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Viaggio nel ventre della terra

Una visita nelle viscere della terra swissinfo.ch

Chi passeggia per le strade di New York o di Rio cammina probabilmente ancora su asfalto svizzero.

Per quasi tre secoli le miniere del cantone di Neuchâtel hanno prodotto ed esportato asfalto in tutto il mondo. Aperta al pubblico, una di esse ripercorre la storia dell’asfalto.

Situate in piena campagna sul sito di La Presta e scavate tre secoli orsono le miniere della Val de Travers costituiscono il più grande giacimento di asfalto naturale d’Europa.

Il primo a scoprire questo “tesoro” fu il medico e studioso greco Eirini d’Eyrinys nel 1711. Egli si interessò soprattutto all’aspetto terapeutico del materiale.

L’asfalto era comunque già noto nell’antichità. La civiltà sumera fu la prima ad utilizzare regolarmente l’asfalto come malta a partire dal 3000 avanti Cristo.

L’asfalto è un ottimo materiale impermeabilizzante. Viene utilizzato soprattutto nel campo della costruzione e vanta alcune caratteristiche importanti: è elastico, resiste alle variazioni di temperatura, all’invecchiamento, è isolante e immune alle aggressioni di fattori chimici.

Il primo ad utilizzare l’asfalto per la pavimentazione di strade fu uno svizzero: il vallesano Ernest Guglielmetti al quale si deve la prima strada asfaltata del mondo che fu costruita nel 1902 nel Principato di Monaco.

Labirinti e gallerie

Per ricordare l’importanza storica ed economica delle miniere, nel 1986 il sito di La Presta è stato aperto al pubblico e sono iniziate le visite guidate.

“L’anno scorso abbiamo avuto 20’000 visitatori”, dice a swissinfo Philippe Tisserand, responsabile del marketing, “quest’anno dovremmo arrivare a 25’000”.

Il mondo sotterraneo attrae. La miniera è rimasta così come l’hanno lasciata i minatori quasi 20 anni fa: un labirinto di gallerie misteriose, soffitti di calcare che hanno 125 milioni di anni e dappertutto massi di asfalto.

L’asfalto è una roccia sedimentaria, impregnata di bitume. Per estrarre l’asfalto i minatori si servivano della dinamite, che inserivano nei fori praticati nella montagna.

“Lo facevano di sera”, spiega Philippe Tisserand, “così il mattino, quando tornavano in miniera, una parte del lavoro era già fatta”.

Un lavoro ben retribuito

Ogni minatore doveva riempire una media di 11 vagoni al giorno e ogni vagone pieno pesava 800 kg. Fino al 1975 i vagoni erano tirati da cavalli, poi sostituiti da trattori.

Un lavoro non certo riposante, eppure il mestiere di minatore era apprezzato.

“Gli uomini erano indipendenti, non avevano un capo, potevano fare una pausa quando volevano ed erano pagati bene”, afferma Philippe Tisserand.

In effetti le miniere di asfalto non sono paragonabili a quelle di carbone: niente gas pericolosi, niente grisou, niente polvere.

In Val de Travers vivono ancora alcuni anziani minatori, che godono di perfetta salute.

Ricordare il passato…..

La miniera aperta al pubblico è quella superiore. Quella inferiore, che costituisce l’80% del territorio delle miniere, è completamente sott’acqua.

Vi si accede attraverso la vecchia galleria del Sempione, costruita fra il 1896 e il 1905. Nella galleria la temperatura è di 8 gradi e il tasso di umidità sfiora il 95%.

Si scende fino a 100 metri di profondità. Qua e là sulle pareti rocciose sono visibili batuffoli d’ovatta bianca: è muffa. L’unico segno di vita ancora presente nella miniera.

Fino a poco tempo fa i visitatori erano muniti di pile. Ora un sistema elettrico permette di illuminare per breve tempo gli angoli più importanti.

…..riportarlo al presente

La concezione interna della miniera è stata da poco riveduta e completata con le nuove tecniche dell’audiovisivo.

La visita è strutturata in sette spazi. Si passa dalle tecniche di lavoro rudimentali a quelle dell’epoca meccanica.

Un altro spazio è dedicato alla figura dei minatori – a questo proposito il visitatore sente voci e discorsi di minatori diffusi da altoparlanti.

Vi è poi l’angolo del vero e proprio lavoro in miniera, documentato da un breve filmato sugli ultimi anni di sfruttamento dell’asfalto.

Non manca il lato estetico e storico con la possibilità, per il visitatore, di toccare con mano gli utensili di un tempo.

Fra gli oggetti più curiosi figurano i caratteristici “pani d’asfalto”: forme a nido d’ape nelle quali veniva messo l’asfalto liquido che dopo essersi raffreddato pesava 25 kg.

Queste forme esagonali, a differenza di quelle quadrate o rotonde, si prestavano molto meglio al trasporto.

Oggi, di quei tempi restano le testimonianze, i luoghi e una tradizione ripresa dai responsabili delle miniere: il prosciutto cotto nell’asfalto liquido.

La classica pietanza della Santa Barbara, patrona dei minatori e oggi l’attrazione principale della visita alle miniere.

swissinfo, Elena Altenburger, La Presta

Nel 1846 l’asfalto proveniente dalle miniere della Val de Travers costituisce il 20% della produzione mondiale.

Nel 1849 un ingegnere basilese mette a punto un procedimento moderno per la produzione di asfalto e dà l’avvio al periodo d’oro delle due miniere.

Nel 1873 le miniere vengono acquistate dalla compagnia inglese “Neuchâtel Asphalte Company Ltd.” e grazie alla supremazia economica dell’allora potenza britannica il sito di La Presta viene sfruttato in modo sistematico.

Nella seconda metà del ventesimo secolo la crescente concorrenza di prodotti petroliferi meno cari e l’esaurimento dei giacimenti di La Presta obbligano le autorità a chiudere le miniere.

Dal 1986 le miniere, di cui quella inferiore è ormai completamente sommersa dall’acqua, non sono più in funzione.

Sfruttamento delle due miniere dal 1711 al 1986
Dal 1873 sono stati estratti 2 milioni di tonnellate di asfalto
100 km di gallerie

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