anche a Bali, la coltura del riso sta mutando. La ricercatrice spiega che la pressione sulle risaie da parte delle città che si espandono è in aumento. I giovani cercano opportunità di lavoro più attrattive, per esempio nel turismo. “L’età media dei contadini si aggira sui 55 anni”.

Ci sono sempre meno acqua per irrigare e sempre più contadini che vendono la terra. Rachel spiega che i grandi hotel che stanno sorgendo un po’ ovunque risucchiano immani quantità d’acqua dalle riserve idriche. “Mi hanno detto che alcuni hotel consumano circa 1000 litri di acqua per turista al giorno, mentre i contadini ne richiedono solo 60”.

Cambia lo stile di vita dei contadini, cambiano le tecnologie, ma si sa poco sui tempi e le modalità d’adattamento dei contadini di Bali a questi cambiamenti rapidi.I contadini sono organizzati in subak, una sorta di cooperativa sociale e religiosa. Il subak pensa sia ad organizzare il raccolto, sia a distribuire l’acqua tra i vari contadini. I quali in cambio eseguono lavori per l’intera comunità e dedicano tempo e risorse alla religione, che qui è induista.”È un sistema antico e flessibile. Per capire come si svilupperà questa società devo parlare molto con i contadini”, dice Rachel.

“Alla fine qualche cosa dobbiamo mangiare”, prosegue la ricercatrice. Ma se un singolo decide di vendere il suo terreno oppure è costretto a modificare il sistema di irrigazione, questo ha ripercussioni sull’intera comunità subak.

Insegnare le lingue, conoscere le culture

Per comunicare con la gente del posto, Rachel ha dovuto studiare l’indonesiano. A lei, comunque, studiare le lingue non pesa, anzi. «Desidero che i miei figli imparino le lingue». I loro due figli maggiori (con Anja di quattro anni ora sono a tre) a Bali hanno frequentato scuole internazionali. La ricercatrice racconta che erano perfettamente integrati nella comunità del villaggio di Anggungan, nel cuore dell’arcipelago indonesiano. «I bambini hanno immediatamente imparato la lingua locale».

«Per un anno e mezzo abbiamo mangiato e vissuto come gli autoctoni». Ricorda divertita che una vicina di casa cucinava per loro. Per i balinesi, prendersi cura degli stranieri è una tradizione, oltre che una fonte di guadagno.

Consiglierebbe una vita avventurosa come la sua anche ad altre famiglie svizzere? Rachel non ha dubbi: «Certamente!». Secondo lei, in Svizzera c’è tutto quello di cui si ha bisogno, e fin troppo. Il rischio è dunque di perdere il senso della sfida e la curiosità di conoscere altre culture. Viaggiare, lavorare a contatto con altre società, dare il proprio contributo al loro sviluppo: Rachel raccomanda a tutti questa esperienza.

«In futuro mi piacerebbe introdurre la risicoltura biologica a Bali; a mio parere sarebbe un mercato possibile», conclude Rachel. I due Lorenzen sono in Australia per terminare gli studi, ma hanno già pianificato di continuare, in futuro, a lavorare per le comunità agricole nei paesi in via di sviluppo.

Jacopo Pasotti

Il riso è la fonte di cibo più importante al mondo.
La crescita di produzione di riso è rallentata dal 2,3% all’anno nel 1980 al 1,1% all’anno nel 1990. Secondo la FAO, la causa è la difficoltà di sostenere il rafforzamento della produttività per rispondere alla crescente domanda di riso.
Nel 2030, la domanda mondiale è destinata a essere di 533 milioni di tonnellate di riso lavorato, rispetto ai 472 milioni di tonnellate previsti per il 2015 e ai 386 milioni di tonnellate nel 1997/99.

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